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A tre anni di distanza da “Senza paura”, Giorgia torna con l’album “Oronero” in cui è autrice di quasi tutte le canzoni. Una svolta che la vede curiosamente passare all’elettronica. A marzo in partenza il suo nuovo tour
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Se il vostro pensiero è volato subito su capolavori come “E poi”, “Come saprei”, “Di sole e d’azzurro”, vi anticipo già che siete sulla strada sbagliata perché temo che quella Giorgia non esista più. Potrebbe essere un merito, certo, perché a 45 anni – l’età della nostra – bisogna imparare a rinnovarsi, smettere di cantare sempre le stesse cose. Però bisogna pure capire che spesso, molto spesso, lasciare la strada vecchia per la nuova non è un bene.
È il caso di “Oronero”, l’album con cui la cantante romana è tornata dopo alcuni anni di silenzio; una pausa di riflessione che le ha permesso di dedicarsi appieno a questo nuovo progetto, ma soprattutto di sperimentare. È la sperimentazione, infatti, ciò su cui intendo riflettere. Giorgia da sempre ci ha abituati alla melodia, all’intensità, a giochi di voce da pelle d’oca, si può dire che abbia insegnato all’Italia, nell’ultimo ventennio, cosa significhi essere una cantante. Giorgia non è una cantante qualunque, ma una cantante con la “c” maiuscola. E proprio per questa sua impeccabilità vocale e questo suo stile sempre e profondamente ricercato, che si è creato intorno a lei un clima di antipatia quasi, da maestrina “tutto so io”, soltanto perché, a differenza di molti suoi colleghi, ha sempre saputo svolgere egregiamente il suo lavoro. Motivo per cui, probabilmente stanca di questa sua irreprensibilità, ha pensato bene di schierarsi dalla parte del mercato, abbandonando completamente quel che è stata finora e tuffandosi nell’elettronica. Questo suo nuovo disco, infatti, è tutto, rigorosamente di elettronica. Un genere (se di genere possiamo parlare) che probabilmente poco si addice ad una voce come la sua, specie se pensiamo al suo passato musicale, ma che certamente la rende più appetibile al grande pubblico, in particolare quello giovane, abituato solo e soltanto ai suoni digitali. Quest’ultimo aspetto, in generale, è senza dubbio un bel problema che ha portato proprio i più giovani a non saper neppure distinguere il suono di una batteria reale da una campionata. Ma è un dramma anche per chi di mestiere fa il musicista e si ritrova tragicamente sostituito dalla tecnologia e poi costretto ad adattarsi, nei live, ai paradigmi robotici – e perciò innaturali – dell’elettronica, appunto.
In tutto questo, anche Giorgia ha deciso di provarci, e le 15 nuove canzoni che propone ne sono la piena dimostrazione. Non che non siano belle canzoni, chiariamoci. Anzi. Il lavoro che è stato fatto, specie sui testi, è davvero di altissimo livello. Si può dire che sia il disco più impegnato che Giorgia abbia mai realizzato in tutta la sua discografia. Il problema riguarda il sound, potente sì, ma che mal si sposa con il suo stile elegante. Che anche la sua voce sia cambiata, nessuno può negarlo. Ma la cosa che si percepisce – più dai primi ascolti – è la mancanza di naturalezza. C’è una sorta di forzatura nelle sue corde, nelle sue interpretazioni, che quasi cozza con la schiettezza dei testi, invece. Testi che la vedono per la prima volta autrice in ben 10 brani su 15. Sebbene lei tenda a negarlo, il brano che più la rivela simile alla Giorgia che tutti conosciamo è la title track “Oronero”, un brano di grande spessore che, pur nella sua semplicità e nel suo andamento a tratti rap, ci consegna la solita, immensa, commovente voce di un tempo. Per il resto, è tutta pura sperimentazione che sfocia addirittura nella dance e nell’house in brani come “Regina di notte” o “Credo”.
Il videoclip ufficiale di “Oronero”, il nuovo singolo di Giorgia.
L’unico progetto che si potrebbe collegare a questo nuovo album è “Ladra di vento” del 2003. Volendo stabilire dei parallelismi, potremmo dire, ad esempio, che “Vanità” sia una sorta di “La gatta (sul tetto)” 2.0, mentre riecheggiano sonorità alla “Spirito libero” in “Danza” e “Come acrobati”. Tra i brani di punta troviamo “Scelgo ancora te”, “Per non pensarti” e la sorprendente “Grande maestro”.
In generale, dunque, Oronero è un disco di qualità, moderno, al passo coi tempi. La speranza, tuttavia, è che almeno nel tour in partenza a marzo non vengano contaminati dall’elettronica anche i suoi successi memorabili, perché questo proprio non glielo perdoneremmo. Noi, di contro, le promettiamo di provare ad abituarci a questa sua nuova veste ed apprezzarla, senza però abbandonare l’idea di poter tornare presto a riascoltare dalla sua voce quelle ballate strappalacrime che l’hanno resa un’eccellenza, un vero vanto per il nostro paese, nel mondo.
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::autore_::di Francesco Curci::/autore_:: ::cck::1623::/cck::