Società

Una scuola a misura di bambino

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150 fa nasceva Maria Montessori: la “rivoluzionaria” del sistema educativo

In questi giorni convulsi di riapertura delle scuole, dopo il famigerato lockdown, ci si è accorti che la scuola italiana, un tempo considerata tra le migliori al mondo, parliamo purtroppo degli anni ’50 del secolo scorso, oggi è nel caos più totale ed è agli ultimi posti nelle classifiche internazionali come qualità nell’istruzione.

Ai problemi ormai atavici del mondo della scuola, il Coronavirus ha dato il suo colpo, speriamo non definitivo.

Dal 1962 con la prima sostanziale riforma scolastica, dopo quella di trent’anni prima voluta da Giovanni Gentile, lentamente, ma inesorabilmente la scuola italiana entra in crisi con una riforma dopo l’altra ad ogni governo seguendo più le mode ideologiche del momento; senza alcun progetto organico e trasformando di fatto i programmi scolastici in qualcosa di sempre più avulso dalle realtà quotidiane.

Davanti a questo quadro non certo esaltante per il mondo dell’istruzione, ricordiamo che lo scorso 31 agosto ricorreva l’anniversario dei 150 anni della nascita di una importante educatrice, Maria Montessori, che con il suo metodo di insegnamento “rivoluzionario” ha riscosso negli anni tanto successo non solo in Italia, ma, soprattutto, all’estero specialmente nei Paesi del Nord Europa e negli Stati Uniti.

Donna di grande coraggio e di grande intelligenza, fu tra le prime tre donne a laurearsi in Italia in medicina, siamo nel 1896, creando non poco scompiglio nell’ambiente universitario; ma la giovane era, purtroppo per loro, molto brava nel suo lavoro e non era facile emarginarla.

Infatti, insieme alla laurea in medicina, approfondì temi importanti allora quasi sconosciuti, come la neuropsichiatria infantile, studi di pedagogia, biologa e anche, curiosamente, di esoterismo; abbracciò, infatti, la nascente dottrina della Teosofia, nata dalla medium russa Helena Blavatsky.   

Tutti elementi che le permisero però di avviare un metodo educativo che ancora oggi non ha perso la sua di carica innovativa.

Ancora giovanissima, già al terzo anno di medicina sperimentò una ricerca unica per l’epoca, sulla pazzia dei bambini, come si diceva allora, frenastenici.

Fu una esperienza che la formerà per tutta la vita facendole conoscere il dramma di quei bambini che per la malattia venivano abbandonati dalle famiglie e anche dalle istituzioni.

Dopo la laurea divenne assistente presso la clinica psichiatrica dell’Università di Roma e qui poté mettere in pratica i primi rudimenti di quello che sarà poi il suo metodo educativo, ottenendo fin da subito con i bambini malati ottimi risultati, specie nell’apprendimento scolastico tanto che molti di loro raggiunsero la licenza elementare.

Un successo che le portò il riconoscimento anche dei suoi colleghi maschi e del mondo accademico che per l’epoca non era certo cosa da poco.

Ma qual era il segreto che aveva scoperto con i bambini malati e che poi perfezionerà negli anni?

Semplice a dirsi, oggi; comprese che era più un problema prettamente pedagogico che solamente medico.

I bambini, come tutti i loro coetanei sani, avevano bisogno di giocare, di muoversi, di parlare e non stare fermi per ore durante la giornata senza poter far nulla, considerati solo come oggetti da esaminare.

Dopo questa esperienza, nel 1910, Montessori accetta l’incarico di aprire una scuola a Roma, nel quartiere popolare di san Lorenzo, per i figli degli operai. Nasceva la prima ‘Casa dei bambini’.

Questa esperienza così innovativa la fece conoscere a un pubblico sempre più vasto, come abbiamo accennato non solo italiano, che cominciava a interessarsi ai suoi sistemi e alla sua visione del bambino fino ad allora emarginato dalla società.

Ma in Italia e nel mondo erano anche anni assai drammatici a causa della prima guerra mondiale, delle violente rivendicazioni sociali, fino alla venuta del Fascismo al quale inizialmente la giovane pedagoga guarda con simpatia, anche per la stima che Mussolini aveva per lei, tanto da iscriversi nel 1923 al partito, anche se dopo grandi speranze, l’esperienza di collaborazione con il regime fu destinata a finire di lì a pochi anni. Il suo concetto di libertà mal si confaceva all’ideologia del regime.

Montessori comprese che quell’Italia non era più per lei e si trasferì in Olanda da dove non tornò mai più; forse anche per dimenticare storie personali dolorose e mai accettate come la nascita del figlio fuori dal matrimonio, riconosciuto solo all’età di 14 anni, non come figlio, ma come nipote. Una vera contraddizione per chi dei bambini ne aveva fatto il suo scopo di vita.

Ma torniamo al suo sistema educativo.

Scrivere in merito al metodo Montessori non lo si può certo sintetizzare nelle poche righe di un articolo, ma possiamo ugualmente affermare che l’elemento fondante risiede nel porre il bambino (il metodo riguarda bambini dai 2 ai 12 anni. Ndr) in un ambiente dove possa sviluppare le sue qualità liberamente, senza imposizioni avulse dalla sua realtà, dove può avere la libertà di muoversi e di agire con spontaneità, a differenza della scuola tradizionale considerata una istituzione repressiva di ogni libertà per lo sviluppo educativo dell’alunno.

Nascono così le classi dove i banchi non sono posti rigidamente in fila, ma liberamente e dove per poter far sedere anche i grandi e creare così piccoli gruppi di apprendimento.

Scrive la Montessori: “Non è detto che sia disciplinato solo un individuo [che sia stato] reso artificialmente silenzioso come un muto e immobile come un paralitico. Quello è un individuo annientato, non disciplinato”; ed ancora, “Noi [definiamo] disciplinato un individuo che è padrone di sé stesso e quindi può disporre di sé quando occorra”. 

In pratica, solo se lasciati liberi di muoversi e scegliere a quale attività dedicarsi, i bambini imparano. Certo, inizialmente ci sarà confusione, gli oggetti cadranno e si romperanno, ma poi i bambini impareranno a muoversi “con grazia e discernimento”.

C’è solo un limite alla libertà del bambino: i maestri devono impedire ai bambini di offendere o far del male agli altri. “Tutto il resto, ogni manifestazione avente uno scopo utile, qualunque essa sia e sotto qualsiasi forma esplicata, deve essergli permessa”.

Una considerazione che dovrebbe essere applicata non solo nel campo scolastico, ma anche nella società in genere.

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