Governo e politica tra convergenze e divergenze
La lettura di quanto accade in questa difficile stagione nel nostro paese si presta a diverse interpretazioni ma tutte hanno, se possiamo usare questa immagine, un comune denominatore: la crisi ormai lunga della politica, un male per la nostra democrazia, una lesione della rappresentanza popolare, un distacco crescente tra i cittadini e le istituzioni parlamentari. L’unico punto di riferimento capace di interpretare il paese è certamente la presidenza della Repubblica che se non può supplire alla crisi della rappresentanza mantiene per i cittadini il ruolo unificante dei valori costituzionali.
Il Quirinale, ora, è nella fase fondamentale del rinnovo del capo dello Stato e questo accade mentre si accentua il divario tra l’azione del governo e il confronto scontro tra i partiti che lo sostengono. Una sorta di tempesta perfetta. I partiti, i movimenti, i gruppi vari perseguono contemporaneamente due finalità, la prima è quella di ottenere il massimo per quello che è il loro elettorato di riferimento, la seconda individuare una figura adeguata al Colle che contemporaneamente possa anche favorirli nelle prossime elezioni. In mezzo il rebus che vorrebbe il premier Draghi presidente della Repubblica e allo stesso tempo la prosecuzione dell’azione del governo del quale è il principale interprete, risultato che le nostre regole costituzionali non contemplano e non permettono.
Il combinato disposto di queste condizioni fa si che la situazione del Paese sia di forte fibrillazione non certo favorita dalla pandemia e dalle necessarie misure che essa richiede insieme alla opposizione no vax e le intemerate alle quali sembra voler sottoporre il sistema. La soluzione di questo intreccio non è certamente semplice ma deve essere sciolto mantenendo in equilibrio tutti i soggetti che compongono il puzzle. Mai come in questo quadro è infatti necessario tenere presente lo scenario di riferimento: quello di un paese fiaccato da uno sviluppo risicato per oltre due decenni – dato che ha creato una forte diseguaglianza non soltanto all’interno ma anche nel rapporto con le altre nazioni soprattutto in Europa – e che si trova in via eccezionale, non strutturale quindi, a poter avere accesso ad una messe di risorse mai vista in passato ma con le quali occorre “fare i conti”, si perdoni il bisticcio, perché se è vero che una consistente parte di esse ci può arrivare in relazione alla crisi pandemica, è altrettanto vero che una ancor più consistente parte deve essere inserita in un discorso di rinnovamento delle strutture economiche, delle istituzioni e più in generale nel ridisegno di una convivenza civile che deve guardare in prospettiva che cosa è il paese e dove si vuole che esso si diriga. Pena una recessione ventura che non sarà soltanto economica e finanziaria (con il consueto corredo di spaventose disparità tra parti sociali e anche tra zone del paese) ma che può divenire sociale nel senso più rischioso del termine, con una non augurabile contrapposizione tra una parte non privilegiata ma al riparo da alcuni scossoni della crisi ed un’altra parte completamente investita dalle perturbazioni e non in grado di farvi fronte se non con interventi di tale portata che immaginarli ora risulterebbe insufficiente.
Volutamente ma criticamente non si è fatto riferimento a quella piccola parte del paese e alle isole “felici” di pochissimi privilegiati ma carichi di risorse con i quali il sistema non sembra tuttora in grado di fare i conti e questo non soltanto nel senso amministrativo del termine. Ovviamente si fa riferimento a chi ha i conto in ordine ma soprattutto gonfi e alle molte immensa sia dei capitali fuori controllo, ma anche alla gigantesca evasione fiscale che fa dell’Italia un paradiso suo malgrado.
Se si conduce questa riflessione senza mezzi termini è perché al cospetto di questa crisi tendenziale e insieme di quella immanente, non sembra ancora che le risposte della politica siano all’altezza delle necessità. La visione non è complessiva e le spinte particolaristiche di cui ogni componente sembra tribuitaria non aiuta quel salto di qualità che faccia sì che si imbocchi finalmente la strada per una reale ricostruzione della rappresentanza. Un cammino che non deve ricreare il buon tempo antico – ma pieno di buchi neri – ma prendere finalmente atto di che cosa sia divenuto nel frattempo il paese, da nord a sud. Un paese ancora diviso socialmente da troppi pesi e al tempo stesso capace però di grandi slanci che sono apparsi nel fulcro della pandemia e che si sino dimostrati unitari, dove nessuno veniva escluso. Occorre che tutto questo non sia la risposta alla crisi sanitaria attuale, ma attraverso di essa si modifichi il rapporto della politica con il paese.
Troppe volte si sparla della Costituzione tirandola per così dire dalla giacchetta, ora da una parte ora dall’altra, ma mai con la dovuta saggezza e profondità necessarie. Se assistiamo in contemporanea e quasi in un “concerto” deprecabile” a crisi simultanee che riguardano l’amministrazione, la capacità distributiva, la giustizia, il vivere quotidiano e concreto fatto di disagi, di incertezze senza scopo , che un paese avanzato dovrebbe prevenire e non intervenire a tampone quando le criticità si manifestano, vuol dire che quello che si è smarrito è il senso delle cose, il valore delle risposte capaci di incidere sui problemi e non mettere toppe qui e là, in sostanza il senso dello Stato inteso come unione dei destini dei loro cittadini e somma positiva delle loro capacità e delle loro particolarità, come anche dei doveri necessari perché una struttura possa stare in equilibrio a vantaggio di tutti.
Concludiamo ricordando quel mirabile affresco tratto dalle pagine di Giovannino Guareschi e riprodotto in diverse pellicole di molti decenni fa, dove le disfide tra Peppone e don Camillo, fatte di apparente scontro ideologico, si concludevano con una simpatica corsa in bicicletta dove, diceva la voce narrante “se uno rallenta e si ferma per la stanchezza, l’altro torna indietro e gli si affianca per continuare insieme il cammino della vita” fatta certo di baruffe ma della consapevolezza di essere parte importante di un insieme che soltanto con tutti può avere futuro!