Cronaca

LA SFIDA DI HONG KONG

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Nonostante la roboante replica del Ministro degli Esteri cinese Wang Yi, che ha ribadito la volontà di Pechino di accelerare l’integrazione di Hong Kong nel sistema centrale del paese, l’esito delle elezioni distrettuali, tenutesi la scorsa settimana nell’ex colonia britannica, rappresenta una pesante sconfitta per le velleità unioniste della Cina. Dei 452 seggi in palio in questa tornata elettorale, ben 388 sono andati agli esponenti dell’opposizione, decretando un successo che mette con le spalle al muro la governatrice Carrie Lam e la sua politica di repressione nei confronti delle proteste di piazza che da mesi infiammano l’isola. Un chiaro segnale che gli oltre sette milioni di cittadini di Hong Kong hanno voluto dare all’establishment di Pechino. Una marea silenziosa che va ben aldilà dei pochi facinorosi che hanno risposto con veemenza alle violenze della polizia, e che sta mettendo in discussione la strategia decisa dagli alti vertici del partito comunista cinese. Tutto e’ cominciato la scorsa estate con il varo di una legge che autorizzava l’estradizione per crimini commessi a Hong Kong in Cina, una palese violazione degli accordi presi nel 1997 all’epoca del passaggio dell’ex colonia nell’orbita di Pechino. Secondo i patti stilati dall’ultimo governatore britannico Chris Patten e dal Presidente cinese dell’epoca Jiang Zemin, Hong Kong avrebbe mantenuto un’ampia autonomia legislativa, giudiziaria ed economica fino al 2047. Evidentemente la legge sull’estradizione voluta dalla governatrice Lam, anche se poi ritirata, violava questi accordi, scatenando i dubbi di milioni di cittadini dell’isola sull’effettiva sincerità dei vertici di Pechino. Nonostante la propaganda governativa e gli indiscutibili successi economici conseguiti negli ultimi anni dal Dragone, gli hongkonghesi hanno ancora ben chiaro quello che successe nel 1989 a Tienanman. Un ricordo indelebile, che ha portato milioni di persone in piazza. Una protesta pacifica alla quale e’ seguita una repressione brutale da parte delle forze dell’ordine coordinate da Pechino, arrivata perfino a schierare un’imponente contingente militare sul confine settentrionale. Un atteggiamento autoritario perpetrato anche recentemente nella provincia autonoma nord-occidentale dello Xinjiang, dove la popolazione di origine uigura sta subendo uno strangolamento dei diritti, sanciti invece dalla legislazione autonoma della regione. I riflettori dell’opinione pubblica mondiale accesisi su Hong Kong dovrebbero scongiurare questa evoluzione delle cose. Le prossime settimane saranno dunque cruciali per capire l’effettiva volontà di Pechino e la determinazione dei cittadini dell’ex colonia britannica.

di Diego Grazioli

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