La parola della settimana
L’origine del vocabolo è legata all’azione di proselitismo religioso (ovvero alla propagazione della fede). Nel dizionario si sottolinea in generale come l’azione che tende a influire sull’opinione pubblica e i mezzi con cui viene svolta. Per consuetudine ha un’accezione non propriamente positiva identificando un tentativo deliberato e sistematico di plasmare percezioni, manipolare cognizioni e dirigere il comportamento al fine di ottenere una risposta che favorisca gli intenti di chi lo mette in atto.
La propaganda, in questo senso utilizza tecniche comunicative che richiedono competenze professionali, nonché l’accesso a mezzi di comunicazione di vario tipo, in particolare ai mass media, e implicano un certo grado di occultamento, manipolazione, selettività rispetto alla verità. Sempre il dizionario ci dice che i messaggi di propaganda possono arrivare a implicare diversi gradi di coercizione o di minaccia, possono far leva sulla paura o appellarsi ad aspirazioni positive. Soffermandoci sugli aspetti legati ai sistemi politici democratici, altro discorso per certi versi complesso ed inquietante quello che riguarda quelli autoritari e tirannici, la pratica ci descrive come rientranti nell’accezione di propaganda alcune forme di comunicazione pubblica istituzionalizzata come l’attività di pubbliche relazioni di organi governativi, grandi imprese e altre istituzioni, le campagne politiche, le campagne di pubblica informazione.
Assai più forte che nell’antichità (che pure non la ignorava), la necessità della propaganda. si è affermata in tempi recenti, in relazione con la sempre maggiore partecipazione delle masse e con il riconoscimento dell’opinione pubblica come forza agente nella storia. La concezione moderna tende a rivolgersi in modo particolare non alla ragione, bensì all’inconscio e all’irrazionale; si avvale quindi della psicologia, della sociologia, della psicologia delle masse e via dicendo, per elaborare una tecnica speciale, identica nella sua sostanza a quella in uso nell’attività commerciale, detta propriamente pubblicità.
I mezzi cui si ricorre sono tutti quelli atti a provocare emozioni intense, anche se non immediatamente apparenti, ma durature, quali la creazione di slogan ripetuti costantemente dalla radio, televisione, stampa, manifesti e così via e anche forme di più sottile diffusione, quali la letteratura, il teatro, le arti figurative, che possono più facilmente influenzare i ceti considerati culturalmente più emancipati.
Ancora, in senso estensivo, per propaganda si intende il complesso di notizie destituite di ogni fondamento, diffuse ad arte e per fini particolari, nonché espressioni comuni per esprimere sfiducia nei confronti di azioni, manifestazioni, iniziative che hanno in realtà solo fini propagandistici e interessati.
Una gran brutta “bestia” la propaganda, dunque, anche se la responsabilità è in chi ne fa uso e ne utilizza le potenzialità per finalità non totalmente lineari, ma appunto come metodo per convincere non necessariamente della bontà di quanto si fa, ma forzando la mano sull’efficacia di sistemi, informazioni, toni. Una vastissima congerie di comportamenti, un’altrettanto vasta messe di strumenti, tecniche, studi, approfondimenti. Difficile però trovare in ognuna di queste possibili spiegazioni, un’accezione positiva pura e semplice. Propaganda dunque ha comunque un valore problematico perché implica sempre un’azione tesa a convincere qualcun altro della bontà del proprio agire e tanto più è dannosa quanto più il messaggio non corrisponde mai o quasi mai alle reali intenzioni di chi lo “propaganda” appunto!
L’alfabetizzazione e la cultura sono potenti strumenti di contrasto al questa forma di coercizione e tuttavia quasi con un riflesso condizionato siamo portati ad essere facili prede di forma di propaganda quando fanno soprattutto leva su reazioni inconsce e non controllabili in termini razionali. L’era della rete e l’invasività di internet stanno ora spostando in avanti, in territori sconosciuti, sia i meccanismi che le possibili risposte quali individui e quali collettività. I regimi autoritari infatti ne fanno larghissimo uso, così come il ricorso alla disinformazione, alle fake news, ha lo scopo di creare il terreno fertile a coltivare forme di propaganda rassicuranti. La battaglia dell’individuo singolo o in società contro questa forma coercitiva di condizionare la volontà non è finita e forse non finirà mai. Unico antidoto la consapevolezza e l’umiltà di pensare che si possa esserne immuni o immunizzati. E questo nei tempi del covid è particolarmente evidente, nell’incertezza e nella ricerca della sicurezza.
Altra faccia della propaganda il manifestarsi di personalità che facendo leva o sugli istinti più bassi o sulle zone d’ombra e di incertezza che tutti condividiamo, usa a mano bassa i sistemi collaudati e secolari della propaganda aggiornati al terzo millennio. Guru o presunti tali provano continuamente ad insinuarsi nelle nostre coscienze, a condizionarci senza che ce ne accorgiamo. Il duello è quotidiano, per qualsiasi scelta e strutturale se parliamo delle sorti di un popolo, di una collettività anche ampia e sovranazionale.
Per difenderci abbiamo poche armi ma efficaci, l’intelligenza delle cose, lo spirito critico e l’habitus mentale che potremmo dire, parafrasando Luigi Pirandello, ci porta dinanzi agli eventi e alle persone a porci la domanda “retorica”: così è …. se vi pare! Vi pare, appunto!