Nonostante i nostri tanti errori ed incompetenza in questa crisi
Quando la stampa straniera accende i riflettori sulla nostra economia non è mai un buon segno, significa che stiamo in una situazione difficile, anzi, a leggere il Washington Post, non siamo più neanche alla classica frutta, ma hanno già sparecchiato la tavola.
In breve una situazione drammatica oltre ogni emergenza, ma con il Governo, o presunto tale, che insiste con opere faraoniche di investimenti, ovviamente solo sulla carta, da elargire su tutto il territorio per rilanciare il Paese anche se privo di un qualsiasi piano concreto di sviluppo.
E se poi, dopo due mesi di tali promesse a pioggia da parte delle autorità, pochissimi italiani sono stati bagnati da questa pioggerella, o se migliaia di attività chiudono, la colpa è solo della burocrazia, delle regioni, del Coronavirus o semplicemente degli italiani che pretendono ancora di mettere pranzo e cena insieme.
Certamente, al di là delle italiche contestazioni al governo, la situazione economica mondiale nel suo insieme è tale da destare gravi allarmi per la sua tenuta finanziaria e, dunque, in breve anche sociale.
Quest’anno, una locomotiva mondiale come la Cina, dopo trent’anni dal nuovo corso economico dettato da Deng Xiaoping, per la prima volta non ha definito il piano economico per il prossimo anno a causa dell’incertezza dei mercati. A questo si aggiunga il crollo degli Stati Uniti che in appena due mesi di Coronavirus sono entrati in una crisi economica devastante con almeno trenta milioni di disoccupati come non si vedeva dalla celebre crisi del 1929.
Tuttavia la vera malata nello scacchiere mondiale economico sembra essere la vecchia Europa che versa in unaprofonda crisi non solo per il Coronavirus, ma per la sua mancanza di identità politica che non le permette di uscire dalla propria ristrettezza di vedute con la sua fallimentare politica di austerity e la mancanza di solidarietà per meri interessi nazionali. Oltre a una burocrazia addirittura più complessa di quella italiana, il che è tutto dire, che condanna il Continente ad una inevitabile recessione con una conseguente irrilevanza mondiale nei prossimi anni; a meno che non si provveda a una improvvisa spinta di rilancio economico.
Un futuro non certo roseo anche per quei Stati europei che oggi si ritengono virtuosi e pensano di salvarsi a scapito degli altri partener, senza capire che nella Ue ci si salva tutti insieme o è la fine.
Vista la situazione, la crisi del 2010 /2011 non ha insegnato niente, si continuano a commettere gli stessi errori senza cercare nuovi strumenti economici per adeguarsi ad una situazione emergenziale non accorgendosi che la situazione è completamente cambiata e, se possibile, è ancora più grave.
L’effetto Draghi con il suo bazooka, quando ha salvato dall’implosione Stati come l’Irlanda, la Spagna, il Portogallo e ovviamente l’Italia e la stessa moneta Euro, sembra un ricordo lontano. Una situazione che per qualche tempo ha funzionato grazie alla ritrovata fiducia dei mercati, con il rischio finanziario ridotto e con lo spread in netta discesa specialmente per noi italiani.
Peccato che l’impianto economico era assai fragile.
Infatti, tutto il castello finanziario dipendeva dal fattore di una crescita costante senza interruzioni. Una eresia per molti economisti, tant’è vero che è bastato un virus per interrompere in modo drammatico questo indice di crescita insieme al boomerang di una profonda recessione.
Per tutto quest’anno, solo per fare qualche esempio, il Pil dell’economia tedesca subirà una contrazione dell’8%, quella francese del 10%, quella spagnola e greca del 15% infine quella italiana del 18% con l’aggiunta del crollo della fiducia dei consumatori e con relativo deficit che si è ampliato enormemente.
Come in una famiglia già indebitata, quando si avvera una coincidenza di economie in crisi e con il deficit in espansione si ha l’aumento matematico del costo del debito, già molto elevato e in continua crescita; il tutto con le risorse per un eventuale sviluppo ridotte a zero.
Il rapporto Capital Economics (È una importante società di consulenza di ricerca economica con sede a Londra, ndr) stima il debito per il 2020 al 73 % del PIL per la Germania, al 120 % per la Francia, al 180 % per l’Italia e infine al 222 % per la Grecia.
Sorge a questo punto la domanda, ma è mai sostenibile un simile deficit?
La risposta è molto semplice: fino a che hai il credito dai mercati interni ed esteri sei sostenibile, fosse anche il 1000 per 1000 di deficit, insomma una nazione è coperta; altrimenti in breve è la catastrofe.
Per questo occorre subito, oggi come non mai, che il debitore sia un soggetto credibile ed affidabile.
In questo quadro l’Italia e la Grecia portano la maglia nera e sono al limite del default.
Per quanto riguarda specificatamente il nostro Paese se la situazione dovesse continuare con un debito sempre più stellare bisognerebbe organizzare, in previsione, un salvataggio finanziario lacrime e sangue altrimenti, come ormai è chiaro per molti osservatori internazionali, a queste condizioni verrebbe meno la possibilità di rimanere in area euro e diventeremmo un elemento di instabilità non solo finanziaria, ma anche sociale.
Uno scenario certamente drammatico che proprio in virtù del nostro elevato debito – lo scriviamo come paradosso – potrebbe essere la nostra salvezza.
L’Italia, in Europa, è il terzo Paese manifatturiero e anche il terzo mercato di consumi della Ue, il crollo dell’Italia significherebbe per molti Stati un tracollo per le esportazioni verso di noi, inoltre, se per una ipotetica inadempienza dovessimo uscire dalla moneta unica saremmo certamente in buona compagnia con altri Paesi Ue come noi, fortemente indebitati.
A questo punto qualcuno avanza la proposta che il vecchio ‘Stivale’ non può cadere, ma deve essere “salvato” e rimesso in grado di ripartire per non creare traumi ai mercati internazionali.
Un problema di non facile soluzione, bisogna dirlo subito.
Se per salvare, si fa per dire, la piccola Grecia sono occorsi qualche centinaio di miliardi nel suo insieme, per l’Italia facendo due semplici conti non basterebbero qualche trilione di miliardi, una cifra mostruosa, avendo una struttura socio economica assai superiore a quella della Grecia.
A questo punto, però, il problema potrebbe complicarsi e non solo per noi.
Una nazione forte – leggi Germania -, dopo la ormai famosa sentenza della Corte costituzionale tedesca, non avrebbe più le mani libere per intervenire nel salvataggio e se la nazione più forte non dà il suo contributo cadrebbero come birilli altre nazioni e di fatto si metterebbe fine all’esperienza dell’Euro e forse della stessa idea di Unione Europea.
Un problema che dovrebbe far riflettere anche i famosi presunti Paesi virtuosi.
Per onestà, però, noi italiani non possiamo imputare solo all’Europa ‘cattiva’ la nostra difficile situazione, sarebbe ingiusto.
Molti dei problemi che gli europei ci imputano sono purtroppo veri ed è bene che l’Italia faccia la sua autocritica di questi ultimi anni.
Quando cadde il governo Berlusconi, per i famosi fatti del 2011, il nostro debito era pari al 124% del Pil, una cifra enorme che i governi seguenti si impegnarono solennemente ad abbassare grazie ad una loro politica attenta e lungimirante, ma il risultato è stato assai deludente: nonostante nove anni di promesse il nostro debito è arrivato al 134.8 % nel 2019 con una tendenza a salire fino a 158% solo questo anno e, secondo molti analisti, è destinato ancora a crescere.
Si dirà colpa del Coronavirus se il debito aumenterà di oltre 24 punti con il relativo crollo del Pil, purtroppo non è così, o meglio, non è solo la pandemia ad aver creato questa situazione.
Sono stati 10 anni in cui i governi che si sono alternati alla guida del Paese hanno perso non solo occasioni importanti di rilancio, ma sono stati lontani dal contatto con la realtà economica del Paese; soldi buttati a pioggia, infrastrutture essenziali mai finite, salvataggi di imprese decotte; siamo gli ultimi a sfruttare i fondi comunitari per progetti che non abbiamo e quei pochi li gestiamo pure male.
Non siamo stati capaci in questi ultimi decenni di affrontare delle serie e urgenti riforme come quella della giustizia che, insieme a una tassazione abnorme, penalizza l’intero Paese.
Potremmo ovviamente continuare questo triste rosario di occasioni mancate con una classe dirigente che non crediamo sia all’altezza delle sfide enormi come la gestione di miliardi che dovrebbero, è bene usare il condizionale, arrivare alle nostre casse esangui dall’Europa per ripartire economicamente, ma a tutt’oggi sfido a trovare un solo progetto di grande respiro per il rilancio del Paese per allocare in maniera concreta ed intelligente questi soldi e non sprecarli come al solito.
Con questi risultati poco brillanti, per usare un eufemismo, abbiamo perso sempre più credibilità internazionale specialmente verso i nostri partener dell’Unione Europea di cui, non dimentichiamolo mai, siamo tra i Paesi fondanti.
Non c’è, purtroppo, ormai un solo vero tavolo decisionale dove il nostro Paese partecipa come una forza proponente, siamo invece chiamati solo a cose fatte ed accettare decisioni prese da altri.
Purtroppo, questa è la situazione ai nostri giorni.
Per fortuna, si fa per dire, se tenerci nell’Euro costa caro, cacciarci è ancora peggio.