Il virus cambierà per molto tempo il nostro vivere quotidiano
Durante il lockdown abbiamo vissuto una situazione irreale che non avremo mai pensato potesse accadere in una democrazia tanto decantata come la nostra.
Ci siamo trovati improvvisamente a vivere le pagine del celebre romanzo di George Orwell, 1984, chiusi in casa per paura del contagio da Coronavirus, senza poter uscire, se non per l’approvvigionamento quotidiano, come in un colpo di Stato.
Per molti tutto questo ha significato non poter lavorare, studiare, incontrarsi, in breve sentirsi isolati nel proprio mondo e con una sola informazione: quella del Governo, che dettava di volta in volta le direttive da seguire per non contagiarsi dall’ormai famigerato virus e per non collassare il sistema sanitario già messo a dura prova.
Aldous Huxley scrive nel libro “Ritorno al mondo nuovo“: “la società descritta in 1984 è una società controllata quasi esclusivamente dal castigo e dal timore di esso. Nel mondo immaginario della mia favola il castigo è raro e di solito mite. Il governo realizza il suo controllo, quasi perfetto, inducendo sistematicamente la condotta desiderata, e per far questo ricorre a varie forme di manipolazione pressoché non violenta, fisica e psicologica“.
Tutto è avvenuto da noi senza alcuna coercizione, anzi con l’assenso di noi cittadini che presi dalla paura del contagio, abbiamo supinamente accettato tutto, senza alcuna opposizione, se non qualche timida voce messa però subito a tacere davanti all’emergenza sanitaria.
Oggi, a distanza di qualche mese dal periodo più nero della pandemia si cominciano a fare le prime considerazioni più approfondite di ciò che abbiamo vissuto e che, stando almeno agli ultimi dati di recrudescenza dei contagiati, forse rivivremo molto prima di quanto pensiamo vista la situazione ancora più grave all’estero.
Ci siamo accorti, come risvegliati improvvisamente da un bel sogno, che la libertà può essere anche controllata o fortemente limitata.
Non serve la violenza, basta la paura di qualcosa di sconosciuto che incombe sulla società e questa subito si rifugia in se stessa senza porsi molte domande.
Il pericolo è quando, a differenza di quanto è accaduto giustamente per salvaguardare la salute dei cittadini, lo stesso sistema di controllo studiato a tavolino può facilmente attuare una vera dittatura.
A fare da apripista ad una nuova presa di coscienza di questo pericolo, tutt’altro che immaginario, troviamo un intellettuale come Michel Onfray come spunto di riflessione su ciò che stiamo vivendo.
Osannato da una certa cultura della gauche francese, oggi, con una grande libertà intellettuale, ha avuto il coraggio di ribaltare i dogmi cari ad una certa sinistra come il “politically correct“, denunciando il pericolo di finire sotto le grinfie di questa nuova “santa” inquisizione del pensiero unico con anatemi e scomuniche ormai all’ordine del giorno.
Nel suo ultimo libro “Teoria della dittatura”, uscito in Italia per le edizioni il Ponte delle Grazie, affronta in circa duecento pagine tutte godibilissime, i pericoli che corriamo non volendo guardare in faccia la realtà.
Non si tratta di raccontare di complottismo o di segrete potenze che guiderebbero nell’ombra il mondo per fini inconfessabili; forse è semplicemente qualcosa che si manifesta naturalmente nell’uomo come la paura che viene poi usata, questo sì, da menti diciamo più scaltre.
Grande estimatore di Gorge Orwell, Onfray ha visto in lui il profeta di una nuova umanità che già si delineava all’orizzonte del secolo scorso attraverso il giogo di un nuovo totalitarismo che privava della libertà l’individuo, ovviamente sempre in nome della democrazia e del popolo e, cosa straordinaria, con l’assenso convinto proprio di quest’ultimo.
Altro che carrarmati, occupazione dei ministeri o la classica occupazione della televisione, della radio, come si leggeva nei golpe d’antan, se poi aggiungiamo anche i social, l’informazione è talmente vasta da non potersi attuare nella pratica alcun blocco ed ecco allora bisogna lavorare sotto traccia introducendo nella società nuovi apparenti innocue idee con l’avvallo della legalità, per cambiare la mente degli individui attraverso parole e concetti adatte alle varie occasioni ed il gioco è fatto.
Ciò che abbiamo vissuto con il recente lockdown può essere la prova tecnica, anche se del tutto involontaria, per misurare la disponibilità della collettività a lasciarsi privare della libertà in cambio di una sicurezza, in questo caso la salute e per questo, come per la sicurezza del lavoro ad esempio, siamo disposti ad accettare tutto.
Ci sono alcuni elementi in questa teoria da colpo di Stato “democratico” che vanno meditati leggendo il libro di Onfray.
Fateci caso, più siamo liberi e più la società è ultra controllata con video camere a migliaia nelle strade, documenti a non finire, controllo dei conti correnti e sulle carte di credito, un tacito divieto di manifestare liberamente le proprie critiche al sistema per le quali si finisce per essere considerati populisti, anti democratici (sic) e contro la sicurezza dei cittadini; in conclusione non è igienico andare troppo contro corrente per non trovarsi socialmente isolati.
Portare a termine il progetto di questo eventuale colpo di Stato, l’autore avverte che tra le cose da fare è bene impoverire e di molto anche il linguaggio sui mezzi di comunicazione, specie tra i giovani che ormai parlano uno slang tutto loro dovuto spesso ai social, contribuendo così ad impoverire sempre più la nostra lingua ricca di oltre 160 mila vocaboli e di cui ne usiamo normalmente poco meno di mille, ma in futuro si parla addirittura che ne saranno utilizzati appena cinquecento.
Impoverendo la lingua, dicevano i nostri nonni, si impoverisce anche il cervello e così si diventa più facili prede del conformismo imperante.
A questo inseriamo la odierna dialettica, soprattutto politica, dove non esiste più la verità in quanto tale, ma solo ipotesi, prospettive, ragionamenti e tutto diventa sempre più nebuloso con il pericolo che non esistendo più una verità, ma tante verità quante sono gli individui, si può mettere tutto nel calderone della confusione; anche la menzogna.
Lo vediamo con la storia; una materia che dovrebbe essere certa perché già accaduta, ma invece viene riletta, rivisitata, approfondita e compresa sempre con lo spirito dei tempi; per non dire che la storia, da quando esiste l’uomo, è sempre stata scritta e riscritta, nel bene come nel male, dai vincitori del momento.
Ma questo non riguarda solo la storia; parafrasando Orwell, si cancella anche la natura della quale è ormai onnipresente in qualsiasi contesto; non parliamo solo degli alberi, dei fiumi, del mare e degli animali, ma dell’uomo.
Ogni specie animale o vegetale va difesa nella propria individualità naturale; solo l’essere umano nasce neutro, né maschio e né femmina, sarà solo crescendo che comprenderà, secondo questa nuova vulgata, la sua vera identità di genere.
In pratica la differenza sessuale è solo una questione socio-culturale e se poi qualcuno fa osservare le differenze anatomiche tra un maschietto e una femminuccia l’accusa è di tenere ancora la sessualità costretta in un corpo spesso non suo e, dunque, contro la cosiddetta libertà di genere.
Un sistema dialettico che distrugge tutti coloro che non si inchinano al pensiero unico, una visione autoproclamata sempre, a qualsiasi latitudine del pianeta, come la vera forza progressista che guarda al futuro, con un elemento che forse sfugge ai più: non esistendo più una verità unica, come abbiamo già affermato, anche il cosiddetto futuro non si sa bene più come e dove sia e i risultati si cominciano a vedere.
Infine, l’ultimo tassello di questa nuova mentalità che si affaccia sempre più prepotentemente nella nostra vita, è la cancellazione della propria individualità, non solo della persona, ma come nazione sovrana nella quale è racchiusa tutta la storia, le tradizioni, la cultura di un popolo o, per dirla in sintesi, dove sono le proprie radici,
Bisogna, invece, essere moderni con l’occhio rivolto verso un futuro che, come abbiamo accennato, non si sa cosa sia, ma comunque è lì che bisogna andare; e chi si ribella a questo traguardo della storia del mondo allora è un sovranista e populista, come se fossero due brutte parole.
Ciò che conta è far comprendere alla massa che non è bene discostarsi troppo dalla corrente dei luoghi comuni veicolati, dai giornali, dalle tv e dalla ormai onnisciente internet, non c’è il rischio della galera, ma dell’isolamento sì.
Tutta questa logica appare sempre meno chiara e confusa e in proposito citiamo Massimo Cacciari su cosa dice in proposito della scuola, che si adatta, a nostro avviso, benissimo a ciò che abbiamo finora illustrato: “Ci sarà un terrore di assumersi qualsiasi responsabilità – afferma il filosofo – perché norme così confuse e difficilmente applicabili produrranno questo effetto, indubitabile, come sempre avviene: le norme più sono confuse, diverse, difficili da applicare, più creano fuga dalle responsabilità”.
È proprio ciò che accade anche in altri ambiti della società che guarda sempre immancabilmente al domani radioso come quelle statue del regime sovietico dove tutti i personaggi rappresentati da uomini politici, dittatori o lavoratori, indicano tutti immancabilmente con la mano il futuro, il famoso sol dell’avvenire; che abbiamo visto poi come è finito.