Contro populismo e qualunquismo non servono ostracismi e diktat
L’affermazione del titolo non appartiene alla categoria dei sofismi e delle dichiarazioni di qualche aruspice e o pizia, né intende essere un richiamo ad alcuno. Tuttavia, analizzando e riflettendo su quello che la fine d’estate ci mostra nello scenario nazionale, non è possibile per “carità di patria”, non cercare qualche elemento di attenzione.
Non si ha la competenza per parlare di schizofrenia e tendenze paranoidi e soprattutto con cognizione di causa. E però, se ci si sofferma su quello che la politica (chiamiamola così) ci offre, qualche dubbio emerge e con molta chiarezza.
Una breve descrizione. Il paese dal mese di marzo vive sospeso per la pandemia. Sei mesi dopo deve affrontare quello che oltre quattro mesi di blocco, hanno inserito nell’agenda: crisi economica, sostegno alle imprese, difesa del lavoro, tensioni sociali, riapertura delle scuole, ritorno inevitabile ad una normalità che sarà così solo in apparenza. In questo quadro, il governo agisce in senso apolitico in apparenza, ponendosi di fronte alle questioni come direttore del traffico dell’immensa mole di risorse in arrivo. Mentre nella sostanza prova, come sempre, a dirigere la stessa mole in direzioni ben precise, cercando di non far trasparire questo filo che lega un po’ tutto. E’ il grillismo al potere, ormai normalizzato con la benedizione del guru sempre più evanescente in quanto tale e sempre più versato in questioni finanziarie ed economiche di scenario (innamorato della Cina, per esempio). Accanto ad esso il Pd che appare sempre più l’ombra di un partito e sempre più un reale coacervo tenuto insieme da una sola regola: non mollare il potere per nessuna ragione, a costo di fare accordi con chiunque. E con chiunque si intende quell’entità senza capo né coda, quell’insieme di pressappochismo e velleitarismo che è divenuto il movimento cinquestelle, una confederazione di potentati piccoli e di poteri limitati alle prese con le sorti di un paese che meriterebbe ben altro per tentare di nuovo la strada dello sviluppo e della correzione delle storture che ne minano la vicacità e lo scatto da decenni. Con questa simpatica compagnia dell’arte, i dirigenti dell’unico in apparenza partito italiano rimasto, sembrano avvinghiati in un abbraccio mortale, soprattutto perché il maggior danno lo avrà chi ha più da perdere: E questo destinatario non è certo il movimento.
Il paese cerca di uscire dalla crisi, dalla pandemia, con un misto di gestione da vigili urbani, da amministratori di condominio, da allenatori di calcio. Nessuno sembra avere chiaro che tutto si tiene: il prossimo referendum agognato da alcuno, aborrito da qualcun altro, visto come una palingenesi della politica, potrebbe essere l’inizio della fine della tenuta della stesso sistema costituzionale. Agire sui capisaldi delle democrazia rappresentativa come le Camere, immettere il paese in un turbinoso futuro dove funzioni, competenze, limiti del Parlamento dovranno essere riscritti, senza una legge elettorale che ne sostenga il ruolo, costruita per quello che si vorrebbe il risultato del taglio dei parlamentari, delineata per consentire a meno parlamentari di rappresentare al meglio il paese, lo stesso che più parlamentari hanno ridotto come vediamo, non è soltanto una petizione di principio priva di ogni fondamento, ma un disegno illogico e folle dove la perdita di contatto con la realtà, quel sonno della ragione spesso evocato, potrebbe generare mostri!
Dunque, un governo che delinea un potere proprio e di chi lo dirige, in un autocratico cammino senza rappresentanza del paese, una maggioranza in preda a una folle rincorsa tra i suoi componenti, a spese della collettività, dove ogni giorno qualcuno dice una cosa e il giorno successivo la contraddice, dove le indicazioni sono come il risultato del gioco dei dadi: pura fatalità. Un ex movimento che vuol farsi partito senza alcun aggancio con la democrazia sostanziale, un ex partito che vuol farsi movimento senza alcun elemento di conoscenza reale di cosa voglia dire. Vecchi attrezzi ed arnesi da utilizzare (non lo sanno ma potrebbe essere l’ultima volta che funzionano e non si sa fino a quando) come pregiudiziali o diktat ormai svuotati.
Un mosaico terrificante, da far rizzare i capelli o accapponare la pelle, a fronte del quale esiste un’opposizione trina che va da una gestione politica della crisi ad una populistica chiamata alle armi e con alcuni chiodi fissi come migranti, hotspot od altro senza rendersi conto che anche questi strumenti stanno perdendo mordente, perché ad essere morso nei prossimi mesi ed anni sarà il paese, milioni di italiani che chiedono semplicemente: lavoro, libertà di impresa, meno burocrazia, diritti reali e non solo raccontati, civiltà nelle città, sulle strade, acceso alle nuove tecnologie e alle loro possibilità di sostegno e via dicendo in una sequela infinita di incompiute.
L’assenza di ogni strategia accomuna maggioranza e opposizione, mentre si fanno nomine in tutti gli enti dello Stato, nei gangli più importanti del sistema paese, senza alcuna trasparenza, senza alcuna verifica, senza il più elementare senso di responsabilità. Tutto ciò darà il proprio risultato nei mesi e negli anni a venire. La tattica sta vincendo la propria battaglia davanti ad un paese attonito, affranto e profondamente teso che solo una strategia politica di lungo respiro potrebbe aiutare a rinascere. Di tutto questo non vi è traccia. Il giorno per giorno impera, la demagogia di chi governa mostra tutta la sua pienezza, senza filtri, senza correttivi, senza controllo. E che cosa differenzia il premier araba fenice che dà ragione alle lamentele dei terremotati del centro Italia e assicura pronti interventi dal politico di lungo corso della prima e seconda repubblica nello stesso luogo? La risposta disarmante è: nulla! Con l’aggravante che la farsa attuale, contraddicendo logica e antica saggezza, potrebbe ripresentarsi con i contorni meno rassicuranti della tragedia!