La parola

Emendamento

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Ci troviamo di fronte ad un termine che nel corso della storia e della pratica nel nostro paese ha avuto “altissimi trionfi” ed è divenuto quasi un must. Nulla nella vita politica, amministrativa, costituzionale ne ha potuto fare a meno. Quello che preliminarmente si può sottolineare è che nessun tentativo di riforma, nessuna riforma avviata, nessun atto compiuto è stato indenne da esso e dai suoi affetti. Come a dire che nel nostro paese avviare un percorso di rinnovamento e di modifica e superamento di molti dei nostri difetti e dei motivi che hanno rallentato nei decenni la crescita del senso delle istituzioni, risiede appunto nell’incapacità di parlare e agire per fare le riforme e basta.

Dopo questo primo approccio analizziamo il vocabolo. Con esso si intende, l’atto e il risultato dell’emendare. In particolare potremmo dire individua la  modificazione che, nel corso della discussione parlamentare, si propone di apportare al testo di un disegno o progetto di legge. Un emendamento come ben sanno gli addetti ai lavori e forse buona parte degli italiani ormai, si propone , si discute, si vota , si approva o si respinge.

Esiste poi, come sempre, un significato più letterale in filologia in cui si parla di lezione congetturale che viene proposta per risanare un testo trasmesso dalla tradizione manoscritta in modo non accettabile. Ancora òa scienza, in agraria ci dice che ementamento di un terreno è la correzione della costituzione fisico-chimica del terreno.

La parola viene dal verbo latino emendare e dal vocabolo mendum, ossia la men da il difetto che si intenden appunto correggere o migliorare. Così togliere via le mende, le imperfezioni, i difetti diventa il senso compiuto di questo importante concettodivenuto parola. Come abbiamo detto si può emedare un provvedimento, una legge, nel senso di apportare delle modificazioni, nel corso della discussione parlamentare. Nella sistematica zoologica e botanica, ampliare o restringere e meglio definire l’àmbito di una specie o di altro gruppo istituito da un ricercatore precedente. 

Esiste poi il senso etico ossia la correzione morale di un atto di un comportamento. In questo ambito esiste anche la posizione riflessiva ossia l’atto di liberarsi di correggersi da qualcpsa cone individui Ecco poi che il risutato dell’agire in proposito ci da l’emendato, ossia quello che la correzione ha prodotto. In questo senso si parla quasi sempre di un testo emendato, di una edizione emendata, ovvero di un testo che, con la collazione dei codici o delle edizioni originali, o attraverso congetture di filologi, è stato purgato dagli errori commessi dai copisti.

Quanto ci precede, pur nella brevità dell’esposizione ci mostra come il senso e il valore del significato non abbia come quasi sempre nella lingua italiana un solo significato ma si arricchisca sempre in ogni ambito quando il suo effettivo valore sia utile per affrontare o risolvere qualche interrogativo, qualche difficoltà.

Tornando, però, alla riflessione iniziale non possiamo che ribadire che nel senso che è in uso nella politica e nel come essa si è sviluppata nel corso dei decenni (potremmo anche usare negativamente il senso di sviluppo), l’emendamento costituisca sempre un mezzo lecito certamente ma non per questo giusto, di modificare nei fatti, anche per un uso apparentemente marginale di esso, il vaore complessivo di un’azione che si mette in atto. Certo si può anche concordare sul fatto che l’emendamento, la correzione di frasi o parole in testi di legge ad esempio, sia uno strumento utile per evitare errori o peggio.

Tuttavia dover constarare che ogni anno, in occasione della procedura di approvazione della legge di bilancio vi siano migliaia, dicasi migliaia, di emendamenti presentati da ogni parte politica e  che la loro analisi debba essere attenta e compiuta e non raffazzonata o “un tanto al chilo” come si dice con espressione colorita mutuata dalla quodinanità di ognuno; che tale messe di interventi serva a dare risposta a una miriade di questioni partciolari e puntuali che poco si conciliano con il disegno generale destinato ad incidere sulla vita della comunità e dello Stato e che tale stato di cose rallenti, impedisca o muti radicalmente la direzione da seguire, non fa che porre sempre nuovi interrogativi e quello supremo che è stato abbozzato all’inizio. Ovvero: è possibile in questo paese, pensare ad un’azione legislativa, amministrativa che proceda su canoni condivisi senza la massa di piccoli o medi interventi correttivi? Meglio ancora, è possibile pensare che una riforma come molte ritenuta importante e determinante per il cammino e l’evoluzione del paese non diventi una sorta di carrozza alla quale tutti cercano di avere accesso per le proprie esigenze, con il drammatico risultato che l’intera carrozza potrebbe rovesciarsi e mettere nel nulla ogni intento?

E’ un’osservazione certo non tanto gradita a chi presenta emendamenti “come se piovesse”, ma legittima. Anche perché è la cartina di tornalsole di uno stato di incapacità di procedere speditamente e con convinzione sulla strada delle riforme.

Tanto poi, presentiamo un emendamento, questa la frase che da decenni e per ogni passaggio in Parlamento, nei consigli regionali, in quelli provinciali e comunali, persino nelle comunità montane, riesce a calmare gli animi, placare per il momento le crisi e conciliare rapporti tesi. Ma questo non è il bene della democrazia, ma la sua malattia. Ormai endemica e che nessuno vuole veramente eradicare dal nostro costume politico oppure impiegare soltanto quanto non vi sia altro sistema!

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