La parola

Impudenza

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Non è semplice, ma è di tutta evidenza, analizzare quanto ci accade intorno, in termini politici, al netto dell’emergenza sanitaria che tutti ci accomuna. Ed è un impegno interessante e a suo modo appagante. In prima battuta possiamo serenamente sottolineare che tanto più è bassa la competenza (bassa sovente è un diminutivo al posto di carenza, assenza totale) per i compiti ai quali si viene chiamati, tanto più è alta a livelli incredibilmente alti, l’impudenza, l’alterigia, la presunzione di sé.

Ecco allora la parola scelta, impudènza, appunto, parola latina che ha lo stesso valore e significato dell’antichità. Ovvero l’essere impudente, la mancanza di ritegno o di pudore, la sfacciataggine. In origine, l’aggettivo di riferimento, impudènte indicava l’assenza di vergogna e la carenza di pudore ovviamente e a scanso di equivoci, nel senso più profondo e non come facilmente e pruriginosamente si potrebbe intendere, come consapevolezza di sé e delle proprie capacità e dunque dei propri limiti. Al ché, se vi è questa carenza facilmente si comprende che esiste il suo contrario, ossia la straripante necessità di colmarla, in vario modo, per così dire!  

Accanto all’impudenza, come sempre si affianca un altro modo di essere che si sostanzia in quella che viene definita insolenza. Letteralmente dal latino mancanza di abitudine dove la parola indica l’habitus, il modo di essere e di rapportarsi agli altri. Due termini per così dire che sono le due facce della stessa medaglia. Chi non ha habitus se ne costruisce uno, per dargli senso diventa autoreferente e questo provoca l’impudenza della quale abbiamo parlato.

Del resto, l’insolenza si traduce nei vari possibili significati di arroganza, impertinenza, irriverenza, maleducazione, protervia, sfacciataggine, sfrontatezza, spudoratezza, o in senso più popolare strafottenza o tracotanza. Tutti valori che partono da quel “im” privativo che fa da prefisso alla “pudenza. Da queste premesse discende anche il fatto che l’impudenza/insolenza fa da apriporta ad altri atteggiamenti negativi, così, nella sostanza se non nella forma, affronto, contumelia, improperio, ingiuria, insulto, offesa, oltraggio, villania.

Si dirà a questo punto, ma di cosa si parla, a che cosa ci si vuol riferire?

Il confronto con la nostra realtà ci riempie di risposte. La più clamorosa e ultima in ordine di tempo, è certamente quella che riguarda la prima cittadina della capitale che ha annunciato in modo ieratico e quasi profetico la sua candidatura alla guida della città alle elezioni del prossimo anno. Di fronte a tanta infondata iattanza è legittimo lo stupore. Basterebbe chiedere ad ogni romano d’origine o d’adozione per che cosa rivoterebbe la sindaca per trovarsi dinanzi ad un penoso deserto o ad un profluvio di cose che non vanno. Ma lei, la prima cittadina, che mai si è rivolta alla città per chiedere pazienza e scusa delle carenze ma ha sempre, solo e sistematicamente, accusato gli altri, quelli che c’erano prima, dimentica che ad oltre quattro anni dall’inizio del suo mandato qualche cosina si potrebbe anche addebitarla a lei non fosse altro che per elementare senso di responsabilità. Invece con la stupefatta meraviglia di “alice nel paese delle meraviglie” (si perdoni la ripetizione), si ripresenta come unica àncora, come donna della provvidenza della quale la città eterna ha bisogno per tornare alla sua storica grandezza.

E’ disarmante il senso di inadeguatezza che si prova di fronte ad una simile assenza di senso della misura e per parlare forbito di “faccia”! Colei che non ha saputo, potuto e forse voluto risolvere il problema rifiuti, dicendo sempre no ad ogni piano coerente e moderno per affrontare una questione che altri paesi europei hanno superato decenni fa, che di fronte al senso civico dei cittadini (non sempre purtroppo) di tentare al raccolta differenziata quale premessa di più intelligente smaltimento non ha saputo neppure ottenere una raccolta ordinata e costante. Il risultato è che nel caldo afoso di agosto girando a piedi per la città si viene investiti da miasmi e odori irripetibili di degrado. Colei che nel caldo agostano ha permesso il pullulare di centinaia di cantieri per ogni finalità, immaginando che questo attivismo assente nel quadriennio precedente dia il senso della sua imprescindibile necessità. Colei che si picca di aver risolto i problemi del bilancio e che ha agito soltanto quando ha preteso e ottenuto soldi dal governo nazionale per “roma capitale”, dove il minuscolo per la città non è offesa al caput mundi, ma rispetto per l’utilizzo del suo nome stesso.

Persino il suo vice ha osservato, non usando ovviamente la parola scelta ma la sua sostanza sì, che una simile ricandidatura buttata là nella mischia inesistente e nel sole di mezza estate, non sia stata la decisione migliore e politicamente assennata. 

Se a questo aggiungiamo che con un sondaggio quasi clandestino, ancorché pubblicato on line, un quarto degli iscritti alla piattaforma Rousseau, ha praticamente dato il via al terzo mandato cucito sulla sindaca che, altrimenti non avrebbe potuto ricandidarsi, spezzando senza pietà uno dei cardini della diversità grillina, allora il senso di disgusto per quanto sta accadendo diventa palpabile come anche la sensazione di esperimenti sociali in corpore vili, per così dire, ovvero il nostro di cittadini, portati avanti da un gruppo di ciarlatani dalle vaghe competenze che ritengono di essere donne e uomini del destino, allora il disgusto diventa un vero oltraggio alla decenza, all’intelligenza, alla competenza! E si finisca soprattutto di dire ci dovete votare per non far tornare quelli di prima. Perché? Semplice, perché quelli di prima sono divenuti loro!      

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