Gli scossoni nel governo e nella maggioranza tra realtà e commedia dell’arte
L’atteggiamento disincantato con il quale cerchiamo di analizzare la situazione politica nazionale nella morsa tra l’emergenza pandemica e le difficoltà del governo nell’affrontare gli impegni europei, ci consente di guardare senza schemi precostituiti a quanto accade, da semplici spettatori il cui unico interesse è comprendere il senso degli avvenimenti per intravvedere le possibili risposte.
Il dato primario è che la compagine governativa espressa dal governo giallorosso sta subendo evidenti tensioni tra le sue componenti. Di queste alcune di scenario sembrano e vengono additate come responsabili di queste difficoltà, altre comprimarie hanno invece di fronte lo stesso dilemma.
Sul fronte delle opposizioni citiamo per semplicità quanto affermato di recente da Giorgietti, esponente di rilievo della Lega e tra i pochi ad avere uno sguardo prospettico e strategico: il centrodestra avrebbe i numeri per governare ma non è ancora pronto. A causa, aggiungiamo tra l’altro, della irrisolta questione della leadership e del peso delle diverse componenti.
Lo sfondo nel quale queste torsioni e convulsioni appaiono evidenti è la storica occasione provocata dalla pandemia di un’imponente mole di risorse in arrivo dall’Europa e dalla quale potrebbe scaturire una svolta a suo modo epocale per il paese in settori strategici ed infrastrutturali da troppo tempo sofferenti e necessari per riavviare appieno la ripresa complessiva dell’economia e il ruolo centrale nell’Unione che rischiamo di perdere.
Ad una prima sommaria riflessione potremmo affermare che di fronte a tanti soldi crescono gli appetiti e con essi la confusione dei ruoli. Sarebbe però ingeneroso a meno di non immaginare che l’emergenza pandemica non venga affrontata di per se stessa, ma con l’intento di utilizzarla per secondi fini, come quello di appropriarsi delle risorse per fini non consoni. Lasciando per ora da parte questa analisi negativa, dobbiamo però porci un altro problema: quanto siamo capaci come paese di impiegare quelle risorse consapevoli che ci stiamo impegnando per il futuro e che il peso delle scelte e degli impegni che assumiamo riguarderanno le future generazioni sia in senso positivo per le realizzazioni, sia in quello negativo del peso economico che dovranno sopportare. Un tema che non permette molti giochini e che impatta direttamente sulla politica di oggi e di domani in intermini anche di consenso di quelle generazioni giovani che rischiano di rimanere ancora una volta lontane dalla politica.
Qui si situa un importante nodo: la narrazione alla quale assistiamo appare schizofrenica: nessuno chiarisce che le risorse sono in gran parte a debito e questo anche se non si utilizzerà il Mes tanto criticato e aborrito. Il Recovery Fund, il fondo Sure, il Next Generation quali strumenti collegati e funzionali sono tutti importanti sostegno ma che ci impegnano alla restituzione come la logica e le leggi impongono quando si contrae un prestito. La vantaggiosissima condizione di tassi di interesse e di tempi lunghi per questa operazione di restituzione rendono tutto apparentemente più semplice, purché si sappia, si dica, si faccia capire a tutti qual è la posta in gioco e che cosa stiamo andando ad utilizzare.
Questa mancanza di chiarezza, di quantificazione, appare ancor più preoccupante nel momento in cui si vuol far credere che non abbiamo bisogno del Mes sanitario, che facciamo da soli e via dicendo. Nessuno ancora una volta che parla chiaro: gli strumento utilizzati per far fronte al blocco economico della crisi sanitaria stanno portando di qui ai prossimi anni ad una crescita esponenziale del debito pubblico che ha ormai superato anche le più preoccupanti ipotesi pre pandemia. Pensare che il 160 per cento e rotti di rapporto debito/pil sia normale e che possiamo guardare avanti ad un futuro radioso non è soltanto da incoscienti, ma da pazzi scatenati. Nessuna somma che ci arriverà può essere in grado di contenere, limitare, annullare quel peso e la condizione in futuro sarà quella di un’ondata passata e superata ma con un aggravio dei nostri debiti di cittadini spaventoso. Quindi brindare come sulla prua del Titanic con sullo sfondo l’iceberg del debito pubblico, non appare molto saggio. E su questo punto le voci non appaiono rassicuranti e neppure la programmazione degli impegni.
Altro nodo sul quale l’Europa ci controllerà strettamente, malgrado i lamenti di qualcuno in vena di strumentalizzare ogni cosa, è che le risorse vanno finalizzate e non usate a pioggia per lenire, tamponare, o simili. Altrimenti il quadro suddetto si aggraverà ancora. E soprattutto che quei soldi ci arriveranno con celerità tanto più quanto più dimostreremo di avere attivato gli strumenti adeguati per il loro impiego. Non è un bengodi quello che ci attende, ma un serio impegno rinnovatore che va attuato senza mezzi termini e senza secondi fini.
Alla luce di quanto sopra, le tensioni, le minacce di crisi o di rimpasti che affannano queste giornate prenatalizie, la tentazione di controllare il premier araba fenice che tutto vuole controllare, i crescenti bisogni di un popolo che attende risposte per poter andare avanti e poi ricostruire, appaiono in tutta la loro gravità: il baratro è vicino, non cadervi richiederà il contributo e la responsabilità di tutti. Piccinerie di schieramento, egoismi di posizione, veti e ostracismi non solo non salveranno il vapore ma rischiano di portarci tutti contro il muro. Prospettiva che francamente nessun italiano serio e laborioso vorrebbe veder realizzata!