Realtà e rappresentanza, due strade che divergono
Continua davanti agli occhi di chi prova a riflettere sul paese in questi mesi complessi di pandemia e di restrizioni sanitarie, una sorta di doppia narrazione. Da un lato, il paese con l’enorme problema della ripresa della vita sociale, economica, produttiva, scenari devastati dai mesi di lockdown e in parallelo alla crisi mondiale. Dall’altro, la politica e il confronto tra partiti e movimenti che, nella nube offuscata della crisi pandemica e delle necessarie misure di sicurezza, continuano l’andazzo di sempre, nella incompiutezza del sistema.
Non sfugge ad alcuno che accanto al paese che si dibatte tra i pericoli dell’epidemia, vi sia un altro paese che continua ad avvitarsi nelle sue contraddizioni. Scontri e polemiche tra stato e regioni, tra regioni, organizzazioni criminali che lucrano sulle restrizioni, la magistratura che affronta uno dei momenti più critici investita nell’Associazione Nazionale che ne rappresenta le istanze e che sconta lo scandalo esploso con il caso Palamara mentre da più parti si continua a sostenere la necessità di riformare il Csm, quindi un perno essenziale del sistema democratico e delle garanzie per i diritti costituzuionali.
Due fotografie della stessa collettività nazionale che ci rimandano a due realtà divergenti una delle quali, quella della classe dirigente e politica, dovrebbe rappresentare al meglio – soprattutto in questo frangente – l’altra, ossia il popolo italiano. Se è vero come ci viene sottolineato ogni giorno che le conseguenze della pandemia sono paragonabili a quelle di conflitti o gravissime crisi mondiali, e che il nostro paese si trova ad affrontare questo momento con il bagaglio delle proprie criticità, carenze, scarso sviluppo economico, disoccupazione, allora il quadro di riferimento, le scelte necessarie da assumere, la strategia complessiva dovrebbe tendere a ricostruire il sistema paese, quasi dalle fondamenta. Ed è una sfida che non può trovare risposta nella semplice gestione tecnica e notarile delle esigenze sanitarie e di sicurezza o con la previsione di risorse economiche a pioggia, mai immaginate in passato, e che tuttavia sembrano arrivare ad un incrocio nel quale si disperdono in mille rivoli in assenza di una vera strategia complessiva del Paese.
E’ più meno la sensazione che la politica nazionale dà del paese anche nei confronti dei nostri interlocutori che poi eccedendo nei toni ci criticano per le nostre carenze e, vedi i paesi cosiddetti ”frugali” (guarda caso anche con sistemi fiscali off shore, per così dire), non vogliono favorire il flusso finanziario nella nostra direzione. Una assenza strutturale che investe anche l’Unione Europea nella quale troviamo più di una sponda anche in paesi come la Germania la cui economia continentale non può reggere senza la manifattura italiana e che – pur tra mille resistenze e incertezze – sta sostenendo l’azione di rafforzamento delle economie di paesi come il nostro, tra i più colpiti dalla crisi del virus e dalle sue conseguenze economiche pesantissime.
Solo che questa fotografia è soltanto una delle possibili fotografie dell’Italia! Il nostro paese è fatto da milioni di persone che non vogliono elemosine, redditi di cittadinanza, sostegni di varia natura, ma strumenti per agire, per intraprendere, per creare economia e lavoro. Milioni di italiani che non si chiedono cosa il governo possa fare per loro ma che cosa vogliono fare per la propria nazione. E che non si attardano in sterili e capziose polemiche sugli strumenti da utilizzare o spaccando il capello su quello che ci conviene e quello che non ci conviene! I nostri nonni, le nostre madri, i nostri padri da un secolo a questa parte ci hanno lasciato un eredità di maniche rimboccate, di duro lavoro, di sacrificio. Ci hanno consegnato un benessere possibile da mantenere, non un’eredità da dilapidare. Uno spirito imprenditoriale, una scintilla di intelligenza e non le scriteriate teorie di decrescite felici a carico di chi peraltro non è dato sapere.
Ecco perché stupisce che mentre gli italiani non sappiano ancora esattamente quando possono riaprire, quando possono uscire, cosa possono fare e dove, nel governo e nella politica ci si occupi delle prossime elezioni e degli equilibri “più avanzati” da immaginare in quel dopo che si dovrebbe costruire oggi ma non nella politica ma nel sistema paese. Stupisce che un premier mai eletto, mai misuratosi con il voto, autolegittimatosi a guida nell’emergenza, pensi al suo dopo politico nel confronto con un movimento di origine allo sbando, un Pd che cerca ancora un salvagente magari a spese dei cinquestelle, per mantenere redini del potere ricevute per grazia altrui e non per voto degli italiani. E stupisce anche che il centro destra, le opposizioni, di fronte a tanto sfacciato esercizio del potere non riescano a dare la sensazione e la prova di una strategia, di una visione che superi l’oggi e che parli di soluzioni che il paese attende da decenni. Insomma, non siamo né i soli né i più autorevoli, a sottolineare che la politica non sta rappresentando il paese nel suo insieme, ma privilegi i gruppi, le bande, i circoli.
Ed è questa gestione politica nel suo insieme che dovrebbe rappresentare anche in Europa e nel mondo le legittime esigenze del popolo italiano, favorendo scelte che permettano al paese di rialzarsi sulle proprie gambe e non sulle sabbie mobili, di ricevere aiuti che non siano spacciati per “elemosine”. Non sono i cattivi del nord che ci fanno fare una figura barbina, sono i nostri rappresentanti (la maggioranza di loro) quelli che non hanno un retroterra, un ancoraggio reale ai territori, che non hanno mai avuto né vogliono avere una visione di sistema del paese. Neppure quella dei politici del dopoguerra che hanno trasformato una nazione agricola devastata dalla guerra, in una delle potenze economiche mondiali, pur con fondamenta deboli. Forse la stagione del virus potrebbe permetterci di rafforzarle una volta per tutte, ammettendo le nostre criticità, ma orgogliosi di quello che siamo in grado di fare e che nessuno nel mondo intero si permette di porre in dubbio!