I mutevoli equilibri tra partiti e movimenti che covano sotto …. la mascherina
L’apparente distanza di quella che possiamo definire la politica politicante sotto la sferza dell’emergenza sanitaria non deve trarre in inganno. Nell’oscurità del disinteresse dei cittadini impegnati a sopravvivere e a convivere con il rischio sanitario, si muovono e si agitano idee, obiettivi, tattiche, strategie e ogni genere di armamentario al quale siamo abituati. E questo sta avvenendo sia al centro che in periferia.
E’ una trama sottile ma evidente che ogni tanto mostra qualche elemento di sé pur rendendosi ancora incomprensibile ai più. L’unica evidenza è che con la pressione dell’emergenza e delle sue necessità, si stanno immaginando scenari, possibili accostamenti, affiancamenti, alleanze che soltanto ieri sembravano impossibili e bollate senza scampo come provocazioni, come orizzonti non percorribili e via dicendo in politichese e non!
Il tessuto appare assolutamente magmatico, omologato dalla gestione commissariale e notarile del premier per il quale tutto sembra possibile ancorché resti privo di caratterizzazioni politiche o ideali e ovviamente preveda la sua figura come perno di un nuovo che dovrebbe avanzare.
L’analisi, ai limiti dell’immaginazione, può correre tra diversi possibili orizzonti. Il dato di maggior rilievo è l’implosione più volte prevista e intravista dei cinquestelle. Il movimento come spesso si è scritto al contatto con il governo, il parlamento e il potere in genere non ha mostrato quelle caratteristiche innovatrici che erano la base della sua effimera credibilità elettorale e dei suoi incredibili risultati. L’assenza di una classe dirigente, di una formazione politica, l’aver funzionato da aspirapolvere raccogliticcio di ogni genere di revanscimo da esclusi, il non aver saputo coniugare le idee di rottura dei guru, del guru e del vice guru in sequenza con una capacità di indicare ad elettori e cittadini una vera strada nuova, un nuovo modo di fare politica, stanno formando insieme una miscela esplosiva che rischia di deflagrare e con essa l’unità del tutto. Una possibile evoluzione certo non positiva nella fase attuale, ma un evidente risultato delle premesse ricordate più sopra. Aver pensato di “vincere la povertà, dare il reddito di cittadinanza, combattere la classe industriale, rivelando un input statalista abbastanza contraddittorio ma lineare con la tristemente famosa decrescita felice, come perseguire non la correzione degli errori del passato ma una lotta contro questo o contro quello, privilegiando tutte le derive “no qualcosa” invece che a favore, stanno dando al paese un’impressione di infantilismo ed impreparazione che nei primi rutilanti momenti veniva sopita dalle nuove parole d’ordine. Oggi il movimento è nudo, alle prese con le proprie contraddizioni non essendo più un movimento e non essendo ancora divenuto un partito, si avviluppa sulla sconcertante carenza di ogni riferimento anche organizzativo. In un certo senso, e non è positivo per il sistema nel suo insieme, potremmo parafrasare il titolo di un film “sotto il vaffa …. niente”!
Il paradosso successivo ed inimmaginabile è che questa eclissi in atto trova impreparati i partiti rimasti e le varie forze in agitazione nel proscenio di una politica disorientata. Dato ovviamente che vale per il centrodestra dove la scomparsa di forze storiche è ormai assodata, ma che mostra evidenti segnali anche a sinistra in genere e nel Pd in particolare, unico riferimento rimasto di un mondo scomparso e con molti acciacchi. A parte satelliti come Italia Viva o altre sigle non capaci di coagulare vasto consenso, è proprio il partito democratico che manifesta la maggiore criticità. In esso coabitano posizioni stataliste, antistataliste e varie in un tripudio di confusione. IL massimo di intuizione politica è la speranza purtroppo indimostrabile di assorbire i pentastellati in fuga. Dunque non un consenso conquistato ma soltanto di default se mai ciò avvenisse. Il Pd in realtà non aggrega ma si sforza di mantenere la propria forza immaginando alleanze un tempo impensabili. Certo dovute all’emergenza, certo dovute al bisogno di trovare più ampia base in Parlamento, ma che in altri tempi sarebbero apparse inaccettabili.
E qui arriva il contatto con il centrodestra. E’ infatti a Forza Italia, in leggera ripresa elettorale, e dichiaratasi disponibile per senso dello Stato a sostenere lo sforzo del paese in modo unitario e senza egoismi di parte come richiesto dal Quirinale, che si guarda con attenzione crescente. Ovviamente una prospettiva che a vario titolo non è condivisa dalla Lega e da Fratelli d’Italia e sopportata soltanto come possibile soluzione ponte per superare sia la pandemia che la confusione istituzionale in cui versa il paese e preparare il cambio di maggioranza. Anche questa allo stato delle cose, ipotesi di scuola e soprattutto molto lontana dall’avere sia senso politico che forza effettiva dopo la battuta d’arresto di Salvini e il mal di pancia nel Carroccio e la crescita ora frenata della Meloni più movimentista dei suoi compagni di strada.
Insomma, una trama sottile, piena di pezze e di rammendi che non aiuta a pensare ad un paese che superata la crisi trovi una guida sicura e autorevole per tornare a contare di più in Europa e a livello globale, ora che gli Stati Uniti sembrano riavvicinarsi ad una gestione meno eccentrica e più storica sui vari scenari della politica internazionale.