Cronaca

BENTORNATA SILVIA

• Bookmarks: 15


Bentornata Silvia. Aldilà delle misere speculazioni che il nostro Bel Paese non riesce mai a farsi mancare, neanche davanti al salvataggio di una vita umana, la liberazione di Silvia Romano, la cooperante italiana rapita in Kenya nel novembre 2018, è una bella notizia per tutta l’Italia. Una giovane donna che ha saputo resistere per oltre 18 mesi in condizioni avverse: sola, senza certezze riguardo al proprio futuro, se non quella di essere nelle mani dei famigerati  Al Shabaab, le bande di miliziani legate alle Corti Islamiche che controllano il sud della Somalia. Una situazione da incubo, che avrebbe spezzato la resistenza di chiunque e che invece Silvia ha saputo incanalare nell’unica direzione che le consentisse di sopravvivere, cercando magari inconsapevolmente, di sentirsi parte di questo forzato contesto. La sua conversione all’Islam può essere letta anche in questa maniera, visto che Silvia, nel corso della lunga prigionia, ha deciso di abbracciare la fede di Maometto, diventando Aisha, nome simbolo appartenuto alla terza moglie del Profeta. Un percorso simile a quello di tanti rapiti, che dopo giorni, nel caso di Silvia mesi, si sono immedesimati nella mentalità dei propri aguzzini, arrivando alle volte a sostenere le loro istanze. Gli psicologi la chiamano Sindrome di Stoccolma, una sorta di empatia e solidarietà che si instaura tra vittima e carnefice. Termine coniato per la prima volta in Svezia nel 1973 quando, nel corso di una rapina con ostaggi durata 150 ore, questi ultimi presero le parti del rapinatore, giustificando il suo gesto. Ma sono molti altri i casi in cui la vittima dopo giorni di isolamento, si adatta alle nuove avverse circostanze, prendendo le parti del cattivo di turno. Un caso simbolo in Italia riguardò Fabrizio De Andrè, il grande cantautore genovese rapito nel 1979 dall’Anonima Sarda con la sua compagna Dori Ghezzi e poi liberato dopo 4 mesi di prigionia. Una vicenda che De Andrè ha sempre visto come una forma di arricchimento personale, arrivando a comprendere le ragioni dei sequestratori, figli di una cultura tribale sedimentata dalla notte dei tempi. Tornando alla vicenda di Silvia, gli investigatori stanno cercando di ricostruire nel dettaglio i vari passaggi che hanno consentito alla banda di portare la cooperante italiana dal Kenya alla Somalia, grazie anche al racconto della stessa rapita che, con estrema lucidità, ha ripercorso la vicenda davanti al magistrato Sergio Colaiocco titolare del caso. Quel che è certo è che dietro la liberazione della ragazza milanese c’è stata la mano dell’AISE, l’agenzia per le informazioni e la sicurezza esterna, guidata dal generale Luciano Carta, con la collaborazione dei servizi segreti turchi. Il Paese della Mezzaluna infatti ha da sempre stretti contatti con le Corti Islamiche somale, ed il loro ruolo d’intermediazione è stato decisivo nel tessere la tela che ha portato prima all’individuazione e poi alla definizione del riscatto chiesto per il rilascio della nostra connazionale. Un protocollo che l’Italia ha sempre applicato nel caso di rapimenti internazionali in contesti di guerra, dalla vicenda della giornalista Giuliana Sgrena in Iraq a quella delle volontarie Greta Ramelli e Valeria Marzullo in Siria. Scendere a patti con il nemico allo scopo di salvare una vita è da sempre il modus operandi dei governi che si sono succeduti in Italia. Un atteggiamento che ci è costato le critiche di alcune nazioni ed il plauso di altre. Israele per il rilascio di Gilad Shalit, il giovane soldato israeliano catturato nei pressi della Striscia di Gaza dalle Brigate Ezzedin Al-Qassam, ha accettato dopo lunghe trattative, di scarcerare 1027 detenuti palestinesi. Tutto il mondo è paese, o quasi.

15 recommended
bookmark icon