Partiti, voto locale, governo. Viviamo in una stagione surreale
Il tentativo di decrittare quel che succede nel nostro paese continua, nonostante le complicazioni sembrino aumentare invece di diminuire. Il mese di ritorno dalle vacanze coincide con una stagione che dal punto di vista politico ci porta verso un voto in molte grandi città e in molti centri il cui risultato potrebbe dare un’indicazione su come la pensano gli italiani.
Come abbiamo sottolineato più volte, accanto al rispetto per il dato che il cittadino vada alle urne esercitando il suo più grande diritto costituzionale, quello di contribuire alla volontà popolare che consente poi di guidare il paese, esiste la incognita più grave che è quella di chi e di che cosa gli elettori trovino davanti a loro per capire a chi affidare l’amministrazione del proprio comune. Della propria regione e così via.
Ed eccoci al punto. La proposta politica che le varie forze e movimenti manifestano appare nel migliore dei casi discontinua, confusa, senza riferimenti certi e in sostanza incapace di dare senso alla rappresentanza che il voto affiderà a maggioranze e minoranze. Il pullulare di liste civiche, il sostanziale identificare la lista nel suo capolista senza tenere conto della squadra appaiono il vulnus più grande al diritto di esprimersi. Sembra quasi che invece che una scelta di politica e di amministrazione molti cerchino una sosta di plebiscito personale, una sorta di riconoscimento a quanto è stato fatto più che un’adesione a proposte e programmi dedicate alla realtà che si amministra.
Mai come in questa stagione non solo atmosferica, la confusione regna sovrana. Il tratto distintivo più evidente è che coloro che dovrebbero essere fautori dell’ordine sono invece i paladini del disordine, della disobbedienza civile, mentre coloro che da sempre si lanciano in indicazioni di libertà di scelta, vorrebbero che “per definizione”, per ostracismo ideologico, per default insomma si votassero loro.
Una compressione sostanziale della vera natura delle elezioni e del significato di scelta della propria rappresentanza che non può che far pensare quanti hanno a cuore le sorti delle istituzioni rappresentative e il sistema che fa loro da cornice costituzionale. Non bisogna mai dimenticare che la carta fondamentale indica doveri e diritti per modificare i quali in senso positivo si spera, è necessario affrontare un processo di riforma ampio, circostanziato e ben delimitato dalla Costituzione stessa. O siamo e vogliamo rimanere uno stato di diritto oppure dobbiamo guardare con apprensione a tentativi di forzare le norme e di portare a casa risultati che nessuna riforma costituzionale potrebbe consentire. Il bene supremo della nostra democrazia va difeso nei confronti di tutti, persino verrebbe da dire nei confronti degli stessi difensori ad oltranza.
Che questa sia la situazione e che i rischi siano all’ordine del giorno ci appare se guardiamo allo iato, alla separazione evidente tra il governo di unità nazionale per così dire e la realtà dei partiti e dei movimenti in crisi endemica ma in particolare per risultare incapaci di capire la condizione attuale e fornire vie di uscita. Quello al quale assistiamo è un copione che nessun politico sembra disposto a cambiare perché il risultato sarebbe quello di assumere le proprie responsabilità in toto senza attribuire colpe o responsabilità solo agli altri.
Non è indicando la porta di uscita a qualcuno basandosi sulla propria visione ostracista per ragioni di diversità ideologica che si trova la soluzione. E per la semplice ragione che tutti coloro che sono nella maggioranza, hanno pari dignità e nessuno di loro può permettersi il lusso di condannare qualcuno spingendo per la sua eliminazione. Anche perché a tenere le redini del governo è una persona di amplissime vedute e capacità riconosciute e che sente ogni giorno di più come la politica sembri spingere sempre, quella vecchia e quella nuova, verso il lido del gattopardo, ovvero cambiare tutto perché non cambi nulla.
La linea dell’esecutivo e del Quirinale è invece quella che si utilizzi questo momento per ridare slancio al paese, per riavviarlo verso lo sviluppo, verso un lavoro aperto a tutti realmente. In questo quadro che le baruffe attuali legate al voto amministrativo inquinino il cammino è cosa deplorevole, che i toni usati non siano quelli di una coalizione tra diversi ma di realtà su fronti opposti, antitetici e su questo si soffi, è a dire poco grave. Ed è responsabilità che riguarda tutti gli attori sia quelli che si ritengono espressione di una elite di migliori per definizione, sia quelli che vogliono invece fare i tribuni più che i dirigenti responsabili. La cifra negativa della situazione attuale è che la libertà di espressione e di disegno politico sancita dalla Costituzione sia un sogno, un’aspirazione. Invece la realtà ci mostra confusione di ruoli, confusione di voci, confusione di proposte non aderenti alla vera realtà da affrontare!
Poi là, il governo continua ad andare per la sua strada, l’unica tracciata da leggi e regolamenti e provvedimenti sui quali si chiede il sostegno del Parlamento ed è in questa sede che dovrebbe trovarsi la sintesi positiva, per il Paese non per questa o quella componente della maggioranza o dell’opposizione. L’Italia è degli italiani, non è di un colore o di un altro. Funzionalità, efficienza, onestà, rigore non hanno colore, soprattutto politico, sono qualità che devono possedere i cittadini prima che i loro eletti. Altrimenti il caos endemico e minacciato potrebbero unirsi nella realtà!