La parola

Dilazione

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La parola analizzata questa settimana è dilazione, un termine dalle varie sfaccettature che intende sia comportamenti nei quali si compie un’azione e quelli nei quali non si agisce, ma anche la simulazione dell’azione.

I comportamenti umani si qualificano in due grandi famiglie, quelli commissivi e quelli omissivi. Ossia quelli nei quali si compie un’azione e quelli nei quali non si agisce. Esiste poi una terza posizione, quella nella quale simulando di agire in realtà non si agisce . E questa è la questione più complessa e articolata, nella quale ci si imbatte e che ci porta alla parola di questa settimana.

Ci riferiamo alla dilazione. Termine che deriva dal latino dilatio che a sua volta viene da dilatus, part. pass. di differre, ossia «differire». Già in queste prime battute si affaccia con chiarezza il concetto che è alla base del vocabolo e del suo significato più esplicito. In orimis, con questo termine si intende delineare l’indugio, la proroga. Ossia il rimandare quello che si deve fare. Più comunemente il rinviare ad altro tempo l’esecuzione di una cosa spostando il termine precedentemente fissato: Si dice allora che una dilazione si chiede, si accorda, si ottiene,  e così via.

Esiste anche una spiegazione nella linguistica, dove è sinonimo di assimilazione a distanza (che comprende anche la metafonesi). Ma a questo punto chi scrive deve astenersi da ulteriori commenti non avendo competenza alcuna in materia.

Restando però alla questione iniziale, possiamo aggiungere che nella storia, nella quotidianità si riscontrano sovente tutti e tre i profili che abbiamo delineato. Quello per così dire intermedio è quello che l’esperienza ci dice alberghi molto spesso nell’azione politica o amministrativa. In buona sostanza è l’attitudine secondo la quale il soggetto incaricato di un pubblico ufficio, ma anche un privato nei confronti di un altro privato, dà ad intendere di essere impegnato nell’attuazione di qualcosa che gli è stato richiesto, ma al tempo stesso agisce in modo inequivoco per rallentare, rinviare, se non bloccare. Basta una piccola riflessione per capire come si tratti di una situazione, di un’eventualità alla quale ci troviamo dinanzi a ogni piè sospinto nella stessa vita quotidiana!

Si dirà, è la vita, e dunque occorre adeguarsi, saper attendere! Certo un po’ di savoir faire è opportuno, come anche la pretesa di veder compiuto qualcosa senza ritardi, rinvii e, appunto, dilazioni che non siano determinati dalle condizioni oggettive delle questioni delle quali si tratta.

Dove questo meccanismo va oltre e interferisce non solo con il nostro destino di cittadini alle prese con il rispetto delle proprie esigenze e diritti, ma anche con gli interessi più ampi come collettività è senza dubbio in politica e nella pratica attuazione di essa. Qui, la dilazione può essere causata da una vasta congerie di possibilità che vanno dal millantato credito iniziale di un rappresentate del popolo, dall’aver creato aspettative troppo complesse e di difficile realizzazione sino ad una vera e propria “truffa” in cui si è detto che si sarebbero fatte cose strabilianti e si è costretti a “marcare visita” per manifesta infondatezza delle premesse o per incapcità complessiva. In ogni caso si assiste ad una ritirata, spesso penosa, verso lidi più comprensibili e forse più concreti che tuttavia mostrano la corda di un programma e soprattutto quella dei suoi promotori.

Il quadro sconfortante che abbiamo delineato si attaglia quasi perfettamente al governo giallo verde e, in modo particolare, alla componente grillina. Se infatti alcune indicazioni eccessivamente positive del leader leghista hanno poi trovato una sorta di compensazione nei risultati ottenuti, è nel confronto con le altisonanti promesse di cambiamento del leader del movimento cinquestelle e nella pratica quotidiana che si vede non la distanza, ma il vuoto assoluto. Un risultato negativo che non deriva dalle intenzioni iniziali ma da un clamoroso e incredibile errore di prospettiva. I dirigenti grillini che sono in Parlamento e al Governo avvertono con sofferenza e timore la spinta della cosiddetta base arrabbiata, quella che non si è spostata un millimetro dalla pratica del vaffa del guru fondatore e cercano di rispondere con comportamenti e scelte,o non scelte, coerenti soltanto con il libro dei sogni del cosiddetto garante e profeta della decrescita felice in un paese in cui il Sud ancora deve affacciarsi per molti verso ad una industrializzazione seria, sia pure da terzo millennio e molte sono le lacune anche nel resto del territorio tra mancati investimenti, infrastrutture e miopie di ogni genere.

Farsi garanti di questa visione, in modo manicheo e non intelligente, manifesta la volontà dilatoria che trova nel carsico premier araba fenice il massimo interprete. Dilazione su dilazione, rinvio dopo rinvio, il paese già in rallentamento e difficoltà, si sta fermando malgrado gli alti proclami della stagione felice che ci attende e che sembrano più simili al “domani è un altro giorno …..” di Rossella O’ Hara in Via con vento. Il rischio e lo hanno cominciato a capire i più avveduti tra i dirigenti del movimento – di qui i crescenti mal di pancia nella squadra e i timori non più infondati di regresso – che i cittadini italiani possano rispondere e in un futuro prossimo come Richard Butler, sempre nell’omonimo film: “francamente me ne infischio”!

Ovvio che le conseguenze di questo modus operandi o non operandi, come ci racconta la storia del Paese, ricadranno ineluttabilmente e come sempre sul popolo italiano!

di Roberto Mostarda

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