Si nascondeva sotto falso nome a pochi chilometri da Parigi. Felicien Kabuga, 84 anni un tempo l’uomo più ricco del Ruanda, tra i principali artefici del genocidio del 1994 costato la vita ad oltre un milione di persone, è stato arrestato dalla polizia francese. Ritenuto responsabile di crimini contro l’umanità, per aver pianificato e finanziato, sovvenzionando acquisti di armi e sponsorizzando radio Mille Colline, l’emittente che dal 6 aprile a fine luglio di 26 anni fa, ha quotidianamente invitato le milizie estremiste hutu ad eliminare la popolazione tutsi del paese, facendo del proprio palinsesto un campionario d’orrori da far rabbrividire la pelle. Un personaggio protetto da servizi segreti di diversi paesi che, in questa ultraventennale latitanza, gli hanno consentito, prima di soggiornare in Kenya protetto da amici imprenditori e poi di essere accolto sotto falso nome in Francia, dove ha vissuto fino a pochi giorni fa in un esilio dorato. Ora lo aspetterà un processo presso la Corte dell’Aja, l’organismo deputato a pronunciarsi riguardo ai crimini di guerra della mattanza ruandese. Sui banchi del tribunale internazionale ora sono attesi altri personaggi del regime hutu di quegli anni, come l’ex Ministro della Difesa Augustin Bizimana e l’ex capo della guardia presidenziale Protais Mpiranya, ancora latitanti. In quella primavera di sangue, l’etnia tutsi, allevatori di bestiame dai lineamenti alti ed affinati rappresentanti il 20% della popolazione del paese, elevati a punto di riferimento statuale dai colonizzatori belgi, fu sterminata dalle frange estremiste hutu, l’etnia maggioritaria che deteneva il potere dalla rivoluzione del 1959. Un genicidio che ha falcidiato anche centinaia di migliaia di cittadini hutu moderati, a cominciare dal Primo Ministro dell’epoca, Agathe Uwilingiyimana, trucidata insieme a 10 Caschi Blu dalle bande Interahamwe armate di machete. Una ferita impossibile da suturare, nonostante gli sforzi di riconciliazione etnica promossi dal Presidente Paul Kagame, il leader tutsi vincitore della guerra civile scaturita dal massacro del 1994. Una figura controversa, che ha saputo ridare slancio all’economia ruandese ma che sconta il suo passato militare, quando a capo delle milizie tutsi rifugiatisi in Uganda, ha saputo sconfiggere le formazioni nemiche, arrivando al vertice del potere. Una vittoria a luci ed ombre, con i riflettori puntati sul suo carisma e sulla sua capacità di normalizzare la comunità, ma con altrettanti coni d’ombra riguardo al presunto ruolo avuto nello spingere migliaia di famiglie hutu all’esilio, attraverso una lunga marcia verso la regione dei Grandi Laghi. Un esodo che ha letteralmente inghiottito nella foresta pluviale della parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, almeno 200mila persone, depredate dalle stesse bande hutu che avevano scatenato il genocidio e che nel frattempo si erano rifugiate nel paese limitrofo. La cattura, dopo oltre un quarto di secolo di latitanza, di Felicien Kabuga ed il prossimo processo a suo carico sarà anche l’occasione per far luce sulle responsabilità nelle stragi del 1994 di alcuni paesi europei, a cominciare dalla stessa Francia. Le milizie hutu infatti erano state addestrate da ufficiali transalpini, anche se il Governo di Parigi ha sempre negato di aver avuto un ruolo attivo nello sterminio dei tutsi.
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