Storia

Quando il Carnevale era una vera trasgressione

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Una festa ormai senza i simboli e senza i valori della tradizione

Parlare oggi del Carnevale come festa trasgressiva fa sorridere, in un mondo dove la trasgressione è all’ordine del giorno, ormai non ha più quei significati delle tradizioni popolari che hanno attraversato la storia dell’umanità, riducendola di fatto ad una festa retorica e banale come tante altre svuotata del suo valore simbolico.

Oggi questa festa si ricorda solo per i bambini che si travestono con le maschere per rappresentare quasi sempre i loro idoli nati dai cartoons o per gettare lungo le strade mucchi di coriandoli variopinti. In proposito, forse pochi sanno, che l’idea venne a due ingegneri piemontesi Enrico Mangili ed Ettore Fenderl nel 1875 di utilizzare i dischetti di scarto dei fogli bucati per le lettiere dei bachi di seta come elementi colorati da lanciare in sostituzione dei frutti del coriandolo – da cui prendono il nome –  usati fino ad allora.

Nasceva così, il business dei coriandoli.

Ma torniamo al significato del Carnevale scoprendo che, a parte il nome e alcune caratteristiche locali, è un periodo dell’anno che ritroviamo un po’ in tutto il mondo e a qualsiasi latitudine.

Da noi in Italia, ad esempio, l’origine si perde nella notte dei tempi arrivando agli albori dell’antica Roma con le feste dedicate al dio Saturno, i famosi saturnali, celebrati un po’ da tutti i poeti latini.

Era un periodo di festa non fine a se stessa come oggi, ma legata al rinnovamento simbolico della Natura. L’anno cominciava agli inizi di marzo in concomitanza con l’arrivo della primavera, un periodo di transizione dove il Caos sostituiva per un breve tempo l’ordine costituito delle cose, il Cosmo, e per esprimere questo movimento nacquero, tra l’altro, anche le sfilate dei carri allegorici che rappresentate inizialmente le forze del Caos che contrastavano la rinascita dell’universo, per poi trasformarsi, lungo il percorso, come portatori di ricchezza e di gioia. Non dimentichiamo che il dio Saturno rappresentava anche la famosa ‘Età dell’oro’.

Ogni nuovo anno è, per la cultura di ogni popolo, la ripetizione dell’evento cosmogonico così come i combattimenti rituali fra due figuranti, la presenza dei morti, fino ad arrivare alle le orge, sono tutti elementi che denotano la confusione che tra la fine dell’anno e l’attesa del nuovo anno si vive replicando i tempi mitici del passaggio come affermava lo storico delle religioni Mircea Eliade con “il mito dell’eterno ritorno”.

In questa nuova nascita tutto si capovolgeva anche socialmente: era uso a Roma che i servi indossassero gli abiti dei loro padroni e viceversa dando vita a quello che poi diventeranno le maschere del Carnevale, dove nessuno era più se stesso, ma rappresentava l’altro.

Durante i saturnali veniva prescelto anche un” princeps che potesse raffigurare la caricatura della classe nobile e al quale veniva temporaneamente concesso ogni sorta di potere per burla, come, oggi è il più innocuo Re del Carnevale.

Questo princeps vestiva, tra l’altro, una maschera che raffigurava Plutone, il dio degli inferi, re delle anime dei defunti, ma, con la tipica della ‘contraddizione’ del mito, anche la divinità protettrice delle coltivazioni e dei raccolti.

Oltre questi simboli mitologici era anche la festa più esagerata e variopinta dell’anno, dove tutto era permesso senza limiti dove il gioco, lo scherzo, la decenza e la finzione diventavano, per un po’, la regola con il celebre il motto che “a Carnevale ogni scherzo vale”.

Di questa battaglia tra caos e cosmo troviamo ancora tracce in Sardegna con due maschere che sfilano durante il carnevale di Mamoiada: una rappresenta il caos e l’altra il cosmo rispettivamente i Mamuthones cheavanzano nel corteo della festa spossati e in silenzio, come degli schiavi in catene, mentre gli Issohadores vestono in una foggia più colorata prefigurando il ritorno dell’ordine naturale.

Per capire più a fondo il significato del Carnevale e ciò che rappresentava in passato per la gente, sappiamo che il suo nome deriva dal latino medievale nel quale il nome carnevale “carnem levare”, letteralmente significa “togliere la carne.

Un’espressione che può sembrare cruenta, ma che in realtà indica solamente l’ultimo momento di goduria di poter mangiare ancora carne il Martedì Grasso prima di entrare nella Quaresima, periodo di penitenza e di astinenza.

I significati di questa festa, come è chiaro, sono tantissimi potremo parlare dei dolci carnascialeschi come le buonissime chiacchere fritte o delle improvvisazioni poetiche che si svolgevano con veri e propri tornei e, ricordando proprio i tempi passati, vogliamo concludere questa breve introduzione al Carnevale con una poesia scritta da uno cantori moderni del dialetto romanesco, Armando Luciani:

Er carnovale

Er carnovale è un tempo de cuccagna

Indove tutto gira a la rovescia:

Ogni cristiano ha da lassà la prescia

E godesse la festa e quer che magna.

Se scorda puro tutta la micragna

De ‘na vita che ruzzola sghimbescia,

E der veleno dorce che je mescia

E lui se ignotte senza che se lagna.

So’ ‘li ricordi de li Saturnali,

Quanno l’antichi, pieni de raggione,

Sfogaveno l’istinti più animali.

Er servo a cavacecio der padrone,

Ammascherati a fa li baccanali…

Ma Quaresima bussa giù ar portone.

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