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Quale politica … dopo il Covid

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Scomposizioni, ricomposizioni, confusioni e follie

Ogni settimana, cerchiamo di trovare nell’attualità politica, o meglio in quella traccia che appare e scompare sotto la montagna di notizie necessitate della pandemia, un qualche senso che ci aiuti a vedere un dopo, augurabile, fatto di elementi positivi e di una possibile via di uscita alle mille questioni aperte del nostro paese. Ogni settimana cerchiamo di misurarci con questo e di intravedere qualcosa di buono. La nostra fatica è raramente ripagata ma ci permette di scegliere tra quanto accade qualcosa di possibile interesse per chi ci legge.

Come altri commentatori hanno già sottolineato, i giorni che ci precedono hanno segnalato un dato sicuramente interessante e allo stesso tempo preoccupante. Sappiamo tutti che il movimento cinquestelle affronta uno dei passaggi più delicati dalla sua nascita. Nato come antisistema si trova ora alle prese con il sistema con il risultato di essere letteralmente esploso anche sei suoi leader provano a rassicurare le truppe e a dare indicazioni. In più è da segnalare e non di poco conto la spaccatura verticale tra la piattaforma Rousseau di Davide Casaleggio e il resto del movimento ancorato attorno al guru. Una battaglia campale dagli esiti incerti e soprattutto poco comprensibile dagli italiani.

In questo ambito si situa la nuova intemerata del compagno guru che dopo essere in modo spiritoso ma non troppo candidato alla segreteria del Pd, nel tentativo di riprendere le fila del movimento in rotta non trova di meglio che rispolverare in modo teatrale da quel fu comico che era una volta, l’armamentario classico, per altro sovvertendolo in toto. Una volta il suo riferimento erano i cittadini, il motto uno vale uno, gli esponenti nelle istituzioni i portavoce. Uno schema confuso ma comprensibile. Ora, non sapendo come ricondurre i buoi nel recinto, il nostro – per questo lo definiamo compagno guru – rispolvera il più ovvio, bieco e sovietico sistema di controllo. Con un suo recente decalogo delineato coram populo, viene ribadito che gli esponenti del movimento nelle istituzioni non sono né cittadini, né liberi nell’esercizio del loro dovere di rappresentanza, ma devono attenersi a regole ferree come quelle di non partecipare a conferenze stampa aperti a rispondere alle domande dei giornalisti come da sempre accade. Ma rispettare in modo ferreo le indicazioni dello stesso guru o dell’ “elevato” come viene anche definito dai suoi corifei e da se stesso. Dunque si spiega come si deve partecipare, come ci si deve porre in studio, come si deve essere chiusi a ogni dibattito e pronti solo a dichiarare quanto previsto dalla fonte della saggezza, ovvero lui stesso. Se non fossimo in uno scenario così grave come quello che il paese attraversa, potremmo con levitas divertirci a ricordare fil come 1984 o Farenheit 451, solo che il ricordo di esempi viventi dell’universo concentrazionario mentale alla base di possibili dittature è perfettamente coincidente con le elucubrazioni dell’elevato e questo non può che far preoccupare e riflettere tutti noi! Che dopo indubbie provocazioni intelligenti e l’irruzione di un nuovo metodo. Forse era tale, assistiamo al trionfo delle marionette eterodirette e alla triste e perniciosa parabola discendente di un ex comico affetto da autoesaltazione mistica.

Un’analisi ampia e non serena certo, che trova ulteriori elementi di riflessione e di preoccupazione anche nello stato delle cose negli altri partiti. In primis il Pd. L’arrivo di Letta e i segnali di un cambiamento non solo in arrivo ma concreto da subito ci sono, come anche resistenze e malori vari che riportano al sofferto atto di nascita del partito. Letta viene da quella parte cattolica che costituiva la fu sinistra democristiana e le sue espressioni apartitiche nella società, come centri studi o quelli che oggi si definiscono think tank. Dinanzi a questa resiste una porzione ancora forte e ramificata dell’ossatura che fu del Pci e delle sue successive trasformazioni. Questo ambito resta anecoico e refrattario a tutto ciò che non sia definibile come sinistra pura e dura. Due mondi inconciliabili origine e mal conciliati in itinere il cui segno distintivo appare e scompare a seconda delle stagioni ma è sempre presente. Un peso a piombo che impedisce al partito di interpretare il paese per quello che è non per quello che una volta si riteneva dovesse essere e che rischia di depotenziare il suo ruolo nella politica, nel governo, nella società. Una vera iattura per chi ha a cuore la democrazia compiuta, le libertà irrinunciabili, l’evoluzione positiva del paese contro le contrapposizioni identitarie e senza futuro.

Sempre aperto e con molte possibili varianti il cantiere del centrodestra dove Forza Italia resta elemento calmiere ma più debole del passato e gli altri comprimari sono in un braccio di ferro che non si fonda su principi e scelte strategiche, ma nel confronto anche aspro tra due visioni non coincidenti e non solo in ambito nazionale. Un elemento di ulteriore preoccupazione per il futuro che emergerà quando il paese andrà alle elezioni, conclusa la pandemia nella sua fase più difficile.

Che dire. In sostanza un paese che sembra alla rinfusa, senza direzioni chiare e che va avanti con l’iniziativa e l’ingegno personale di molti, l’abulia di pochi, il disinteresse di troppi ripiegati su se stessi. Il rischio di una nazione che rischia di estinguere se stessa. Il dramma delle giovani generazioni, le incapacità di quelle precedenti, il vuoto doloroso di un’intera generazione anziana che non c’è quasi più!

Se anche pochi degli obiettivi del governo fossero raggiunti ma compiutamente qualche speranza potremmo ancora nutrirla. E continuiamo a nutrirla ad onta di tutto!  

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