Come in guerra autarchie ed egoismi nazionalisti portano solo verso la catastrofe
La sfida più grande che apparentemente non si vede, ma sotto traccia fa sentire tutta la sua forza, in questa gravissima crisi nazionale e internazionale al tempo stesso, è quella di mantenere la barra dritta pur negli inevitabili scossoni che metteranno a dura prova. Dalla pandemia si può uscire tutti insieme, si deve uscire tutti insieme, nessuno deve essere lasciato indietro. Quello al quale stiamo assistendo viene paragonato a catastrofi naturali, a guerre, alla ricerca delle possibili ragioni per avere una guida che possa aiutare ad uscire dal pantano. E’ solo una lettura degli avvenimenti.
La realtà è che l’umanità del terzo millennio si trova dinanzi agli stessi dilemmi dell’umanità primitiva: la paura dell’ignoto, il panico per l’inconoscibile, la sensazione della finitezza e della debolezza del nostro essere. Ma soprattutto si trova davanti ad una sfida che forse le generazioni passate non hanno provato. La civiltà dell’uomo, in questi anni ha fatto passi da gigante, gli strumenti dei quali dispone sono incommensurabili rispetto al passato. La capacità di conoscere e comprendere l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande hanno raggiunto livelli mai visti prima, come anche la possibilità attraverso il raziocinio, la conoscenza, di affrontare le sfide in modo diverso, potremmo dire più laico a confronto con l’innata e comprensibile necessità di affidarsi a qualcosa di superiore, dunque ad una risposta religiosa in senso ampio. Un habitus che non deve confliggere con il bisogno di certezze escatologiche che permea da sempre l’animo umano ma che deve dare risposte chiare e leggibili con la scienza e con la tecnica. Immaginare uno scontro, di nuovo, ancora una volta tra queste due posizioni sarebbe la risposta peggiore e probabilmente la sconfitta definitiva dell’umanità.
I rischi sono evidenti leggendo e guardando come ogni paese reagisce e si muove, come ad ogni latitudine si avvertono gli stessi scricchiolii. Autarchie e nazionalismi sono il peggior nemico dinanzi ad un evento globale e non vanno confusi con le necessarie limitazioni che la nostra vita quotidiana sta subendo perché forieri di catastrofe e soprattutto di contrapposizioni inutili.
Il momento che viviamo deve invece permettere di far emergere l’umanità che ci accomuna, senza la ricerca di capri espiatori ma allo stesso tempo ricercando il perché, il come e il dove tutto può aver avuto origine. Conoscere, accertare, per prevenire e soprattutto nell’attuale momento peggiore, avere capacità di unire gli sforzi senza confini verso l’obiettivo comune .
E’ un punto di svolta, a suo modo epocale, della storia umana dalla quale si può uscire migliori purché non prevalgano egoismi, particolarismi, presunte superiorità virtuose che la pandemia sta sciogliendo come neve al sole. Isolare, lasciare da soli, non aiuta tutti ma danneggia tutti. Sentir parlare di pieni poteri, come in Ungheria, dovrebbe far saltare sulla sedia tutti i leader mondiali ed europei. Il paese è piccolo, ma il significato è grande e mondiale. E’ una scorciatoia che la storia non può accettare.
Al nostro livello nazionale e continentale, la evidente divisione dell’Unione sui modi e i termini con i quali affrontare la crisi economica drammatica che si sta delineando – e che non risparmia nessuna area del mondo – è il segno dell’incapacità di capire qual è la sfida che abbiamo davanti. Arroccarsi su posizioni rigide pensando di essere più forti non porterà da nessuna parte e anzi porterà danni incalcolabili a chi se ne assume la responsabilità. E’ l’intero castello politico ed economico che deve essere riavviato su basi nuove, non soltanto pensare di passare la nottata. Dazi, barriere, che non siano quelle di tipo sanitario sono la risposta sbagliata e le risorse necessarie ad uscire dalla crisi devono venire da tutti ed ovviamente chi ha di più deve dare di più. Farlo costruendo metodi e sistemi comuni che alleggeriscono e diluiscono gli impegni di ognuno è certamente la migliore risposta.
E’ questa la sfida alla quale si trova davanti l’Unione Europea e l’Italia in essa e di fronte ad essa. La casa comune deve essere salvata, ma è evidente che non si può fare con rattoppi e ricami. Le strutture portanti devono essere adeguate ai tempi, coniugate in modo nuovo. E’ una vera rivoluzione quella che ci attende come italiani e come europei ed un banco di prova definitivo per l’idea stessa dell’Europa unita. O si esce insieme dalla crisi o non si esce. L’Europa è al bivio più importante della sua storia e l’Italia, insieme agli altri grandi stati fondatori ha un ruolo cruciale: mantenere la rotta e arrivare ad una sorte comune non solo economica. E’ l’unico modo per riuscire a contare nel mondo che senza Europa perderebbe molto più di quanto banchieri e strateghi politici possano ritenere. Per l’Italia la sfida è doppia: convincere l’Unione a percorrere una strada nuova di maggior coesione e cooperazione e dare finalmente slancio alla riforma e all’ammodernamento delle proprie strutture: contenere e ridurre il debito non solo si può ma si deve per avere l’autorevolezza che spetta al Paese nel consesso comune. Superata la crisi pandemica anche con gli strumenti comuni , la sfida tornerà ad essere la stessa. Non è solo a rischio la tenuta dell’Unione, ma anche la sorte stessa dei paesi che ne fanno parte come noi. E non possiamo permetterci il lusso di perderla!