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Elogio della normalità

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Le parole del premier in un Parlamento silenzioso e plaudente

Le ore che hanno preceduto queste righe hanno sottolineato ancora una volta due verità ontologiche di questa stagione: la prima è che per parlare di cose complesse occorre un vocabolario semplice, schietto e se necessario anche forbito ma non è necessario; secondo, che la semplicità intesa come virtù nobile, porta con sé la responsabilità che deve essere di tutti.

Il discorso del premier Draghi in occasione del dibattito parlamentare seguito alla cerimonia di approvazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, l’ormai famoso PNRR, e la sua precisa replica ad ogni intervento dei parlamentari nella sua diciamo così relazione conclusiva hanno corroborato l’affermazione precedente. Con in più la sensazione tattile della posizione del Parlamento, quindi di tutti noi per estensione, di fronte alle parole dirette, senza fronzoli che il presidente del Consiglio ha pronunciato. Come a dire ce ne è per tutti e tutti siamo chiamati a comprendere quanto detto e farci carico della nostra parte di responsabilità.

Sorge spontanea un domanda: ma se era così semplice avviare un percorso virtuoso, con tutte le incognite certo della stagione pandemica e delle difficoltà insite nel tentativo di riavviare il paese, perché non ci si è arrivati prima? Era necessaria una tragica epoca di crisi sanitaria, di tante morti per svegliarci dal torpore? Rispondere a questi interrogativi non è facile e non spetta neppure a noi. Diciamo così che lo stato della politica ha fatto indubbiamente da moltiplicatore conducendo il cammino in questa direzione. Nessuno cioè, neppure chi si trova all’opposizione, si spinge al contrasto oltre una certa linea: Non per paura, non per calcolo, ma semplicemente perché le cose che vengono dette, le strade che vengono indicate non hanno molte alternative e soprattutto non le hanno credibili come la storia recente ha purtroppo dimostrato.

Ancora una volta, cioè, ma in modo più risoluto e forse consapevole, ci si è resi conto che non esiste altra strada che quella imboccata e che la figura del presidente del Consiglio, per la sua autorevolezza internazionale costituisce un patrimonio troppo prezioso per spenderlo male e soprattutto in beghe “di palazzo” per così dire!

Quel che avviene non è dunque un miracolo, ma certamente del miracoloso potrebbe averlo in progress, perché è evidente che ogni intoppo, ogni calcolo particolare rischia di scontrarsi con una macchina ben congegnata che deve porre in essere quanto previsto nel piano per poter usufruire nel corso dei prossimi anni, di quella messe di risorse che non sono un’eredità (anche non meritata) ma un valore che riguarda passo passo la capacità nazionale e le sue necessità in termini di risorse per dimenticare un periodo troppo lungo e troppo negativo, di regressione, sia della politica sia della vita sociale e questo al netto della pandemia che ha certamente informato e informerà la nostra quotidianità anche nel tempo a venire e con la quale dovremmo convivere.

Ecco la ragione dei molti applausi ad una replica cortese, precisa e personalizzata che il premier ha voluto portare in Parlamento di fronte alle domande e agli interrogativi che tutto l’arco della politica ha voluto porre. Ed anche a chi è rimasto silente per due ordini di ragioni: o perché non aveva molto da dire, oppure perché era d’accordo con quanto reso noto alle Camere.

La realizzazione del Piano non sarà una passeggiata anche perché le incrostazioni del sistema sono tante, troppe, nascoste negli anfratti, con zone di ombra pronte a manifestare i loro effetti nefasti. Insomma il bello o il peggio devono ancora venire, ma la direzione impressa appare in grado di convincere anche i più riottosi e recalcitranti. La medicina in sostanza è giusta e il medico pietoso si sa che cosa può provocare. Quindi la certezza è che non ci si perda almeno nella fase di avvio questa unità sostanziale, pur nelle diverse letture che le forze politiche danno anche in prospettiva, guardando a quando il sistema paese potrà dirsi riavviato e l’economia del paese vedrà stagioni più consone alle nostre capacità e alle potenzialità del sistema. 

L’unico rischio è che l’unità di intenti possa degenerare in unanimismo e che le differenze possano essere addomesticate strumentalmente. Un pericolo e uno sfizio che non ci si può permettere e che come cittadini non possiamo accettare. E soprattutto che la gestione degli enti locali e le occasioni elettorali prossime non siano vissute come una cosa a parte. Non ci si può ammantare delle risorse che arriveranno perché esse sono esterne e l’uso di quelle a disposizione dovrà essere improntato alla soluzione e non all’attendismo sui problemi. Come osserva il famoso detto che se una farfalla sbatte le ali in Canada potrebbe verificarsi uno tsunami nell’Oceano Indiano (libera interpretazione geografica ovviamente) così è evidente che la soluzione di problemi locali deve far parte di un più generale disegno di semplificazione, di efficienza, di razionalità. O sarà così o assisteremo a ben altro che alla ripartenza che tutti auspicano, tutti vogliono, alla quale vogliono partecipare. Ecco perché il senso di responsabilità di un Parlamento presente deve mostrarsi come garanzia del lavoro del governo, nella netta distinzione dei ruoli. Applausi e consensi dunque non devono essere di facciata e se ci sono copiosi come abbiamo assistito deve essere perché le cose dette sono quelle che servono al Paese e alla sua ripresa vera, duratura e sostanziale! E in questo quell’elogio della normalità che d’ora in poi dovrebbe essere ….. la norma!

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