Scienza

Tre ricercatrici italiane isolano il coronavirus. Si avvicina il vaccino

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Un’epidemia che si contagia anche con l’ignoranza e con fake news

Confessiamolo, quando siamo esposti mediaticamente ad un avvenimento di portata planetaria diventiamo tutti grandi esperti, insomma siamo dei veri ‘tuttologhi’ e non fa eccezione la cronaca di questi giorni sul coronavirus di cui si parla molto, ma se ne sa assai poco.

Fino a ieri erano 2820 i casi confermati contagiati dal virus cinese, ma stando all’ultimo aggiornamento dell’Ecdc (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) secondo i dati più aggiornati, sarebbero stati già 81 i morti, tutti in Cina, contagiati 2775 casi sempre in Cina, 8 in Tailandia, 5 negli Stati Uniti, 5 in Australia, 5 a Taiwan, 4 in Corea del Sud, 4 a Singapore, 4 in Malesia, 3 in Francia, 3 in Giappone, 1 in Canada, 2 in Vietnam, 1 in Nepal.

Almeno fino a ieri. Notizie che hanno creato in tutto il mondo un vero allarme igienico sanitario con forme di parossismo, tant’è che i ristoranti cinesi sempre affollati, solo per fare un esempio, sono in tutta Europa, letteralmente deserti, per la paura remota di rimanere infettati, per non citare forme di vero razzismo nei confronti dei cinesi come portatori del virus o dei loro prodotti.

L’ignoranza non ha veramente limiti!

Poi il miracolo: il 31 gennaio, tre scienziate italiane hanno dato l’annuncio di aver isolato il virus, anche se per correttezza bisogna dire che nel mondo c’erano già stati risultati positivi nella stessa Cina, in Germania ed in Francia, ma questa nostra scoperta permette di verificare come il virus si stia modificando, dando finalmente la possibilità concreta per la creazione di un vaccino, anche se ci vorrà ancora tempo, con le relative cure.

Il team di ricercatrici italiane, con un’altissima specializzazione che non nasce certo dall’improvvisazione, ha ottenuto un risultato di cui si avvantaggerà il mondo.

Questo gruppo di ricerca è composto da tre donne che meritano di essere nominate come la dottoressa Maria Capobianchi, capo del Laboratorio di Virologia dello Spallanzani e le due ricercatrici Concetta Castilletti, responsabile dell’Unità virus emergenti dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive capitolino e Francesca Colavita, ricercatrice 30enne precaria, ma con un importante curriculum come studiosa.

Grazie a questa scoperta: “Ora i dati saranno a disposizione della comunità internazionale – ha spiegato il direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani Giuseppe IppolitoSi aprono spazi per nuovi test di diagnosi e vaccini. L’Italia diventa interlocutore di riferimento per questa ricerca“.

A margine però di questa tragedia umana che ha coinvolto milioni di persone specialmente in Cina, bisogna sottolineare che ci sono sempre gli imbecilli di turno che si divertono a trasmettere, tramite social, notizie false e allarmanti confondendo notizie mediche a notizie di pseudo cronaca, ovviamente tutte rigorosamente false insieme a quelle delle onnipresenti “teorie cospirazioniste” che possono creare un serio pericolo per chi dovesse crederci.  

Una situazione allarmante, tanto da impegnare l’Oms (Organizzazione della sanità mondiale) ad intervenire per identificare le dicerie più diffuse che senza alcuna base scientifica danno informazioni al di là di ogni evidente verità scientifica.

Ma c’è una no fack news sulla quale vale la pena di riflettere.

Quattro mesi fa la prestigiosa università americana John Hopkins University aveva presentato alla Casa Bianca uno studio su di una ipotetica epidemia che avrebbe avuto il suo focolaio proprio in Cina con caratteristiche assai simili a quella scatenata nella città di Wuhan.

Lo studio era nato dall’esigenza di sensibilizzare l’opinione pubblica su come il mondo non è assolutamente preparato per una vera e propria pandemia non essendoci a livello globale gli strumenti per combatterla efficacemente e dove l’unico strumento valido rimane ancora la classica la prevenzione.

Nel documento, tra le varie voci, c’è quella preoccupante dove si stimavano, in una prima fase dell’epidemia, una mortalità almeno di 150 milioni di individui – il 2% della attuale popolazione mondiale – che, insieme alla qualità della salute sul pianeta, avrebbe colpito anche l’economia creando una recessione mondiale senza precedenti tanto che al cospetto quella del 2008 sarebbe sembrata uno scherzo da ragazzi.

Speriamo che il tutto rimanga solo come una ipotesi di studio, intanto, a margine ricordiamo che con questo virus noi italiani abbiamo già perso almeno 14 miliardi di euro tra le esportazioni del settore agro alimentare e il turismo.

Intanto si aumentano paure e precauzioni.

Speriamo che la bomba epidemica a catena che incombe su di noi aiuti i nostri politici a comprendere che, oltre che confidare nella scoperta al più presto del vaccino in grado di disinnescarla, allo stato, davanti a fenomeni del genere, siamo tutti; e che e loro dovere impegnarsi, oltre che in una migliore medicina preventiva e maggiori controlli, in più lungimiranza, programmazione e altruismo.

È fondamentale che l’informazione scientifica circoli liberamente nei e tra i centri di ricerca, senza meschini egoismi o reticenze nazionalistiche, dando un senso agli sforzi di chi combatte in prima fila per la salute pubblica.

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