La parola

Tregua

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Se ne parla sempre, quando le questioni si complicano ed è difficile trovare una sintesi o le basi per una decisione condivisa. Il suo contrario è molteplice, ma sostanzialmente si indica in un muro contro muro, tanto più inutile ed improduttivo, quanto più frutto solo di arroccamento ed ideologica baldanza, senza più alcun riferimento serio alla questione sottintesa.

Andiamo con ordine e spieghiamo secondo il dizionario. Il vocabolo trégua deriva dal latino medioevale treuga, di origine germanica, con una singolare alitterazione all’interno della parola. Il suo significato più pacifico è quello di una sospensione temporanea delle ostilità stabilita da due belligeranti ed estesa a tutto il teatro di guerra o a un solo settore, stipulata per raccogliere feriti, seppellire morti, prendere misure igieniche, chiedere ordini e istruzioni per agevolare trattative, e tutta quella serie di azioni che nella sospensione delle ostilità diventano possibili.

Una tregua si può fare, si può raggiungere, in primis si può chiedere o si può proporre. Ancora si può rispettare o si può rompere, violare e via dicendo. Tutti atti che presuppongono una sorta di riserva mentale sull’aver scelto la tregua  in modo strumentale, per prendere tempo e confondere le acque. Esiste anche più in generale un significato di sospensione temporanea delle azioni belliche, anche non conseguente a un patto. O ancora si indica la sospensione di qualsiasi ostilità, la cessazione temporanea da una lotta, di rivendicazioni, anche tra fazioni o partiti politici, in campo sindacale, o tra gruppi avversarî o tra privati.

Nel significato più vicino a quello proprio, e più spesso negli usi estensivi e figurati, proseguiamo con il dizionario si parla ad esempio di tregua armata ovvero di sospensione temporanea di una lotta o di una situazione di contrasto e di polemica, che conserva tuttavia un atteggiamento di sospetto e diffidenza contro un possibile attacco avversario. In particolare, nel linguaggio sindacale, si indica la tregua salariale, quale impegno dei lavoratori, espresso dai loro rappresentanti, di non avanzare richieste di aumenti di retribuzione per un determinato periodo di tempo. Ma c’è anche una tregua che si chiama doganale, e cioè la sospensione delle ostilità internazionali di natura economica (inasprimento dei dazî doganali, divieti all’importazione e altre misure tendenti a colpire l’economia di un paese). 

Sempre in senso scientifico ad esempio in etnologia, essa indica la momentanea cessazione delle ostilità eventualmente esistenti tra i varî gruppi, attuata durante le riunioni delle diverse tribù in occasione delle feste cicliche (di iniziazione, di Capodanno, dei morti), propria di alcune culture etnologiche (Australia, Melanesia, alcune tribù indiane degli Stati Uniti centrali e orientali e dell’Amazzonia). 

Cambiando argomento si ricorda storicamente l’espressione tregua di Dio, come istituto medievale (formulato in modo particolareggiato nel Concilio Lateranense del 1179), per cui, per rispetto religioso e per obbedienza a prescrizioni della Chiesa, si interrompevano per determinati brevi periodi di tempo tutti gli atti di guerra e di rappresaglia (per es., dalla notte del giovedì al mattino del lunedì, dal Natale all’Epifania, intorno alla Pasqua). 

Di tregua si parla anche in senso figurato come cessazione, pausa, sosta, riposo, riferito a condizioni e situazioni dolorose, penose, spiacevoli. Infine come situazione che indica la volontà di venire a venire a patti, venire a un compromesso.

Come spesso accade il termine assume molte variazioni di significato ed interagisce con molte attività e comportamenti dell’uomo.

Nella nostra quotidianità, stiamo assistendo ad una sorta di tregua pur non dichiarata, quasi un reciproco passo indietro, tra gli esponenti del movimento cinquestelle. Il movimento appare percorso da profonde faglie  e da vere e proprie divisioni che ne stanno minando la compattezza. Il nocciolo della questione, come abbiamo avuto modo di sottolineare è dovuto alla spinta movimentista del fondatore, l’elevato, che nei momenti in cui si rende conto che la sua creatura sta per imboccare una strada diversa da quella da lui preconizzata ed “autorizzata” si erge a baluardo dell’unica verità possibile in campo, la sua. D’altro canto l’impatto con il mondo reale, con le istituzioni ha scompaginato e non poco le fila pentastellate creando una sorta di ceto politico che tende ora a rafforzarsi e a costituire l’embrione di una forza politica pur sui generis. Inevitabile, per come sono (dis)organizzate le cose in casa cinquestelle, che l’unica figura che si arroga il diritto di intervenire e senza repliche, è quella del garante, figura politicamente improbabile, ma nel gergo del movimento, una sorta di oracolo al quale rivolgersi e al quale far esprimere quello che tutti gli altri non vogliono più o non hanno mai voluto affermare. Siamo lontani anni luce dai 5Stelle delle origini, quando la parola d’ordine era il “vaffa” verso tutto quello che circondava ed era ascrivibile alla politica, ovviamente quella degli altri, da contrastare e abbattere.

Le prospettive e le vie di uscita ci saranno più chiare tra una ventina di giorni, quando l’elevato avrà ragionato sulle indicazioni appunto di tregua e potrà incontrare l’ex premier Conte che ha avuto l’ardire di porsi in confronto con lui, trovando se possibile un modus vivendi che impedisca la definitiva rotta del movimento e la sua evidente marginalità politica nella stagione nella quale il paese sta affrontando un tornante della storia. Chi saprà stare per così dire al passo con i tempi avrà modo di capire quanto ancora del messaggio grillino rimane nel paese e quanto ancora del consenso di questi anni ormai in uscita possa essere recuperato. Se si procederà con condanne, ostracismo, ukase di dubbia intelligenza, la fine si avvicinerà. Se si cercheranno mezzucci truffaldini o quanto meno frutto di una vena attoriale sempre più scarna e sbiadita, sarà lo stesso. Capire cosa sta accadendo e inserirlo nel tessuto reale e non immaginato del paese, è forse l’ultima spiaggia!

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