La defatigante polemica fatta molto di ideologia e poco di economia
E’ difficile addentrarsi nei meandri della politica italiana, per meglio dire, quella confusa realtà che una volta aveva quel nome, e cercare di capire dove stiamo andando. Inutile pensare di districarsi con qualche chiarezza tra le posizioni di ogni gruppo, movimento, partito o partitino. O tentare di delineare una qualche linea comprensibile per formarci un’opinione e sostenere qualcuno che ci sembri adatto alla sua realizzazione.
Una cosa appare nitida. Così come ogni italiano parla e si comporta da allenatore di calcio, da risolutore dei problemi nazionali o internazionali, da economista della porta accanto e chi più ne ha più ne metta, così i nostri politici, sia i leader in senso ampio, che la numerosa schiera (ora in prevista diminuzione post referendaria) dei parlamentari, nonché degli amministratori locali ad ogni livello, hanno idee e soluzioni diverse, tante quante sono le teste a parlare, per così dire.
E questo dato, sia detto per inciso, non è molto confortante perché ci espone ad una babele inconcludente e fuorviante. Lo sguardo di insieme ci conferma che il vizio italico è presente ovunque. Pensiamo agli scienziati, ai virologi, che ogni giorno ci parlano, ci indicano, ci consigliano, Ci ammanniscono ognuno una verità eguale e contraria parlando dello stesso problema: la pandemia e il virus che la provoca. Virus che a quanto sembra è sempre lui con minime varianti, a fronte della pletora di opinioni contrastanti su cosa fare, come farlo, quando farlo e per quanto farlo. Ora poi, con l’avvicinarsi del cosiddetto vaccino, ovvero il primo tentativo di combattere il virus per via medica diretta, ancora non siamo in grado di capire quanti possibili vaccini vi sono, perché sono diversi, che cosa fanno al nostro organismo e se saremo immunizzati, per quanto tempo, con la mente alla normalità alla quale vorremmo tornare ma che difficilmente sarà mai la stessa.
Lasciando alla scienza però il suo cammino e sperando di poterci fidare ed affidare alle medicine allo studio, occupiamo di quella babele della quale abbiamo parlato all’inizio.
Ogni giorno, oltre al bollettino medico che ci dica come stiamo, in quale colore di regione ci troviamo, e tutti i dati di riferimento, è un profluvio di dichiarazioni, di precisazioni, di anatemi, di critiche incrociate. Una volta si diceva: è la stampa bellezza. Oggi con la rete e i social non facciamo in tempo a convincerci di una cosa che qualcuno l’ha già confutata con tutto la coda di interventi pro, contro, e alle loro varianti. Non esiste problema nazionale che non sia oggetto di decine di dichiarazioni che i giornalisti cercano avidamente da mattina a sera – facendo il loro mestiere – a volte provocandole anche per far notizia. Risultato una cascata senza fine di parole che a volte verrebbe di bloccare, tanto vacua e insulsa è la sensazione finale che ne deriva. Invece di aumentare consapevolezza e discernimento siamo immersi in un fiume impetuoso dove ancorarsi è pressoché impossibile e subiamo dunque oscillazioni, correnti, sbandamenti. Il tutto nel volgere di pochissime ore.
Il caos regna dunque sovrano e sorge spontanea la domanda delle domande: ma qualcuno saprà quello che dice esattamente? E ancor più conosce quello del quale sta parlando?
Gli esempi possono essere infiniti e riguardare le scelte di politica economica, le misure da mantenere contro la crisi pandemica sia in termini sanitari che sociali, le decisioni strutturali per il paese e quelle infrastrutturali e via sciorinando come avrebbe detto il principe de Curtis!
Il luogo dove tutto questo si concentra per esaltare sia l’assurdo che la sostanza è senza dubbio il dibattito-confronto-scontro sul Mes, il famigerato fondo salva stati e la sua variante destinata alla salute immaginata dall’Europa per affrontare la crisi attuale sul fronte medico. In questo ambito, nessuno è riuscito sino ad ora a chiarire nonostante l’immensa mole di parole il primo punto: perché la versione sanitaria è diversa da quella originaria? Risposte dotte, sommarie, trancianti, da apparenti addetti ai lavori, nessuna che spieghi l’essenziale: l’impatto futuro sui bilanci degli stati è minimo e per contrappunto, la messe di risorse immediatamente disponibile al confronto con il Recovery Fund, il Next Generation e via dicendo.
La nostra politica però balbetta. Chi come il Pd lo vorrebbe, si scontra con gli alleati a cinquestelle che lo vedono come fumo negli occhi anche se è forte la sensazione che non sappiano più neppure perché. Il loro no è come altri un simulacro della loro battaglia contro il sistema che nel sistema di cui sono abitatori di grande comodità sembra un inutile orpello. E su questi orpelli il movimento si sta sfaldando. La spaccatura peraltro passa in tutto il panorama. Sono contrari i leghisti perché si tratta di Europa e con loro anche la destra della Meloni. Più tiepidi dalla parti di Forza Italia. Contrari quelli di LeU, di quella contrarietà un po’ settaria per continuare ad esistere.
Insomma, mentre il paese arranca, l’economia è frenata, le tasche degli italiani si svuotano, le misure del governo si impantanano in Parlamento e nella palude dei regolamenti attuativi, mentre si discetta su come si deve passare il Natale e su ogni altro aspetto del nostro vivere pandemico, lui, il Mes e il suo codazzo di polemiche è sempre lì e non trova soluzione. Come, per fare un altro esempio, la famosa revoca della concessione autostradale ad Atlantia, due anni dopo ancora lì. La verità è che per tirare avanti avendo perso il senso del proprio esserci, la ragione stessa dell’esserci occorre appuntarsi qualche medaglia. Una volta la povertà sconfitta, un’altra volta il taglio dei parlamentari, oggi il Mes, domani chissà!