La parola

La parola della settimana: MASSIMALISMO 

• Bookmarks: 1


È stato per quasi un secolo una sorta di bestia nera e di aspirazione dell’intera sinistra politica marxista, socialista, comunista. Un termine guardato ora con attenzione ora con sospetto nei tornanti della storia, ma sempre con una sorta di precauzione. Parliamo di massimalismo

In origine, ricorda il dizionario, una corrente del socialismo italiano del primo dopoguerra che propugnava il «programma massimo», comprendente cioè l’agitazione e l’azione rivoluzionaria per il rovesciamento immediato dell’ordinamento capitalistico e l’instaurazione del socialismo. 

In questa accezione ha accompagnato tutti i tentativi riusciti o meno di instaurare il nuovo regime, quello indicato poeticamente come il sol dell’avvenire e che nel suo massimo fulgore nel secolo scorso è divenuto la tomba dell’essenza umana, ritenuta pericolosa e da guidare verso i rosei destini della rivoluzione, costi quel che costi ed impiegando tutti i mezzi leciti e soprattutto non leciti per imporre, reprimere, rieducare quanti si opponevano. 

Come sovente si riflette ragionando di rivoluzione permanente, l’affermarsi di essa dovrebbe condurre ad una stabilizzazione necessaria all’affermarsi del nuovo sistema. Per alcuni però la seduzione di quell’aggettivo permanente ha portato allo spostare sempre in avanti le lancette della realizzazione rivoluzionaria entrando in contrasto prima ideologico, poi via via politico con quella stabilizzazione del sistema di cui abbiamo fatto cenno. Così chi non voleva accettare quel nuovo per il quale si era combattuto è stato via via sempre più guardato con sospetto sino ad immaginarne in sostanza anche una oggettiva intelligenza con il nemico di classe da eliminare. 

L’accusa di massimalismo che ha percorso sin dalla nascita il movimento marxista in cerca di una sua concreta realizzazione sta lì per decenni a dimostrarlo e contro il massimalismo così inteso si sono sempre mossi i dirigenti dei partiti socialisti e comunisti sia nelle realtà non realizzate sia nei paesi e territori assoggettati. In quelli democratici lo scontro ha avuto anche vittime eccellenti sul piano politico e pratico, nei regimi totalitari si è invece assistito ad una vera e propria eliminazione e non politica dell’opposizione massimalista. 

Il termine, è ancora in uso ai nostri giorni, dopo la fine del sanguinoso e tragico secolo breve ed è ora usato soprattutto per designare atteggiamenti considerati estremisti e non sorretti da un’effettiva capacità di azione politica. Oppure con un valore più ampio per indicare l’orientamento o il comportamento di chi, in una opposizione di idee o di programmi, vuole ottenere il risultato massimo e non ritiene accettabili soluzioni intermedie o parziali.

Potremmo dire l’eterno dilemma del tutto e subito oppure per gradi e con moderazione. La trasposizione di quanto detto nella realtà nazionale mostra evidente una sorta di “risorgenza” del concetto massimalista, ma fuori dai contorni e dalle dinamiche una volta attribuibili alla sinistra nelle sue varie evoluzioni. 

Se infatti si potrebbe definire massimalista la galassia che si trova/trovava a sinistra del partito democratico, dove è sempre in vigore il concetto che si ha solo ragione, conoscenza e soluzioni draconiane, è ormai evidente che massimalista è anche tutto ciò che ruota intorno al mondo ambientalista puro, ma non realista, secondo il quale i cambiamenti climatici dovrebbero imporci subito e senza mediazioni tutte le soluzioni necessarie ad invertire la rotta. Senza tenere però in considerazione che un discorso di tale portata non può riguardare il proprio orticello o il marciapiede di casa propria o quelli vicini o immaginare de-carbonizzazioni e simili a livelli condominiali per il semplice dato che tre quarti del mondo devono ancora raggiungere il nostro livello di vita (condivisibile o meno) e non accetteranno certo lezioni di morigeratezza come dimostra l’inossidabile atteggiamento cinese sul carbone e su altre fonti inquinanti a sostegno della propria crescita economica. 

Massimalismo è poi sicuramente quello che caratterizza dalla nascita il movimento cinquestelle. Fuori dagli schemi e anche dalla realtà per molti versi (si pensi alla follia della decrescita felice del suo guru) ed oggi impegnato nel braccio di ferro con il Pd per la leadership dell’opposizione.

Come senza dubbio massimalista è apparsa sin dalle prime uscite la concezione politica della nuova segretaria del partito alla ricerca dell’ubi consistam di una sinistra che ha perduto il suo ruolo e la capacità di comprendere prima che di guidare il paese. Se prevarrà questa logica senza mediazioni il partito sarà ancor più lacerato e certamente non sarà più quello che abbiamo conosciuto. Il che comporterà un vero e proprio ridisegno degli equilibri politici nazionali e in prima battuta una diaspora lenta o veloce lo si vedrà di quella anima del Pd che insieme agli ex del Pci ad esso diede vita, in quella che allora da molte parti venne definita una fusione fredda, a tavolino tra due correnti politiche e di pensiero antitetiche ma sempre in dialogo. Un dialogo che ora sembra sempre più improbabile come improbabile è pensare ad un ritorno al passato sia in termini politici e sindacali. Non si tratta di rinnegare idee e speranze ma il mondo non guarda indietro, nonostante la pessima pagina della guerra di aggressione russa all’Ucraina che nei piani del suo responsabile vorrebbe riportare l’orologio del mondo alla metà del secolo scorso! 

bookmark icon