La parola della settimana
Un’analisi sommaria ci ha confermato che poco più di un anno fa, con l’allora governo gialloverde, la sensazione della perdita di tempo ad usum dei partiti fosse già in atto. Ci occupammo in quella occasione, eravamo a fine marzo, del termine attendismo. Constatare oggi, con il governo giallorosso e nel dopo covid, che questo sarebbe ancora il vocabolo adatto ci ha fatto sobbalzare. Ecco quindi che la parola che analizzeremo, pur collegata nel senso all’altra sarà dilazione. Il vocabolo è latino e deriva dal verbo “differre”, ovvero dilatare o differire.
Il primo significato che viene all’attenzione è dunque quello di indugio, di proroga. Più comunemente si intende il rinviare ad altro tempo l’esecuzione di una cosa spostando il termine precedentemente fissato. Una dilazione può essere chiesta, accordata, ottenuta e via dicendo.
Un altro significato, derivato, inerisce soprattutto agli aspetti economici e contrattuali. Scaduto il termine nel quale un’obbligazione contrattuale deve esser eseguita, il debitore che abbia mancato di eseguire l’obbligazione è in mora, cioè in stato d’inadempimento. Il creditore lo può citare in giudizio per costringerlo all’adempimento quando sia possibile, o per domandare al giudice la risoluzione del contratto, se questo è bilaterale, valendosi della condizione risolutiva tacita, sempre sottintesa nei contratti bilaterali per il caso d’inadempimento.
Il giudice, tuttavia, considerate le circostanze del caso, se si persuade che l’inadempiente sia meritevole di qualche riguardo, può concedergli una dilazione, dandogli così la possibilità di godere ancora i diritti derivanti dal contratto, purché esegua la prestazione nel termine ulteriore concessogli. Questa proroga si dice dilazione dî grazia e non è da confondere col termine che fosse stato già fissato dall’autorità giudiziaria, poiché presuppone l’avvenuta scadenza del termine comunque fissato e la domanda giudiziale di risoluzione del contratto. Nelle fonti romane v’è un esempio di dilazione di grazia in un frammento di Venuleio; nel Medioevo il principio fu accolto da molte leggi, insieme con molti altri temperamenti intesi a favorire i debitori.
Per la legge italiana la dilazione di grazia è concedibile soltanto nelle obbligazioni civili; inammissibile invece nelle commerciali, considerato il danno che un ritardo anche piccolo potrebbe cagionare in una serie di operazioni di commercio connesse. È da avvertire – prosegue il dizionario – che la condizione risolutiva espressa aggiunta al negozio per il caso d’inadempimento, operando di diritto tosto che l’inadempimento si avveri, esclude che il giudice possa concedere la dilazione di grazia. La dilazione di grazia non è concedibile che una sola volta: se neppure nel termine prorogato il debitore adempie la prestazione, i danni di cui egli deve il risarcimento vanno calcolati al momento della scadenza della proroga.
Come si evince dalla riflessione appena fatta, la dilazione si qualifica più come una condizione oggettiva (a parte il caso in cui venga chiesta dal debitore od obbligato) piuttosto che soggettiva come era il caso di attendismo, dove invece l’elemento soggettivo è appunto prevalente nel soggetto agente.
Peraltro come osservavamo già in precedenza, nel caso di attendismo, la prima impressione viene dal suffisso ismo che denota sempre una connotazione negativa del termine e rimanda a valutazioni critiche sull’essenza del comportamento ad esso sotteso. In riferimento invece ad attendismo quale sostantivo di derivazione francese (attentisme), si indica l’atteggiamento, proprio degli attendisti, ossia del porsi in opportunistica attesa nella vita quotidiana, nelle prospettive dell’esistenza , in politica e via dicendo. Una sorta di lasciarsi andare senza interferire troppo o per nulla sulle cose e sugli avvenimenti. Famoso ma per ragioni strategiche ben diverse, il vocabolo temporeggiamento ossia il comportamento di attesa consapevole e correlato con qualche altra cosa che deve avvenire, deve verificarsi e alla quale ci si rapporta. Pensiamo al più famoso temporeggiatore della romanità , il generale Quinto Fabio Massimo sulle cui azioni peraltro si rincorrono diverse ricostruzioni, come sempre potremmo dire nelle cose della storia.
Ora è di piena evidenza come l’attivismo del premier e del governo nel corso della parte più grave della situazione pandemica, oggi a poche settimane di distanza dai primi timidi accenni di ritorno alla normalità, appaia come un lontano ricordo. Il virus è sempre presente ma per premier e governo sembra più importante non decidere o decidere con tempi e modi che nulla hanno a che vedere con le pressanti esigenze dei cittadini, delle imprese, ma molto hanno a che fare con i possibili o ipotizzabili nuovi equilibri di domani, quando dopo le amministrative di autunno, si vedrà quanto i partiti della coalizione sappiano interpretare il paese e quanto le opposizioni sappiano intercettare malcontento e spinte al cambiamento.
E’ in atto, sotto le apparenze di un attivismo internazionale specie verso l’Europa e i suoi meccanismi di finanziamento delle economie in crisi, una vera istanza dilatoria, come se le esigenze, i bisogni pressanti dei cittadini sempre più alle prese con una crisi congiunturale mai verificatasi in passato sia per le condizioni oggettive sia per la velocità di impatto non siano la prima e unica preoccupazione, ma vengano subito dopo la necessità di immaginare accordi, confronti, scontri tra i partiti. Il tutto ed è l’unica spinta vera in modo da capire ed arrivare al dopo quando i finanziamenti nazionali e internazionali saranno disponibili realmente e da distribuire! Ecco il nocciolo della dilazione. E non è certo una bella sensazione quella che si prova!