La parola della settimana
Appare forse il modo migliore per cominciare un nuovo anno, quello di porsi come obiettivo la parola scelta questa settimana quasi a cercare qualcosa che informi di sé i prossimi 365 giorni che ci attendono. Un richiamo alla semplicità di comprensione, al parlare senza confusioni e imprecisioni. Al dire le cose pensandole, essendone convinti e fermi nel sostenerle per potersi misurare con gli altri.
Chiarezza, dunque. Con questo termine si indica la qualità propria di ciò che è chiaro o lucente, riferito a un liquido, ovvero la limpidezza. In particolare come è ben deducibile, in ottica, si indica con esso il rapporto tra il flusso luminoso che arriva su un elemento di superficie retinica guardando un oggetto con lo strumento, e il flusso luminoso che sul medesimo elemento arriva quando si guarda quell’oggetto a occhio
nudo. Per immagini retiniche non puntiformi, la chiarezza vale al massimo 1. Nel caso però di immagini retiniche puntiformi, quali si hanno, per esempi, osservando le stelle con un telescopio, può essere maggiore di 1, risultando, come si dimostra, pari al quadrato dell’ingrandimento angolare dello strumento; ciò spiega perché con un cannocchiale si riesca a vedere in pieno giorno le stelle, invisibili a occhio nudo.
Esiste poi anche un significato figurato dove si intendono lucidità, ordine (come contrapposizione a confusione e vocaboli simili; può essere anche riferito al discorso o all’esposizione, o ancora indicare l’evidenza, anche come dote stilistica, nel parlare, nello scrivere, nello spiegare; poi si può riferire all’anima, alla coscienza, allo sguardo. Da ultimo ma non per importanza chiarezza indica la celebrità, o la fama. In questo senso, possiamo citare espressioni come di chiara fama definendo un personaggio esperto in un particolare campo e via dicendo.
Inutile dire che il termine si attaglia perfettamente, per la logica dei contrari, al confronto per così dire politico, ma sarebbe giusto anche sottolineare sociale, dunque prepolitico. La difformità di vedute, l’incomprensione, il contrasto che sembra esistere senza confini tra le persone ridotto ai minimi termini, sovente mostra la sua vera natura: non ci si comprende perché manca appunto la chiarezza delle azioni, dei propositi, delle decisioni. Di qui la difficoltà estrema di capirsi spesso parlando la stessa lingua!
Spesso capita di sentire fra due persone, in un dibattito televisivo, in un ufficio nei rapporti interni, “facciamo chiarezza”, occorre chiarezza. Oppure per converso, non è chiaro, non c’è chiarezza. E’ un tipo di espressioni che punteggiano la quotidianità funzionando anche come sistema di misura, gradazione di misura di quanto sia complesso e difficile a volte disperato farsi capire. Oppure di quanto non si voglia in assoluto porsi il problema di chiarire qualcosa.
Non casuale, anzi causato, il riferimento alla nostra condizione politica. Che la chiarezza non sia la caratteristica saliente della nostra narrazione quotidiana è talmente evidente da essere non solo palmare, ma più semplicemente “ultroneo”.
Vale a dire che constatarlo non solo è facile, ma addirittura lapalissiano. Se
ascoltiamo qualsiasi esponente politico sentiremo spesso nelle sue parole espressioni come “abbiamo chiarito la nostra posizione”, la chiarezza è il nostro punto di riferimento, chiediamo chiarezza agli altri e altre simili amenità.
Non occorre particolare dote intellettiva per rendersi conto che la chiarezza sta al nostro dibattito politico come la luce al buio. Viviamo in un sistema dove non è più neppure chiaro che cosa siano le vecchie categorie politiche di un pur recente passato.
E il continuo riferimento alla chiarezza necessaria ed auspicata null’altro è che una semplice boutade. Come pretendere infatti chiarezza da alcuno se non si è in condizioni di avere chiarezza delle proprie posizioni. In due governi nell’arco di poco meno di due anni, abbiamo assistito a due contratti di governo basati nelle intenzioni su “punti” chiari ed inequivocabili sui quali sia in passato come oggi sembra non esservi chiarezza alcuna nel senso che l’interpretazione che viene fatta dai diversi
esponenti sembra appartenere a due letture diverse pur riguardando lo stesso concetto. Si può obiettare che questo è manifestazione della libertà di pensiero, ma è facile sottolineare che se ci si accorda su qualcosa si presume – si presume purtroppo alla luce dei fatti – che ci sia comprensione su parole, termini, riferimenti, scadenze e via dicendo. In poche, anzi una parola, che ci sia chiarezza sui temi per i quali ci si impegna.
Poiché quanto accade mostra sempre più l’esatto contrario, occorre dedurre che, dando per abbastanza ovvio che nessuno parli con “lingua biforcuta” come dicevano i vecchi capi degli indiani d’America nei confronti dei bianchi, ossia con riserva mentale , la difficoltà di comprendere sia reale e che l’assenza di chiarezza indichi in buona sostanza l’assenza ben più preoccupante di ragioni “chiare” per lo stare in alleanza.
In pratica, a conclusione di questo excursus alla ricerca di una sorta di pietra filosofale, è di tutta evidenza che non vi è alcuna chiarezza su quanto accade intorno a noi! Non c’è purtroppo da stare allegri! E’ questa, paradossalmente, l’unica cosa chiara.