Lettere dal carcere
Antonio Gramsci
Letteratura, politica, storia, poesia
Einaudi
2020 (nuova edizione critica aggiornata)
Pag. CXIV + 1257 (+ album fotografico), euro 90
20 novembre 1926 – 23 gennaio 1937. Antonio Sebastiano Francesco Gramsci nacque ad Ales (Cagliari, Sardegna) il 22 gennaio 1891, morì a Roma (Italia, Mondo) il 27 aprile 1937. L’8 novembre 1926 il dittatore fascista ordinò di fermarlo, da deputato comunista in carica, e venne subito rinchiuso nel carcere di Regina Coeli, in immediato stato di isolamento. Il 20 novembre poté scrivere la prima lettera, subito rivolta alla moglie Giulia Iulca Schucht (Ginevra, 1896 – Mosca 1980), iniziando con il ricordo di lei che gli aveva detto: “siamo ancora abbastanza giovani per poter sperare di vedere insieme crescere i nostri bambini”. Il primo figlio Delio Delka era nato il 10 agosto 1924, non si incontrarono più; il secondo figlio Giuliano Iulik Julik il 30 agosto 1926 e non era ancora riuscito a vederlo, non si incontrarono mai. Sono state rintracciate finora 489 delle lettere che gli fu consentito di scrivere da prigioniero del regime fascista, l’ultima del 23 gennaio 1937, destinata proprio a Iulik (che nelle sue gli si rivolgeva come “caro babbo”). Poi non ne ebbe più la forza, dai primi di febbraio non riuscì più ad alzarsi dal letto, chiese alla cognata Tatiana Tania di scrivere lei a moglie e figli per suo conto; era in libertà condizionata da pochi mesi e riacquistò una formale libertà il 21 aprile 1937; morì sei giorni dopo. Le lettere costituiscono un autoritratto concepito nelle condizioni concesse, compromesso dalla censura, dalla vigilanza del carcere, dai tempi di scrittura, dalle cadenze obbligate degli spazi e degli invii, dai disagi e dalle malattie, e riescono di rado a far luce sulla vita quotidiana di Gramsci. Sono un capolavoro assoluto della letteratura italiana di tutti i tempi e del Novecento in particolare, considerato tale dalla critica e dal pubblico (non solo nazionali) fin dall’uscita della prima edizione critica nel 1947 (218 lettere), confermato con la seconda del 1965 (428) e arricchito via via dai nuovi inediti rintracciati fino alla magnifica ufficiale opera del 2020, dopo innumerevoli ristampe e altre raccolte. Per chi legge almeno un libro l’anno (una minoranza dei concittadini italiani) è una lettura periodica obbligatoria, il consiglio scritto suggerisce una volta l’anno per quelli che studiano ancora oppure non lavorano tanto o comunque leggono abbastanza, circa una volta ogni cinque anni per gli altri. Non sarebbe male, anzi, raddoppiare: in prima battuta leggere solo le lettere, una dietro l’altra, commuovervi se volete (come a me sempre capita), senza pensare troppo; in seconda battuta contestualizzare con l’ottima introduzione del curatore Giasi e con le relative meditate aggiornate note a ogni lettera, oltre che con il frutto delle ricerche di altri studiosi della Fondazione Gramsci e dello storico editore Einaudi: la cronologia dell’esistenza, le note biografiche dei corrispondenti, la documentazione d’archivio, gli inserti fotografici, l’appendice delle richieste ufficiali di Gramsci ai carcerieri nazionali e locali, l’indice dei nomi citati (scegliendo quelli a voi cari). Tuttavia, anche chi non legge ha qualche obbligo verso Gramsci, il consiglio orale è di farselo leggere (meglio da conoscenti, cementa le relazioni sensoriali, fa sopravvivere e riprodurre meglio), di cercare audiolibri o videosussurratori (a tanto cospetto); se si è fascisti non lettori o indulgenti verso il fascismo il consiglio è pressante, fa parte delle pene da scontare per aver privato l’Italia e il mondo di un ingegno libero. Gramsci non aveva editato propri libri, aveva scritto articoli e saggi pubblicati su quotidiani e riviste, in carcere vergò note su quaderni e lettere contingenti, nulla di organico e conchiuso. Lo stesso epistolario è dialogico e dialettico, stilisticamente mirabile ma motivato e fertile solo quando l’interlocutore era riuscito a scrivergli di sé; da sempre l’autore ben distingueva le varie forme della comunicazione umana, il far sapere ad altri diverso dal relazionarsi in quello specifico rapporto. Da quando è morto alcuni importanti studiosi (all’inizio che lo conoscevano, poi tanti altri) hanno dedicato gran parte della vita a garantire la conoscenza e la fruizione della sua memoria. Francesco Giasi (Policoro, 6 aprile 1971) è uno di loro, attendiamo con ansia e stima l’annunciata nuova biografia di Gramsci. Non è raro che accada per le grandi personalità in ogni campo, tanto più che emergono sempre opinioni e novità; varrà anche in futuro per Gramsci visto che qualcosa ancora non si conosce negli eventi e nelle scritture, che tutto comunque va discusso e confrontato rispetto agli indirizzi politici e culturali che scelse, che il carattere “interminato” della memoria gramsciana è un dato permanente. Non concepì enciclopedie o dizionari, espresse così alta qualità di pensiero che si tende a considerare indispensabile citarlo (talora malamente) e consultarlo (talora acriticamente) su ogni aspetto. Allora meglio avere a casa in bella vista questo splendido volume rilegato con custodia (anche per chi non legge; fosse mai, servisse mai a congiunti e visitatori). Costoso, è vero, un investimento meritorio ma non a tutti possibile. Suggeritene allora l’acquisto alla biblioteca della scuola, del quartiere, della città, del vostro circolo o associazione o ordine, andrete a trovarlo lì. La lettura periodica è obbligatoria, un consiglio da amico.