Religioni

Nuovo messale, nuove interpretazioni

• Bookmarks: 48


Considerazione su alcuni cambiamenti apportati alla liturgia della Messa

Dal Concilio Vaticano II, ormai parliamo quasi di sessant’anni fa, la Chiesa è stata travolta dalla necessità di aggiornarsi, liberarsi della sua storia bi-millenaria e affrontare le vanità del mondo attraverso il dialogo, l’incontro, togliendo per sempre quelle mura ideali che l’avevano protetta da ideologie che potevano intaccare la sua dottrina, insomma, come ha detto anche il papa, dobbiamo avere una Chiesa in uscita, fuori dalle sagrestie, l’unico dubbio è: “Ma per andare dove? “, ma questo è un altro discorso.

Sempre in vena di aggiornamento è arrivato sugli altari delle nostre chiese il nuovo Messale, l’ultima modifica è del 1983, che ha subito suscitato, oltre a grandi lodi anche una serie di dubbi.

Come un vortice in eterno evolversi senza una meta precisa, se non adeguarsi al mondo e alle sue mode, la Chiesa sembra non trovare pace e, come nelle mitologiche fatiche di Sisifo, deve sempre correre per essere adeguata ai tempi, ma come nel mito, è sempre in ritardo perché il mondo con le sue tendenza del momento è sempre drammaticamente in anticipo su di essa.                                          

E pensare che un tempo non lontano, era il mondo che doveva adeguarsi a Lei, ma così vanno le cose.

Ora, il nuovo Messale si pone in questa linea di aggiornamento, pur con cambiamenti apparentemente minimi, almeno da un punto formale, ma non certo dottrinale e, dunque, spirituale.

I punti ‘rinnovati’ sono una decina, ma quelli che hanno suscitato maggior interesse e perplessità da parte dell’opinione pubblica sono almeno cinque.

Ad esempio, nella recita della Confessione generale, l’antico Confiteor, alla frase: “Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli “, obbedendo al politically correct troviamo l’aggiunta “e sorelle”, ma, come notato da alcuni commentatori, in questo voler essere sempre aggiornati si dimenticano fatalmente altri soggetti come, ad esempio, i transgender, gli omosessuali, e così via, che non sono citati nella Confessione, inoltre, se il Papa è stato così attento a promuovere questa aggiunta, avviata già alcuni anni fa, perché solo pochi mesi fa non ha cambiato il titolo della sua ultima fatica “Fratelli tutti” nel più aggiornatoin “Fratelli e sorelle tutte”? Mistero.

Ora, però, analizziamo gli aspetti certamente più significativi come nel nuovo Gloria si dovrà dire:” “Pace in terra agli uomini, amati dal Signore” invece del tradizionale “agli uomini di buona volontà”.

Rifacendoci alla prima osservazione perché non inserire più correttamente anche in questo caso, secondo la nuova ideologia, insieme agli uomini anche alle donne, “amati e amate dal Signore?”, ma lasciamo queste quisquilie e procediamo nei cambiamenti di questa preghiera che da più di mille e cinquecento anni recita: “per gli uomini di buona volontà”, mentre oggi cambia in: “agli uomini, amati dal Signore”.

Nella formula precedente c’era una logica dottrinale, infatti, la “buona volontà” è quella di coloro che accolgono la Parola del Figlio di Dio fattosi uomo per riscattare i nostri peccati, mentre la nuova formula appiattisce tutto in una melassa buonista.

Dio, come sappiamo dal Catechismo, ama tutte le sue creature, ma dona la Pace solamente a chi accetta nel profondo del cuore la Verità e ne fa la sua legge di vita, dunque, non è di fatto per tutti indiscriminatamente.

Esiste, ogni tanto è bene ricordarlo, anche il libero arbitrio grazie al quale l’uomo è veramente libero nelle sue scelte con tutte le conseguenze sia del bene come del male che questo comporta, mentre si dà invece per scontata una certa idea, cara ai teologi modernisti, quella di una salvezza universale, senza alcun obbligo di una vera e propria conversione.

Se questi aggiornamenti sono nella fase preparatoria della S. Messa, altro è intervenire sulle parole del Canone attraverso le quali avviene l’atto centrale della Transustanziazione del pane e del vino trasformati nel Sangue e nel Corpo di Cristo.

È questo il momento fondamentale della Messa e toccarlo in maniera superficiale rischia addirittura di invalidare lo stesso Canone, tuttavia si è deciso di intervenire aggiungendo la controversa parola “rugiada” nel momento proprio della consacrazione.

Il celebrante non dirà più “Santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito”, bensì “Santifica questi doni con la rugiada del tuo Spirito”.

La parola rugiada, rore in latino, era già nel messale latino del Novus Ordo di Paolo VI, ma la traduzione che venne scelta possiamo dire in maniera più tradizionale fu sempre con la parola “effusione”, una espressione più chiara essendo emanata dalla Spirito Santo.

E se qualcuno obbietta, secondo alcuni teologi, che lo Spirito Santo non è una “rugiada”, in teologia, viene fatto notare, nel testo evangelico esiste quella che viene detta “analogia di proporzionalità metaforica”. Anche Gesù ha usato questa analogia quando disse ad esempio “quella volpe di Erode”, “guardatevi dal lievito dei farisei”, senza mai pensare che Erode fosse una bestia e i farisei cattivi fornai.

Giusto, ma c’era bisogno di questo cambiamento che può creare solo confusione e che non apporta alcun arricchimento liturgico? Un altro mistero.

Altra nota dolente, già conosciuta da qualche anno, è il cambiamento del Padre Nostro nella frase finale: “non ci indurre in tentazione” in “non abbandonarci nella tentazione”, perché Dio non può indurre l’uomo a fare del male, dicono i moderni teologi.

Sono io a cadere – ha spiegato il Pontefice -, non è Lui che mi butta nella tentazione per poi vedere come sono caduto. Un padre non fa questo, aiuta ad alzarsi subito. Chi ci induce in tentazione è Satana, è questo il mestiere di Satana”.

Solo che nella tentazione, dottrinalmente intesa, ogni cristiano, santi compresi, l’ha sopporta come una prova non di sadismo, ma di crescita interiore, come del resto farebbe ogni buon padre che educa il figlio alle asperità della vita, un esempio su tutti ricordiamo la famosa tentazione di san Paolo che lo tormentò tutta la sua vita, ma che ebbe la consolazione del Cristo.

Poi, per conseguenza logica, seguendo le impostazioni del nuovo Messale, sarebbe l’uomo con la sua azione che lascia libero sfogo al demonio di tentarlo, ponendo così il diavolo alla stessa potestà decisionale di Dio e non più sottomesso a Lui.

Basterebbe allora leggere il libro di Giobbe nella Bibbia per sapere che è il demonio che chiede il permesso a Dio di tentare il pover’uomo per vedere, se nonostante tutte le disgrazie, lo avrebbe ancora amato.

Senza altri comenti lasciamo il lettore a meditare anche sulle “tentazioni di Gesù nel deserto”, da parte sempre del demonio, per comprendere l’assurdità di tale impianto pseudo – teologico. 

Ora, però, che la Chiesa si è accollata l’onere di voler tradurre in maniera sempre più aderente alla vera identità linguistica ci domandiamo: perché visti i tanti cambiamenti al Messale in questi cinquant’anni di riforme, non è stata tradotta letteralmente la frase, tratta proprio dai Vangeli, della consacrazione del calice con il sangue di Cristo che recita Qui pro vobis et pro multis effundétur in remissiónem peccatórum”. Cambiando cinquant’anni fa quel pro multisper molti in italianonel più corretto anche questa volta politically correct?

Cristo, riprendendo dal Catechismo,sacrificandosi per gli uomini ha dato la salvezza solo a coloro che lo hanno riconosciuto come il Messia con una profonda conversione di vita e divenendo così di fatto parte del suo Corpo Mistico.

Ricordiamo la frase pronunciata dallo stesso Gesù: “Molti i chiamati e pochi gli eletti” (Matteo 22).

Un’altra traduzione che ha rispettato più la moda del mondo che non la lettera dei Padri della Chiesa è certamente il “Sanctus Dominus Deus Sabaoth”Il Santo Signore Dio degli eserciti – tradotto nel più pacifista:” Dio dell’universo”, alterando, di fatto, il significato di esercito nel contesto divino di potenza.

Ma torniamo al nuovo Messale dove anche lo scambio del ‘segno di pace’ subirà modifiche, diventando lo scambio, e non poteva mancare, del “dono della pace”.

Pur riconoscendone un valore morale, la parola ‘pace’ quando è pronunciata in maniera spesso gratuita e fuori da un contesto, ricorda la prima lettera ai Tessalonicesi di San Paolo al terzo verso quando afferma, non senza una certa apprensione:” E quando si dirà: «Pace e sicurezza», allora d’improvviso li colpirà la rovina, come le doglie una donna incinta; e nessuno scamperà”.

L’Apostolo invita dunque all’uso più attento di questa parola.

Infine, la conclusione della celebrazione avverrà non più con le parole “La Messa è finita, andate in pace”, bensì con “La Messa è finita, andate e annunciate il Vangelo del Signore, cioè andate e convertite le genti che è poi l’ultimocomandamento di Gesù prima della sua Ascensione ai Cieli.

Frase molto bella ed incisiva, ma ciò può lasciare disorientati i fedeli è che ormai, da molti decenni, tutti i papi che si sono succeduti al soglio di Pietro hanno rivendicato che la Chiesa non vuole più convertire nessuno, ma dare solo una ipotetica testimonianza, dunque come deve comportarsi un cristiano? Altro mistero.

Riprendiamo, in conclusione, quanto riportato sul sito Vaticano, da padre Giuseppe Midili, direttore dell’Ufficio liturgico diocesano, il quale afferma che questa rinnovata traduzione, non va considerata: “una semplice sostituzione di un libro con un altro”, è necessario capire invece che questo è un modo con cui la Chiesa “si adegua nel linguaggio al mondo di oggi”.

La Chiesa, insomma, anche così “va incontro alla società contemporanea”.

Questo “adeguamento della liturgia – afferma ancora padre Midilisignifica essere sempre più vicini al vissuto dei fedeli”.

Davanti a tutte queste parole di innovazioni viene in mente la frase pronunciata da Gesù nel Vangelo di Luca sugli ultimi tempi: “Il cielo e la Terra passeranno, ma le mie parole resteranno in eterno” invece, con la nuova teologia modernista sembra amaramente dire:” Il cielo e la Terra passeranno, insieme alle mie parole”.

48 recommended
bookmark icon