Bergamo, Brescia, Lombardia, Italia. L’epicentro di questa pandemia che sta flagellando il pianeta. Migliaia di morti, ospedali al collasso, senso di panico che attanaglia i cittadini.
Dal dopoguerra ad oggi mai siamo stati messi alla prova da una situazione sanitaria cosi disperata. Una crisi destinata a lasciare un segno indelebile, con i suoi strascichi di insicurezza e depressione. Tralasciando la conta delle vittime e della previsione degli scenari futuri che, inevitabilmente, saranno assai cupi.
Le emergenze internazionali (quelle che non finiscono in prima pagina) stanno mietendo nel mondo più vittime che l’epidemia Covid-19.
America Latina: in Brasile dallo scorso anno 320.000 persone sono state contagiate dalla febbre Dengue; un male che potrebbe essere tranquillamente debellato con adeguate campagne di vaccinazione. Questa forma di malaria però colpisce soprattutto gli indios dell’Amazzonia e dunque gli stanziamenti per le cure sanitarie a loro favore che dovrebbero essere erogati dal governo guidato dal Presidente Bolsonaro (quello che ha definito l’Italia un paese di vecchi e dunque maggiormente predisposto agli effetti collaterali del Coronavirus), sono assolutamente inadeguati. Nonostante le popolazioni indigene, che abitano quelle foreste, siano la principale difesa e il garante
dell’equilibrio della biosfera del pianeta, che si regge proprio sulla capacità delle foreste pluviali d’assorbire l’anidride carbonica prodotta dall’industrializzazione e dal suo conseguente inquinamento. Fenomeno peraltro aggravato dalla politica di disboscamento incentivata dal governo di Brasilia.
Medio-Oriente: in Yemen la guerra civile in corso dal 2015 ha causato più di 100.000 morti; la maggior parte dei quali civili, debilitati da malattie e carenza di generi alimentari. Un campo di battaglia che vede confrontarsi i due paesi maggiormente rappresentativi delle famiglie dell‘Islam, Arabia Saudita ed Iran; potenze regionali ma armate fino ai denti dagli arsenali occidentali, russi e cinesi. Business is business, con buona pace delle vittime civili.
Africa: in Egitto la popolazione cresce di mezzo milione al mese, nonostante il paese dei Faraoni sia sull’orlo del collasso, strangolato da una dittatura e con un’economia indebolita, legata indissolubilmente al sempre più flebile Nilo che, a causa del restingimento del suo flusso d’acqua, dovuto alla costruzione di nuove dighe in Etiopia, dalle cui montagne il grande fiume nasce. Uno scenario apocalittico le cui coseguenze interesseranno l’Europa che dovrà, suo malgrado, gestire nel prossimo futuro flussi enormi di disperati. Rimanendo nel Continente Nero, secondo l’ultimo report realizzato dall’IRC, l’Interantional Rescue Committee, la Repubblica Democratica del Congo nel corso del 2020 sarà colpita da una crisi umanitaria che che interesserà il 17% della popolazione, quasi 16 milioni di persone, bisognose di assistenza e di beni di prima necessità. Senza dimenticare l’aggravarsi dell’epidemia di Ebola che dall’agosto del 2018 ha causato la morte di oltre 2.000 persone. La lista delle emergenze che attraversano l’Africa potrebbe durare all’infinito, anche perché i singoli Stati non sono assolutamente attrezzati ad affrontare le emergenze che colpiscono i propri cittadini. Spesso il lavoro sul campo è delegato ad organizzazioni umanitarie come Save The Children e Medecins Sans Frontieres; ques’ultima tirata meschinamente in ballo da “autorevoli” commentatori italiani che lamentavano lo scarso impegno nel fronteggiare l’epidemia di Coranavirus nel nostro paese. Pseudo giornalisti, pagati profumatamente dai soldi degli italiani, che prima d’esprimere opinioni non hanno avuto il buon senso di vedere quello che MSF sta facendo a Lodi e Codogno o Emergency a Brescia e Milano. Come se questo flagello non ci avesse insegnato che davanti alla diffusione di un virus non esistono frontiere. Una lezione che stiamo pagando a caro prezzo come ci raccontano le cronache quotidiane che ci arrivano dalle regione più colpite dal Covid-19.