La parola

Condizionamento

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L’analisi che si intende condurre non ha la pretesa di essere sociologica, politica, scientifica, ma soltanto sperimentale, per tentare di capire quello che le misure di contenimento dovute alla pandemia di coronavirus stanno producendo nel tessuto sociale delle nostre moderne collettività di paesi democratici, come anche nelle situazioni da questo modello lontane e caratterizzate da sistemi di governo non definibili democratici. In sostanza, le restrizioni introdotte hanno un peso e una forza di condizionaménto, appunto, del tutto particolare e producendosi nelle nostre quotidianità hanno nell’immediato e avranno soprattutto in futuro pesanti ripercussioni capaci di farci riflettere e rivedere molte delle situazioni che abbiamo sinora dato per ovvie, scontate, quasi dimenticandoci del loro reale valore sulle condizioni di vita alle quali siamo assuefatti e che riteniamo nostri inalienabili diritti.

Il termine ha come sempre vari significati. In primo luogo delinea l’operazione di condizionare, ovvero porre in uno status specifico come ad esempio il classico confezionamento dei cibi, di un pacco, delle merci in generale. Indica anche lo stato della merce assoggettata al processo di condizionatura. Ancora come si intende facilmente in estate si parla di condizionamento dell’aria, ossia il complesso delle operazioni, dette anche di climatizzazione, aventi lo scopo di realizzare in locali chiusi (pubblici ritrovi, uffici, stabilimenti industriali, locali a bordo delle navi, e inoltre aeroplani, treni, pullman, ecc., ma anche, spesso, in case d’abitazione privata) condizioni ottimali di temperatura, umidità relativa e purezza dell’aria, tali da assicurare il maggior benessere degli occupanti. Esiste anche un’interpretazione linguistica, quando si parla dell’alterazione della pronuncia di un fonema per effetto di un altro fonema o di gruppi di fonemi contigui o distanti, o per effetto della sua posizione nel corpo della parola o della frase: per es., la n di in si conserva in intero, subisce assimilazione parziale in incanto e totale in illogico. Altri fenomeni di condizionamento sono la dissimilazione, la metafonesi, e così via e, in senso più lato, anche le variazioni di pronunzia legate al momento sociale o stilistico. 

Esiste poi un valore in certo senso più concettuale, più elevato e che riguarda il fatto di condizionare, di essere condizionato, di farsi condizionare, come accade parlando di conseguenze sociali, culturali, nel proprio agire in stato di libertà o a propria discrezione oppure subire condizionamenti esterni. In senso scientifico ed in relazione allo status che si determina ad esempio in neurofisiologia, si parla della istituzione, del realizzarsi di un riflesso condizionato. Entriamo a questo punto del più vasto campo delle scienze comportamentali e in un ambito sconfinato che riguarda l’essere, il suo vivere sociale, le possibilità di subire pressioni, influenze e il prodursi di comportamenti legati a questo influssi, Nella psicologia, il condizionamento è quel processo che si verifica con l’associazione di uno stimolo incondizionato (naturale) ad uno condizionato (artificiale) in un organismo, dove lo stimolo incondizionato induce naturalmente una risposta della cui prossimità lo stimolo condizionato (arbitrario) si avvale.

La scoperta empirica del condizionamento, si legge nel dizionario, è attribuita al fisiologo russo Ivan Pavlov che, studiando il fenomeno della secrezione psichica di Ivan Sečenov nelle reazioni dei cani alla presentazione di cibo, vi si imbatté casualmente. Egli notò che gli animali salivavano appena entrava nella stanza, associando la sua presenza (stimolo condizionato) al cibo (stimolo incondizionato, poiché naturalmente il cibo provoca salivazione). L’esperimento fu verificato da Pavlov utilizzando come stimolo condizionato il suono di un campanello. John Watson vide negli esperimenti di Pavlov i fondamenti sperimentali del comportamentismo da lui precedentemente elaborato (è del 1913 il suo articolo Psycology as a Behaviourist Views It). Successivamente egli sperimentò il condizionamento classico su un orfano di nove mesi di nome Albert nel “primo caso di fobia indotta sperimentalmente”. Associando uno stimolo neutro (un topolino bianco) ad un forte rumore atto a indurre spavento, Watson indusse non solo il povero Albert ad associare al topolino (inizialmente stimolo neutro) lo spavento (come risposta al rumore, stimolo incondizionato dello spavento) ma a generalizzare la fobia di Albert per il topo ad “un’ampia serie di oggetti piccoli e pelosi, compresa la barba dello sperimentatore”.

Elaborato da Burrhus Skinner, il condizionamento operante inverte le fasi del condizionamento classico: la risposta precede lo stimolo che funge da rinforzo. Le risposte ambientali nel comportamento operante possono essere: rinforzi, atti a indurre la ripetizione di un comportamento, punitori atti a dissuaderlo, oppure operanti neutrali.

Prima di perdere il senso della misura e di ritrovarci impreparati in una terra incognita, torniamo al valore base, dal quale siamo partiti, nell’ambito vasto dei comportamenti sociali. La nostra attuale vicenda umana, mondiale e in ogni stato del pianeta, alle prese con la pandemia, sta riproponendo per la sua cogenza evidente, tutti gli elementi di studio e approfondimento sull’effetto, sulle conseguenze immediate e a breve e lungo termine di forma indotte di limitazione, di comportamenti  indotti necessari ma imposti dalle circostanze. In campo troviamo sia le indicazioni sugli atti necessari ed utili al contenimento del virus, sia l’effetto che tutto questo ha sulla psiche sulla mente umana. Naturalmente il tutto va analizzato sulla base delle caratteristiche proprie dei sistemi sociali, sulle collettività concrete. Ovvio pensare subito a chi vive in sistemi democratici, dove la libertà personale, il diritto a muoversi senza limitazioni, le possibilità di scelta, i confini stesso di queste scelte, sono assolutamente diversi ed incomparabili a confronto di realtà caratterizzate da imposizioni sociali e di governo cogenti.

Il nostro angolo visuale si trova necessariamente a misurare la prima condizione, avendo ben chiaro dopo anni di studi, conoscenze e notizie cosa vuol dire vivere in società oppressive, comunque aduse ad accettare anche a forza, limitazioni e condizionamenti tout court.

Il nocciolo è allora, cosa accadrà alle nostre società aperte con il protrarsi delle condizioni di pandemia, con la necessità imposta senza un termine preciso emergenziale, al mantenimento di queste forzature innaturali. Si può pensare che si verifichi una sorta di calmiere dopo decenni per così dire illimitati, una riorganizzazione sociale necessitata. Difficile dire cosa accadrà, anche se è di tutta evidenza che il nostro vivere subisce e subirà profondi mutamenti, non tutti lineari e pacifici rispetto a prima. La sfida è quella di mantenere intatto il patrimonio di libertà e di diritti acquisiti e conquistati pur mitigandone alcuni eccessi. Una sfida e una battaglia che non si può sottovalutare e che va combattuta ogni giorno. Lo stillicidio di apparenti misure accettabili perché ritenute necessarie ed opportune rischia di inficiare i valori di base. Valori che una volta perduti perché considerati negoziabili sarebbe arduo riconquistare!        

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