Cronaca

TURCHIA: IL RICATTO DEL SULTANO

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La decisione del Presidente turco Recep Tayyip Erdogan di “invitare” centinaia di migliaia di profughi a muoversi verso i confini di Grecia e Bulgaria, rappresenta una pistola alla tempia della fragile Europa già sconquassata dall’epidemia del Coronavirus. Dallo scorso 27 febbraio carovane di uomini, donne e bambini stanno cercando di varcare le frontiere tra Turchia ed Unione Europea, nonostante nel 2016 sia stato siglato un accordo tra le istituzioni di Bruxelles e quelle di Ankara che prevede l’elargizione di circa 6 miliardi di euro in diverse tranche nelle casse del paese anatolico in cambio del contenimento dei profughi sul proprio territorio. Un accordo che sostanzialmente per quasi un lustro ha retto ma che ora, dopo la morte di oltre trenta militari turchi uccisi dall’aviazione siriana nell’enclave di Idlib nel nord della Siria, sembra pericolosamente vacillare, riaprendo di fatto la cosiddetta rotta balcanica, strada agognata da milioni di disperati alla ricerca del sogno europeo. Un blitz effettuato dal regime di Damasco in accordo con il Cremlino per ripulire il proprio territorio dalle ultime sacche di resistenza legate ai movimenti fondamentalisti islamici, che proprio nel nord-ovest del paese avevano trovato il loro ultimo rifugio, supportati dall’esercito della Mezzaluna, nonostante la presenza di migliaia di civili incolpevoli delle evoluzioni politiche in atto nella regione. Secondo gli operatori umanitari, la situazione nelle zone di confine e’ a dir poco disperata. Le autorità di frontiera greche e bulgare stanno respingendo con la forza questo esodo, ma e’ soprattutto la popolazione locale a bloccare l’afflusso dei profughi. Bande di uomini mascherati hanno sabotato dei gommoni diretti verso l’isola di Lesbo limitrofa alle acque territoriali turche, causando anche la morte di un bambino. Un comportamento cinico dettato dall’insofferenza sempre più manifesta tra le comunità di un triangolo di nazioni che da secoli si fronteggiano senza esclusione di colpi. Il ricatto messo in atto dal Sultano di Ankara e’ anche il segno di un profondo isolamento della sua leadership a livello internazionale. Nella partita tra le grandi potenze globali, Erdodan si era alleato strategicamente con Putin, per contrastare l’influenza americana che dalla seconda guerra mondiale ha portato la Turchia nel patto NATO. Un legame diventato sempre più flebile dopo il fallito golpe ai danni del Presidente turco avvenuto nel luglio 2016. Un putsch orchestrato secondo i vertici di Ankara da militari legati al predicatore Fetullah Gulen con il consenso della CIA. Senza le sponde internazionali delle due superpotenze globali USA e Russia, il leader turco ha deciso cinicamente di giocarsi la carta dei migranti spingendoli verso l’Europa. Un modo per riaffermare la sua influenza nella regione, mettendo pressione ai paesi del Vecchio Continente scomparsi dai radar della politica mediorientale. In questo contesto il silenzio assordante di Berlino e’ la nota più significativa della debolezza europea, mentre il Presidente francese Macron ha invece manifestato il suo pieno sostegno agli sforzi di contenimento dei profughi messi in atto da Grecia e Bulgaria. Una partita giocata sulla pelle di milioni di disperati, il cui esito deciderà con tutta probabilità le sorti della leadership di Erdogan nel prossimo futuro.

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