La parola della settimana
Il rischio, occupandosi di termini come quello che affrontiamo, è di non riuscire a delineare chiaramente i confini logici e interpretativi trattandosi di qualcosa di molto mutevole nello spazio e nel tempo e che, tuttavia, rappresenta con buona approssimazione sia un atteggiamento dell’umanità associata, sia una caratteristica strettamente personale di individuo ed individuo. E ancora, è molto facile nel tentare questo approccio, cadere nella trappola proprio del concetto che si vuole analizzare, con ciò “conformadosi” ad una o all’altra delle possibili teorie interpretative.
Partiamo come sempre dal vocabolo e dal dizionario. Con la parola in questione si intende indicare la tendenza a conformarsi, anche solo in apparenza, a dottrine, usi, opinioni prevalenti socialmente e politicamente. In sostanza, il soggetto agente, il conformista tende infatti a fare proprie, in modo passivo, le dottrine politiche e religiose seguite dalla maggioranza dei componenti del gruppo cui appartiene. In senso più ampio, siamo di fronte ad un’accezione negativa di chi si adatta facilmente alle opinioni o agli usi prevalenti, alla politica ufficiale, alle disposizioni e ai desideri di chi è al potere. Come anche si comporta nel nodo che un ambiente sociale, un gruppo ritiene prevalente per essere accettato, anche andando contro le proprie libere opinioni, in un concentrato di condizionamento anche auto realizzato.
Mai come in questo caso, soccorre l’analisi sociologica, vertendo la riflessione su comportamenti dell’essere umano in un ambito, in una realtà associata. Ecco allora che per conformismo s’intende ogni modalità di condotta che, per effetto di una pressione sociale esercitata dalla collettività o da gruppi in essa influenti, produce una condizione di uniformità – nel campo dei costumi, dei valori culturali, dei principi morali e religiosi, ma anche degli orientamenti politici – capace di minimizzare gli attriti dell’interazione sociale.
L’individuo conformista tende quindi ad adattarsi alle norme sociali e a non differenziarsi rispetto agli altri soggetti del gruppo di riferimento (ceto, classe, gruppo parentale o professionale o di vicinato, sfera pubblica), arrivando a negare o a dissimulare le proprie convinzioni e a orientare l’agire alle aspettative degli altri membri del gruppo. In considerazione della sua funzione primaria, il conformismo può pertanto essere qualificato “come una strategia di (auto)rassicurazione sociale che ha il suo imprinting nel processo di socializzazione, attraverso il quale l’individuo diventa destinatario di una domanda generalizzata di conformità. Le oscillazioni che si registrano sia a livello di linguaggio specialistico sia a livello di linguaggio comune costringono però a porre subito l’accento sull’ambiguità di collocazione del concetto e sulla polivalenza dei suoi significati”.
Con una certa approssimazione si può distinguere tra “un conformismo nei confronti dei costumi di gruppo, delle convenzioni morali, dell’ethos e un conformismo nei confronti dell’autorità e del potere, il primo dei quali può dirsi spontaneo e il secondo imposto (parallelamente, si tende a designare come influenza sociale un condizionamento involontario e come controllo sociale un condizionamento intenzionale e istituzionalizzato). L’uno si dispone su un continuum che va dall’estremo della tradizione a quello del mercato, per cui è possibile distinguere qui, in modo tipico-ideale, tra un conformismo della riproduzione culturale (dei modelli culturali dominanti) e un conformismo del consumo. L’altro si dispone su un continuum che va dal conformismo minimo imposto dal vivere civile in condizioni di libertà (democrazie liberali) al conformismo massimo imposto da un potere dispotico o tirannico o totalitario (come in varia misura si riscontra nei regimi dittatoriali)”.
Come si può ben dedurre il concetto presenta, oltre le parole della scienza sociale, una pregnanza e una capacità di condizionamento che rischia di abbracciare l’intera vita di ognuno di noi in rapporto alle strutture e alle associazioni umane. Il concetto di conformità, si riscontra in un’accezione più lata, a indicare la neutralizzazione delle differenze comportamentali a opera di influenze sociali, e in un’accezione più specifica, per cui s’intende l’interiorizzazione di norme, modelli di comportamento e aspettative di un gruppo a opera dei suoi membri.
Ritornando sulla terra, per così dire, è facile riscontrare nella nostra quotidianità forme mutevoli di questo concetto che contrasta fortemente la libera convinzione dell’individuo e che manifesta la pericolosa acquiescenza ai modelli dominanti o a quelli che si ritengono tali nello spazio e nel tempo.
Esempi evidenti di questa situazione sono quelli che impediscono l’analisi approfondita di periodi storici al fine di comprenderne appieno la natura, come nel caso dell’analisi storica di momenti tragici per una collettività. O ancora, nel contemporaneo, l’evidente ricerca di parole d’ordine, di indicazioni più o meno convincenti per tentare di avere risposta ad esigenze, bisogni sociali e via dicendo.
Fenomeni come il riflesso condizionato di una parte politica che da decenni si arroga il diritto di ostracismo verso chi si pone in contrasto ne sono elemento distintivo e conformista e non come si continua a sostenere rispetto per le norme costituzionali del vivere civile. Oppure nascita ed evoluzione di movimenti indicati come novità politica e che invece altro non sono che il realizzarsi attraverso forme nuove del consueto bisogno di “appartenere” di indicarsi come qualcosa di distinguibile per individui e collettività. Nel primo caso ci si riferisce alla sinistra nel suo insieme. Nel secondo ai cinquestelle. Ma il concetto vale anche per l’altra parte politica, il centrodestra e la destra, dove le categorie costituiscono anche esse strumenti di conformismo. Pensiamo alla sintesi distorta e non assodata nei confronti di fenomeni come l’immigrazione e l’ordine pubblico. Qui si manifestano visioni contrastanti con il sistema prevalente, ma ci si conforma allo stesso tempo a stereotipi che impediscono l’analisi chiara e approfondita di fenomeni che nessun letto di Procuste è in grado di contenere.
Qualche spunto di riflessione dunque, per affrontare qualcosa che è nel dna
dell’uomo in comunità, sia essa sociale, politica e oltre. Ci fermiamo qui, per non rischiare di cadere, per così dire, nel “conformismo”!