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Non c’ero e se c’ero …… dormivo

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L’esecutivo appare sempre più come la rappresentazione delle tre scimmiette

Se non fossero in gioco gli interessi del paese e degli italiani vi sarebbe da sorridere, ma poiché è di questi che si parla, quanto vediamo accadere ogni giorno non può non creare legittima apprensione. Ci si perdoni peraltro l’incipit dubitativo, ma opportuno.

Un comico qualche decennio fa faceva ridere con l’espressione gergale/dialettale “parlaimmo e nun ce capaimmo”, con la quale in un improbabile dialetto sottolineava la difficoltà di comprensione tra gli umani, appartenenti o meno ad una società organizzata oppure semplicemente nell’ambito familiare o amicale. Parliamo e non ci capiamo sembra essere la spiegazione dell’attuale situazione del nostro sistema politico e per converso anche amministrativo.

La difficoltà, purtroppo crescente a quanto sembra, di parlare chiaro e farsi soprattutto capire dagli altri attanaglia tutti gli attori della nostra quotidianità politica. Riunioni su riunioni si susseguono senza tregua, comitati tecnici e scientifici sono al lavoro per identificare linee comuni e da condividere. Ma, ogni volta che una determinazione viene raggiunta subito appare qualcuno che non ha capito bene quello sul quale si è deciso o avanza perplessità. E questo sempre dopo che la decisione è stata assunta e seguendo le linee istituzionali è divenuta magari cogente per i cittadini e per gli apparati dello Stato.

La risposta più semplice e intuitiva sta nella premessa: intervenire con i dubbi dopo è tattica antica come il mondo e fa parte del modus di essere di chi in sostanza non vuole decidere mai realmente ma solo darlo ad intendere.

Possiamo trovare esempi eclatanti di questa situazione ogni giorno nell’azione del governo, con la penosa se non ridicola appendice che poi si devono fare precisazioni e sostenere la “linea”. Delle due l’una, o non era presenti, o non si è capito o meglio ancora non si è voluto capire, riservandosi poi lo spazio per dubitare, porre questioni, avanzare perplessità. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: annunci e non decisioni, decisioni e non misure reali e cogenti, contenziosi centrali e locali a tutti i livelli delle istituzioni e della società non appena arriva una norma che debba essere applicata alle questioni per le quali è stata pensata e costruita.

Così, ovviamente, si perpetua l’esistente e non si fanno passi avanti verso qualcosa, verso un obiettivo, un approdo. Ma, cosa importante, si mantiene il controllo del timone per condurre la nave dove si vuole incuranti delle reali condizioni del paese e delle richieste pressanti dei cittadini.

Ecco allora che la cronaca ci offre tutto un caleidoscopio di eventi: l’ultimo in ordine di tempo, nel solito decreto omnibus che sembra essere ormai la chiave di volta per ogni cosa, il governo decide di congelare le nomine dei servizi di intelligence nella ovvia consapevolezza che la condizione della politica e del Parlamento in questa fase non consente di avere tutte le garanzie di scelte se non condivise quanto meno all’altezza delle sfide. Il premier dunque mantiene la sua delega e la esercita. Ma qualche decina di parlamentari del suo movimento di riferimento, i cinquestelle, presenta un emendamento per criticare e contrastare questa scelta attendista o prudente a seconda dei punti di vista. Tutto il cicaleccio del sottobosco indica senza mezzi termini il ministro degli esteri nonché esponente di punta dei pentastellati quale mente del tentativo politico di rompere gli indugi. Poco dopo però il titolare della Farnesina “toglie” il suo presunto appoggio ai suoi stessi parlamentari riaffermando la sintonia con il presidente del consiglio e le sue determinazioni.

La domanda, quasi risibile, è: il premier ha reso edotti i suoi ministri della propria decisione? Se sì, qualcuno non ha capito cosa avrebbe comunicato o ha fatto finta di non capire. E, dopo l’uscita dei deputati, ha fatto precipitosamente marcia indietro? Insomma qualcuno si è spiegato male o qualcuno ha capito male! Dunque parliamo e non ci capiamo resta l’elemento dirimente di questa stagione politica. Altro non è, tuttavia, che la misura del reale stato delle cose. Si pensi ad esempio al referendum sul numero dei parlamentari. Al di là di ogni riflessione costituzionale sui modi previsti per modificare la Carta appannaggio di commentatori ed esperti della materia, resta una singolare scena: praticamente tutti illo tempore si espressero per una rivisitazione del numero dei parlamentari (persino nelle prime commissioni bicamerali in materia, di qualche decennio fa), quindi che cosa stiamo andando a votare: una gigantesca seduta di autocoscienza dei nostri rappresentanti o una reale misura destinata a razionalizzare il nostro sistema politico? A poche settimane dal voto pullulano coloro che non sono d’accordo, sino a ieri silenti, sottolineando la opportunità di misure coerenti anche in tema di legge elettorale destinata alla concreta attuazione del nuovo sistema di rappresentanza! Ma ieri, l’altroieri e via a ritroso, nessuno sapeva che una misura spot come quella scelta dai 5stelle, da sola rischia di provocare più danni che vantaggi? E se si sapeva perché oggi il segretario dem cerca la foglia di fico di un disegno di legge in materia da incardinare in almeno una delle camere? E, poi, se anche la si incardinasse a decidere dovrebbe essere l’attuale parlamento o quello che ovviamente potrebbe uscire dal voto popolare, cioè con quattrocento tra deputati e senatori in meno se vincerà il sì? E se questo nuovo parlamento dovrà operare a cascata dovrebbe cambiare il governo e tutto il sistema costituzionale.

Qualcuno, di grazia, si è mai posto questa domanda prima di propalare proclami apodittici sui risparmi o peggio e prima di arrivare aglio stracci come dimostrano ogni giorno le vicende nazionali?

Guardando al nostro dibattito politico oggi sembra essersi realizzata in pratica quella Torre di Babele della tradizione biblica dove il Creatore voleva porre un limite all’arroganza dell’umanità!

Parlaimmo e nun ce capaimmo, appunto! E, a corollario, dove eravate quando si decideva quello al quale ora si guarda con apprensione o con tripudio a seconda del punto di vista con ciò conciliando i contrari in un’esaltazione dell’irresponsabilità?

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