Nella pandemia la Chiesa si è trovata tra le norme dello Stato e la pietà di Dio
Recentemente mi sono trovato nella circostanza di dover organizzare il funerale per un mio caro. Nulla di speciale, pensavo, ed invece la Messa funebre non era ammessa dal parroco per via del Coronavirus, si poteva dare, in sostituzione e solamente in via eccezionale, una specie di benedizione al feretro, secondo le direttive della Conferenza Episcopale Italiana, così almeno diceva lui.
In realtà, leggendo i documenti CEI, si dà facoltà ai parroci di celebrare le esequie con la Santa Messa anche in questo periodostando, ovviamente attenti alle norme sanitarie, lasciando però libertà ai sacerdoti di svolgere come credevano la funzione
Così il nostro sacerdote aveva scelto la seconda opzione trovando varie scuse: di come, ad esempio, la sua chiesa non poteva accogliere più di cento persone, nonostante facessimo notare che saremmo stati poco meno di una ventina, ma, tuttavia, c’era sempre un’altra scusa pronta a creare maggiori difficoltà.
Fortunatamente alla fine è intervenuto il buon senso e ‘miracolosamente’ tutto si è svolto nel migliore dei modi.
Una storia come tante, accadute non solo in Italia, in questo periodo di pandemia a chi voleva dare un ultimo saluto cristiano ai suoi cari, ma la risposta è stata in molte circostanze prima di tutto la salute insieme alle leggi emanate dal Governo e poi – aggiungiamo noi – la cura dell’anima.
Mi veniva allora in mente la figura di San Carlo Borromeo che nella metà del XVI secolo, da arcivescovo di Milano, si era prodigato contro la terribile pestilenza di Milano insieme ai suoi sacerdoti per sopperire alle necessità dei malati e con ciò andando contro anche alle autorità spagnole del tempo impauriti, ieri come oggi, per il contagio.
Certo, attualmente, nessuno chiederebbe sacrifici del genere, però un’attenzione alla sofferenza per una ‘Chiesa in uscita’, come ci ricorda il papa, sarebbe auspicabile per tutti: sia per i sacerdoti e sia per i fedeli.
Oggi la Chiesa, o meglio alcuni suoi sacerdoti, concepiscono la liturgia come qualcosa di avulso dalla quotidianità, qualcosa che si può cambiare a piacimento alla ricerca del rinnovamento con il pericolo di non di essere più in contatto con i dettami della Chiesa e tanto meno con i fedeli, o di quei pochi che rimangono, aggravati per giunta dal Coronavirus, lasciando un grande margine ad ogni riforma liturgica, dimenticando lo scopo per i quali si celebra una Messa funebre.
Tutto viene semplificato, aggiornato, confuso come ormai in uso, da tempo, in ogni funerale, affermare che il defunto è già nella gloria di Dio tra scroscianti inutili applausi dei presenti, anche perché il Purgatorio è troppo limitativo per i parenti presenti e l’Inferno non è neanche il caso di parlarne, dimenticando però in maniera colpevole il senso cristiano della morte.
Un vero funerale deve invece avere tutti i segni del lutto, tra cui la tristezza; ma non di quella disperata di chi non ha fede, ma quella di chi piange le conseguenze della nostra misera umanità come recita il Catechismo: “… Ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo, per cui o passerà attraverso una purificazione, o entrerà immediatamente nella beatitudine del Cielo, oppure si dannerà immediatamente per sempre” (CCC, § 1022).
Insomma, non ci sono molti margini o scappatoie anche se li si vuole negare e proprio per questo, al di là delle intenzioni innovatrici, la salvezza è tutt’altro che sicura infatti la Chiesa nella sua carità ha sempre raccomandato, oltre alle preghiere, di celebrare le Sante Messe per i defunti.
A questo proposito aggiungo un altro particolare alla vicenda sopracitata.
La moglie del defunto voleva far celebrare una Messa di suffragio tutta per lui, come accadeva prima della riforma, ma non è stato possibile perché questa forma liturgica non esiste più ormai da decenni, le Messe in suffragio sono ormai una specie di elenco cumulativo di nomi inserito tra le letture della Messa del giorno, spesso letto da laici, e tutto questo con la giustificazione per non creare disparità tra chi può permettersi una Messa e chi no, dimenticando che quest’ultima è assolutamente gratis e si dà al sacerdote solamente una offerta; ogni altra forma di pagamento non è giustificata.
Inoltre, questo modo di pensare è un vero assurdo rituale se pensiamo che la Messa è fruttuosa sempre di per sé – almeno per chi crede – non solo per il defunto, ma grazie alla sua forza salvifica, come recita la dottrina, è di grande sollievo anche per le altre anime.
Purtroppo, la lotta di classe è entrata nella liturgia.
Davanti a tanti problemi e tanti equivoci di libera interpretazione si rischia di disperdere il significato della dottrina millenaria della Chiesa a vantaggio di innovazioni liturgiche e vuote pastorali che allontanano i fedeli da essa, lasciando solo colpevolmente un grande vuoto di certezze nella religione.