Qualcuno ha osservato che non è corretto parlare di alchimie politiche nell’incarico che il presidente del Consiglio Draghi sta concludendo positivamente in Parlamento. Eppure non è facile distaccarsi dall’idea di una grande dose di equilibrio ben bilanciato con il quale il premier ha cercato di ottenere quella che doveva essere la formula del nuovo governo e del suo largo appoggio alle Camere.
Essendo soprattutto un uomo dei numeri e delle strategie finanziare, Draghi ha certamente voluto privilegiare quello che è il nodo centrale del suo impegno: rimettere in piedi il paese facendolo uscire dalla pandemia e dalla pluridecennale stagnazione economica e produttiva. Una fatica di Sisifo, dunque, alla quale non può essere dunque estranea – anche per scaramanzia – una dose di equilibrioi alchemico ancorché instabile.
Per capire la parola facciamo ricorso al dizionario. Qui troviamo un termine più o meno simile che assume il valore attualmente prevalente nel medio evo. Tuttavia le radici sono più antiche e arrivano all’arabo dove si racconta di (ṣan’a) al–kīmiyā’, ossia «(arte della) pietra filosofale». Termine ch rimanda al più antico idioma siriaco kīmiyā, che poi nel greco tardo antico diviene kumeia o kemeia. Nel nostro orizzonte multiculturale mediterraneo si fa riferimento al concetto di arte nata nell’ambiente ellenistico dell’Egitto nel 1° sec. d. C., che si proponeva la manipolazione e trasformazione dei metalli, e in particolare la loro possibile trasmutazione in oro o in rimedî per il prolungamento della vita. Dall’alchimia,, osserva il dizionario, coltivata durante tutto il medioevo e l’inizio dell’età moderna, fino al sec. 17°, ha avuto gradualmente sviluppo la chimica.
In senso figurato si intende anche il comportamento, il metodo d’azione fondato sulla falsificazione, sull’inganno: alchimia elettorale, politica, parlamentare con esso descrivendo i maneggi più o meno misteriosi e tortuosi della gara politica. O, ancora si descrive l’insieme di circostanze o fattori che inspiegabilmente portano a un risultato: esempio la frase per una qualche strana alchimia i conti tornano.
Si può anche parlare di accostamento insolito di elementi, che porta a un risultato, a un effetto originale e raffinato: così pensiamo ad un’alchimia di suoni, di colori, di luci. A volte troviamo anche un uso con riferimento a sentimenti, affinità: tra noi si creò un’improvvisa alchimia.
Rimanendo in questa eco del passato e delle sue derivazioni nel presente, appare quasi di default che in caso di alchimia intesa come chimica, nella sua più antica concezione, inevitabile fare riferimento ad alambicco. Anche qui il mondo arabo al–anbīq, e poi greco, ci rimanda ad un apparecchio adoperato (ormai solo in piccole industrie o in farmacia) per distillare. In genere è un oggetto di di metallo, ed è composto di tre parti: la cucurbita o caldaia, che si espone alla sorgente di calore e che contiene il liquido da distillare; ad essa si sovrappone quello che viene definito il duomo o capitello o elmo, per lo più di forma emisferica, da cui si diparte il condensatore, che può essere costituito da un serpentino immerso in acqua, ovvero da un semplice tubo raffreddato ad aria.
Intuitiva l’evoluzione concettuale nella locuzione passare per alambicco, distillare, e figurativo come vagliare con cura, ponderare attentamente.
Possiamo allora dire che i significati più simili a quanto sta accedendo nel nostro paese vedono sicuramente una positiva alchimia, un distillato di ragionevolezza dopo un’epoca breve ma sostanzialmente forsennata dove tutto è stato minaccia, intimazione, ostracismo, distinguo ideologici e populisti, contrapposizione come se gli italiani potessero essere spinti o in un senso o nell’altro e mai nella direzione giusta che pur con difficoltà stanno cercando di identificare o di immaginare pur nella estrema e variegata offerta politica (termine da aborrire) che la società italiana ha visto manifestarsi nel tempo.
Ora, potremmo dire che è il momento, forse troppo posticipato, per fermare gli eccessi e provare a tradurre in unità di intenti pur con le diverse sensibilità i temi centrali che l’Italia ha dinanzi e non da oggi. E che si chiamano economia sostenibile, tessuto produttivo efficiente e virtuoso, pubblica amministrazione a fianco e non sempre contro o spina nel fianco di ogni azione tesa a rimuovere i macigni che rallentano da troppo tempo ogni azione di riforma. Strano che tutti sembrano d’accordo da decenni su tutto, ma quando si tratta di passare ai fatti esplodono diversità, incomprensioni, visioni divergenti tali da portare, come è avvenuto, ad una quasi paralisi dei meccanismi, o per eccesso di tecnicismo o per eccesso di ideologismo. Il tutto lontano da qualsiasi reale visione complessiva di cosa il paese dovrebbe divenire per restare nel novero delle nazioni guida a livello mondiale in molti dei settori trainanti e di eccellenza e che non sono solo cultura ed arte, vero patrimonio o giacimento inesauribile, ma anche tecnologia avanzata nelle direzioni più incidenti sul nostro futuro.