Appare di tutta evidenza che il termine scelto manifesti da subito la sua criticità come spesso accade, ovvero rendere più comprensibile meglio semplice qualsiasi cosa. Esercizio che storicamente, filosoficamente ha sempre trovato dinanzi a sé ostacoli invalicabili nello stesso tentativo di definire con chiarezza la semplicità e il suo contrario la complicazione e l’estrema difficoltà di seguire gli infiniti possibili confini che si pongono dinanzi a chi cerca una spiegazione valida ed esauriente.
Perché complicarsi la vita, allora? Potrebbe essere questa la più ovvia risposta all’interrogativo. A questa negatività osta però la continua spinta dell’umanità a superare confini e cercare di spiegare o almeno avvicinarsi a farlo, quello che si presenta impenetrabile alla normale conoscenza. Come anche la deriva sovente determinatasi di cercare risposte facili a problemi complessi, volgarizzazioni, e via dicendo.
Il vocabolo dal quale partiamo dunque è semplificazióne, sostantivo legato al verbo semplificare di derivazione latina medioevale, con il quale, è facile rispondere in prima battuta, si indica il fatto di semplificare, di semplificarsi o di venire semplificato. Detto questo, detto tutto? Come era solito motteggiare Peppino De Filippo in sintonia con Totò! Intendendo il tutto e il suo contrario. In sostanza non spiegando alcunché!
La prima domanda è infatti cosa vuol dire semplificare? Andiamo allora al’origine, alla radice di cosa si intende per semplicità. Il dizionario ci ricorda che semplice viene dal latino ed è composto dalla radice sem (con la quale si indica uno, uno solo) e plek da plektere ovvero allacciare, piegare. Come si vede tranne qualche lume dalla prima parte della parola, il buio non si dirada. Potremmo allora, anche guardando alla scienza, alla chimica in particolare, dire che si fa riferimento a ciò che è costituito di un solo elemento e non può risolversi perciò in ulteriori componenti: così si parla di corpi semplici. Talora si contrappone direttamente a doppio (o anche, in qualche caso, a triplo, quadruplo, ecc., e in genere a molteplice) sottolineando l’unicità in confronto alla molteplicità appunto, ovvero al fatto di non essere uno. Altre volte, si contrappone genericamente o specificamente a composto, discorso che riscontriamo in botanica ad esempio, in grammatica, dove il tempo semplice è quello formato senza verbo ausiliare ( come accade affermando andai, invece di sono andato).
In altri casi ancora, sempre contrapponendosi, direttamente o indirettamente, a composto, significa che non è misto o combinato con altro. Si pensi nel diritto al bene considerato giuridicamente come un tutto unitario, che si contrappone al bene composto e alle universalità dei beni. Come sempre infinite le applicazioni che troviamo anche in matematica .
Semplice poi si riferisce al non essere complesso, non complicato, quindi ancora con accezioni o sfumature particolari: facile, immediato, elementare, facile a capirsi o a risolversi. Ancora privo di ornamenti complicati o di sovrastrutture, ridotto alla forma essenziale. Schietto, naturale, senza affettazione o posa. Senza ricercatezza o raffinatezze, modesto. In questa accezione spesso riferito alla valutazione di una persona per esprimere modestia di vita e di costumi, oppure schiettezza, naturalezza, mancanza di ogni complicazione spirituale e sentimentale, o sincerità, assenza di malizia. Quando la semplicità diviene troppa però la parola viene usata come sinonimo eufemistico di sciocco, di poco spessore e cervello. Pensiamo a sempliciotto.
Eccoci allora, dopo questa lunga analisi a ritornare alla nostra parola iniziale, semplificazione. Per capirne meglio il significato si intende con essa il risultato in un certo senso del rendere semplice o più semplice; rendere più agile e funzionale; facilitare, agevolare, alleggerire, qualcosa o un’azione e via dicendo. In modo riflessivo si può anche riferire al divenire più semplice, chiarirsi, soprattutto dinanzi a nuove circostanze. Come anche snellire o lo snellirsi sia in senso fisico che mentale. Quindi affinamento, assottigliamento, dimagrimento, smagrimento e lo sveltire un’attività e simili.
Qualche elemento in più? Si e no, come sempre dinanzi a termini che costituiscono in qualche maniera il senso stesso e compiuto dell’esperienza umana alla ricerca della comprensione delle cose e dei fenomeni.
Da queste presumibili vette di pensiero, spostandoci al consueto approdo della nostra quotidianità, a muoverci alla ricerca è quanto vediamo accadere tra governo e partiti. L’ultima dell’esecutivo è quella di aver proposto l’ennesimo decreto per la semplificazione dell’apparato dello stato e della burocrazia, talmente gonfio ed infarcito di cose spurie che persino dal Quirinale è venuto un altolà e un richiamo a non inserire ovunque qualunque cosa magari legata all’interesse del momento ma guardare invece all’orizzonte più ampio del paese.
Senza indugiare su questo tema a rischio di banalità, tanto più perché il cittadino è sempre alle prese con questo dilemma, una considerazione conclusiva, per così dire!
Il provvedimento semplificazioni in un primo momento aveva bisogno di decine di regolamenti di attuazione che nel corso dei giorni si sono triplicate sfiorando il centinaio. La sensazione è che a furia di cercare di semplificare tutto, tutto si complichi irrimediabilmente e che ogni ulteriore elemento chiarificatore rischi di divenire elemento di complicazione in un avvitamento senza fine e di sicuro di non positivo auspicio di insieme! Ma….. forse ci stiamo complicando troppo la vita? Difficile rispondere in modo confortevole!