Aveva chiamato le sue figlie Wobe e Milke che in lingua Oromo significano Garanzia e Probabilità, per testimoniare il bisogno della garanzia dell’amore e l’accettazione della rischiosità della vita. Due nomi simbolici, che hanno accompagnato il suo cammino di speranza e lotta nelle battaglie che hanno segnato la sua breve esistenza.
Hachalu Hundessa è stato ucciso dieci giorni fa ad Addis Abeba, la capitale dell’Etiopia, colpito da diversi colpi di armi da fuoco nel quartiere di Galan Condominium, uno dei sobborghi della città. Hundessa era un leader carismatico, cantore del popolo Oromo, l’etnia più numerosa del paese, stanziata nelle regioni centrali e meridionali e da sempre marginalizzata dal potere centrale. La sua morte ha innescato una spirale di proteste che hanno infiammato le maggiori città del Paese per giorni, sedate con durezza dalle forze dell’ordine che non hanno esitato a sparare ad altezza d’uomo per disperdere i manifestanti. Una reazione brutale che ha lasciato sul terreno oltre 80 vittime e portato in prigione molte persone, tra cui il leader del maggiore partito d’opposizione Bekele Gerba. Le autorità locali hanno inoltre sospeso la connessione internet per non consentire ai dimostranti di organizzarsi e dare vita a contestazioni maggiormente incisive. Nonostante la repressione, migliaia di cittadini sono scesi in piazza per ricordare la sua figura, quella di un cantante che attraverso la sua musica voleva incidere nella politica dell’Etiopia. La promessa di grandi cambiamenti che è valsa all’attuale Premier Abiy Ahmed la vittoria nelle elezioni politiche del 2018, secondo molti cittadini è stata tradita. Una situazione politica complicata per l’uomo forte di Addis Abeba che dall’inizio del suo mandato sta cercando di ridisegnare il Paese, ottenendo poca credibilità in patria ma importanti consensi all’estero. Ahmed è stato insignito lo scorso anno del premio Nobel per la Pace per aver contribuito in maniera sostanziale alla risoluzione del conflitto con la vicina Eritrea. Anche la sua scalata al potere ha dovuto molto all’attivismo di Hundessa, avendo quest’ultimo motivato il suo popolo portandolo massicciamente alle urne per sostenere la candidatura del nuovo Premier. La sete di giustizia sociale del cantante assassinato parte da lontano. A soli 17 anni venne incarcerato nel famigerato carcere di Ambo e detenuto in brutali condizioni per cinque anni. Un lustro di torture che al posto di piegarlo gli hanno dato la forza per combattere con la sua musica ed il suo attivismo per un radicale cambiamento della politica etiope, monopolizzata da pochi potentati economici e contraddistinta da una corruzione endemica. Secondo alcuni proprio un’intervista concessa qualche settimana fa ad un giornalista dell’emittente indipendente OMN è stata la causa del suo omicidio. In quella conversazione, che ha avuto una forte eco soprattutto tra le generazioni più giovani del Paese, Hundessa ha accusato il Premier Ahmed di aver tradito gli ideali della rivoluzione etiope del 2018, promossa proprio dal popolo Oromo. Un atto d’accusa prontamente smentito dal Presidente del Consiglio che, per sedare i tumulti di piazza, ha assicurato trasparenza e massimo impegno nella ricerca dei mandanti dell’assassinio. Una presa di posizione che non è servita a calmare una situazione socialmente esplosiva a causa della crisi economica e della paura che si sta diffondendo nel Paese alle prese con la pandemia Covid-19.