Prima di tutto via l’Isis
La ripresa settembrina delle attività in ambito UE ci consegna, in attesa delle imminenti elezioni tedesche, un panorama sociopolitico in evoluzione.
Nell’articolo di Baher Kamal in apertura di questa edizione di Italiani “Essere migrante nigeriano in Italia” tre storie e dati significativi di fonte Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, sulla tratta di esseri umani attraverso la rotta del Mediterraneo centrale.
La riduzione, quasi immediata, registrata nei flussi migratori sulla rotta del Mediterraneo centrale subito dopo le principali iniziative di contrasto alla vendita dei rischiosi trasferimenti di esseri umani, ha spostato l’attenzione dal palcoscenico di Bruxelles (che in una certa misura funziona da paravento per i leader più o meno nazionalisti affiliati alla UE), all’osservatorio del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Per sintetizzare in un titolo la dichiarazione di Timmermans, Vicepresidente della Commissione UE, “Ora campi ONU per i rifugiati in Libia, poi canali legali per entrare nella UE”, il problema che si pone è quello di far sì che la Libia scelga con proprie autonome decisioni, di adottare i “suggerimenti” formulati dall’Italia, non più sola come in questi ultimi anni sul fronte migranti, per realizzare il controllo dei flussi autonomamente dal proprio territorio.
Si tratta di un problema non irrisolvibile, che ammette soluzioni, la cui implementazione richiede condizioni precise, a cominciare dalle possibili intese capaci di migliorare gli accordi sulla rappresentatività delle parti in conflitto, che non riguardano soltanto le popolazioni libiche, bensì anche l’Isis e coloro che li sostengono. E’ notizia di ieri, 5 settembre (Reuter), che le forze della Libia Orientale hanno dichiarato di aver effettuato attacchi aerei contro l’Isis in risposta alle recenti e intensificate incursioni.
L’area contesa sarebbe quella di Ain Taqrift, tra Sirte e la città di Zillah, vicina ai campi petroliferi in precedenza danneggiati dall’Isis.
La capacità di ridurre, nella logica della rappresentatività autoctona, gli aspiranti a condividere la “torta da spartire”, potrebbe favorire la ricerca di idonei accordi per proseguire nella riduzione dei vantati aventi diritto.