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Su queste pagine abbiamo spesso commentato i fatti italiani con atteggiamento scanzonato anche se responsabile e continuiamo a farlo.
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Su queste pagine abbiamo spesso commentato i fatti italiani con atteggiamento scanzonato anche se responsabile e continuiamo a farlo. Siamo tra coloro che non ritengono l’attuale governo la panacea di tutti i mali e neppure l’ultima spiaggia, ma lo considerano quello che è: l’unico esecutivo ragionevole dinanzi ai problemi, anzi al problema del Paese: uscire finalmente da decenni che lo hanno frustrato, impoverito e costretto nella seconda fila del proscenio internazionale.
Non si tratta infatti, a modesto parere di vivere politicamente la situazione come spesso sembra di sentire ascoltando esponenti di forze parlamentari diverse, quale normale evolvere della politica nonché dell’economia.
Il paese si trova dinanzi a prove micidiali che chiamano in causa tutte le migliori energie, le energie oneste e pulite che sole possono rimediare allo sfracello di questi decenni e restituire all’Italia il posto che le spetta nel consesso mondiale per la sua storia e per la storia dei migliori ingegni e cervelli che l’hanno fatta grande nella scienza, nella cultura, nell’economia e in ogni campo dove inventiva ed intelligenza sono elementi chiave di una miscela vincente.
Ecco allora che il finire di questo 2014, ci presenta un conto salato e qualche scenario possibile, purché si segua la strada maestra, quella della responsabilità verso il popolo italiano pronto ad assumersi l’onere verso il futuro ma in un quadro chiaro e definito.
La prima sensazione è che tutto sia fermo o troppo lento o segua vecchi riti e vecchie formule risultate perdenti. Vi è anche la sensazione che la necessità di inserire elementi di novità, scelte di rottura, in un tessuto molto degradato non sia per ciò stesso garanzia di positiva evoluzione. Prova ne siano gli infiniti batti e ribatti che continuano a caratterizzare il tema centrale del lavoro. Il premier agisce senza mediazioni, bacchetta le forze sociali, cerca di spronare a cambiare. La risposta sinora è che nessuno ha manifestato la volontà reale a cambiare. Le reazioni sembrano prese di peso dal manuale delle giovani marmotte sindacali: sciopero in ogni forma, sciopero generale, blocco del paese il tutto condito da slogan, merchandising vario, improntato al mondo 2.0 o 3.0. Una scissione elettrolitica che se da un lato produce nel campo visivo e “pubblicitario” elementi di novità, non riesce a trasmettere nulla di nuovo. Mentre i nodi non si sciolgono e i problemi restano tali.
Questa forte divaricazione ci porta verso un altro scenario che ne è diretta conseguenza: la spaccatura verticale nel partito democratico tra quanti ritengono di provare a seguire una via in certo senso “blairista”, socialdemocratico-moderna, e chi invece ritiene che bandiere rosse e reperti del passato possano fare ancora al caso loro! Una divaricazione che rischia di essere pericolosa per il paese.
Ci sia consentito sottolineare ancora una volta che il ritardo della politica è gravissimo e sotto gli occhi di tutti, ma che quello del sindacato – pur con tutte le buone e innegabili volontà – potrebbe manifestarsi letale per le sorti future del paese. Come anche il fatto che la leva sindacale venga usata senza neppure troppi sipari per sostenere una parte del Pd, in perfetto stile collaterale anni cinquanta o sessanta dello scorso secolo! Un’aberrazione che gli italiani non riescono più a comprendere e che fa il paio con la necessità di un nemico, non di un avversario da abbattere. Corollario non di poco conto è che stavolta il nemico è il leader del maggior partito italiano e della sinistra!
Basterebbe questo a sottolineare il cortocircuito nel quale ci troviamo. Cortocircuito che riguarda anche un altro nodo esiziale di questi mesi che ci attendono: le riforme , elettorale in primo luogo e il Quirinale subito dopo. Qui siamo alla commedia dell’arte, all’improvvisazione da un lato e al pressappochismo dall’altro, sempre come se tutto fosse da calare in un paese normale, equilibrato, stabile e non un vulcano che borbotta pericolosamente come l’Italia di questi anni.
Lo stato degli atti è defatigante. La riforma elettorale tra lacci, lacciuoli, modifiche, integrazioni, elastici verbali e circonlocuzioni amletiche sembra sempre lì per essere pronta e non lo è ancora, intanto dal Colle arrivano indicazioni sempre più chiare e stringenti sulla volontà del presidente Napolitano di concludere il suo secondo mandato e la stagione della sua eccezionalità istituzionale. Ma per farlo vorrebbe vedere avviato il percorso per il quale ha accettato a suo tempo la rielezione! E questo ancora manca ed è stato quasi certamente al centro dei fitti incontri di queste settimane, più volte al Quirinale. Non di poco conto anche il controcanto e contrappunto parlamentare. La maggioranza vuole arrivare ad un’elezione condivisa ma trova in Forza Italia, Lega e 5 Stelle tre fronti diversi e opposti, tutti però estremamente critici! Mentre nei pentastellati si consuma la crisi più pesante dalla nascita e dalla vittoria elettorale, la lega si italianizza e contende agli azzurri la leadership del centro destra, Forza Italia è in stallo totale stretta tra l’incudine del patto del Nazareno e la possibilità di implo-esplosione sempre fuori della porta. Ecco dunque da qui i cambi improvvisi di posizione, le proposte anche improponibili agli altri attori. Ultimo esempio il metodo per procedere: prima le riforme poi il Colle dice Renzi, prima il Colle poi le riforme, replica l’ex cavaliere. Trasparente il perché renziano di rispetto del mandato di Napolitano, altrettanto trasparente l’intento di Berlusconi di assicurarsi un peso nell’elezione della massima autorità nazionale senza rischiare il voto che potrebbe relegare quel che resta di Forza Italia a un ruolo gregario. Ognuno tira dalla sua parte, il rischio è che il tessuto si laceri.
Intanto, il tempo passa … inesorabile, i problemi si complicano. E’ finito, con alterne fortune, il semestre di presidenza dell’Unione Europea, tra qualche riconoscimento formale del nuovo ruolo del nostro paese e le bacchettate dei maestrini di Bruxelles sulle nostre capacità di “fare i compiti”. Si avvicina l’Expo’ di Milano, tra inchieste, ritardi e difficoltà varie! La capitale è sotto lo schiaffo di uno scandalo oltreché ad alto tasso di mafiosità, anche espressione di un malessere e di un malaffare che troppi sinora hanno fatto finta di non vedere: non so nulla, non c’ero, non lo conoscevo e amenità simili, sino al comico se c’ero dormivo! Che la dice lunga sul futuro prossimo.
La navigazione è ancora in alto mare tra tempeste, rischi di naufragio e ordini e contrordini sulla tolda. Tanto da ricordare la frase dantesca sull’Italia “nave senza nocchiero in gran tempesta” nel Purgatorio che sembra il nostro luogo elettivo. Solo che manca il nocchiero, ma abbondano i nostromi!
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::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::314::/cck::