Si conclude una vera partita a poker! Ma chi è il baro? Non tutto è come sembra
“Non cerco onori e titoli, né diventar signore …. ma sol di questo popolo essere il servitore”. Ci permettiamo con rispetto di citare e parafrasare una famosa espressione del grande Totò, a conclusione di un simpatico film d’epoca, per indicare quella che dovrebbe essere la strada dei nostri politici in uno dei momenti più tragici del dopoguerra. Una condizione potremo dire ontologica causata dalla pandemia e che tocca le basi stesse non soltanto della nostra salute e vita, ma anche il senso complessivo di quello che deve essere lo sforzo corale del paese per affrontare e vincere la sfida cogliendo un’occasione storica per superare retaggi secolari e ritardi decennali del nostro sistema nazionale.
Il vento della crisi della maggioranza ha soffiato con tutta la sua potenza e il premier salirà al Quirinale per un incontro con il capo dello Stato che i bene informati definiscono “interlocutorio”. Aggettivo sesquipedale potremmo dire considerando che se non ci sono i numeri occorre riflettere sul da farsi, oppure se ci sono occorre andare avanti.
La chiara sensazione è che assistiamo alla conclusione prevista, immaginata, pilotata, di un dissidio tra i partner della coalizione, al prevalere di personali “antagonie” più che a sostanziali non condivisioni di temi politici. Una partita a poker che corre il pericolo di divenire un gioco al massacro per il Paese. E come in tutte le partite a poker che si rispettino e la storia del gioco ce lo insegna, tra i competitori potrebbe annidarsi un … baro.
Chi sia ad interpretare questo ruolo o lo abbia interpretato nelle ultime settimane non è affatto chiaro. La storia recente ci insegna che spesso quelli che appaiono i provocatori, coloro che vogliono rompere in realtà non lo sono o non lo sono del tutto e che a volte vengono utilizzati come capro espiatorio per altri fini, non sempre nobili né commendevoli. Un sentimento questo che è tutt’altro che infondato.
Se la verità fosse bianca o nera e con chiarezza, tutto sarebbe comprensibile sia dal colto sia dall’inclita come affermavano gli antichi. Invece qui assistiamo al trionfo del melange e al tripudio del famoso adagio attribuito a Walter Veltroni del suggestivo “ma anche”!
Proviamo a capirne qualcosa.
Qual è la sfida principale? Riuscire a far tesoro dell’immensa mole di risorse che l’Europa e l’Italia possono mettere in campo in uno sforzo corale per affrontare la pandemia e l’emergenza sanitaria e allo stesso tempo provare a sciogliere alcuni importanti nodi che hanno rallentato ed indebolito nel tempo il sistema paese sotto il profilo economico, produttivo e purtroppo anche sociale. Qualcuno può in serenità affermare che il premier e i suoi sostenitori parlino in modo chiaro al di là degli annunci su che cosa in sostanza voglia dire tutto questo, quali sono i piani reali di intervento, che cosa significa stanziare 20,30, 40 o 70 miliardi per un settore, in che modo vengono erogati e perché, che cosa si vuole ottenere con questa spinta? La deduzione è che nulla è chiaro, tranne il fatto, come direbbe un italiano medio, che “girano un sacco di soldi”.
Secondo punto, una domanda. Qualcuno è riuscito a capire che cosa differenzia il premier e i suoi referenti grillini, dal Pd e dagli altri alleati, in primis Italia Viva e quel Renzi che tutti vogliono indicare come guastafeste, provocatore e simili? Se si guarda ai primi si ha la netta sensazione che il nodo siano le risorse, come destinarle ai capitoli principi della retorica pentastellata e agli irrinunciabili scopi che si sono prefissi: in soldoni realizzare una società rinunciataria, che non cresce anzi decresce in felicità. Motivo per il quale l’appeal del movimento sconta una vera e propria sconfitta! Ma come si fa a cambiare ora? Meglio perseverare.
E’ possibile capire quali siano i veri motivi, a parte il mantenere il potere sino all’elezione del Quirinale ed oltre, del Pd e che cosa condivida con i grillini? Anche qui oscurità con qualche sporadico lampo. Al di là del tentativo di intestarsi i cosiddetti grillini di sinistra in fuga guardando alle prossime elezioni, sono assai poche, retorica a parte, le questioni sulle quali una forza politica come i dem, con una cultura di governo fatta di statalismo corretto per così dire, possano andare d’accordo con il nichilismo unito al vuoto che origina ormai con evidenza dall’assenza di una strategia politica che vada oltre il “vaffa”. Almeno dal Pd provano ad indicare i perché di certe scelte, gli scenari nei quali si inseriscono. Dai grillini sono slogan vuoti e una gran voglia di non lasciare le poltrone alle quali in tempi flash si sono abituati benissimo perdendo il contatto con la base protestataria che li ha mandati al potere.
Occupandoci della crisi che nasce nella maggioranza e lasciando per ora sullo sfondo l’ignominia di pensare a sopravvivere con responsabili (?) di varia estrazione e tirare a campare, o le posizioni delle opposizioni che come sempre immaginano rivolgimenti per tornare a governare andando subito al voto che gli altri escludono, il vero interrogativo per comprendere dove potremmo andare a finire resta uno solo: nella partita che si sta giocando sulla pelle del Paese, ancora una volta, e senza foglie di fico dei grandi principi, chi è realmente il … baro … ? Se tutti accusano qualcuno il sospetto è legittimo, se da mesi l’ostracismo indica una sola direzione, il sospetto aumenta! I prossimi giorni ci diranno se a prevelare sarà la logica del potere o l’affrontare veramente i temi sul tappeto!
Sia consentita una forte diffidenza che a prevalere sarà la seconda ipotesi! Soprattutto se a gestire il dopo eventuale sarà lo stesso soggetto poliedrico che da oltre un triennio sembra interpretare tutte le parti in commedia!