recensioni libri

Un cuore sleale

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Un cuore sleale. Un caso per Manrico Spinori
Giancarlo De Cataldo
Noir
Einaudi Torino
2020
Pag. 245, euro 17

Roma. Dicembre 2018. Il 9 dicembre di ogni anno i maschi Proietti trascorrono giornata e notte in yacht. Quel giorno ricorre sia il matrimonio dei genitori che la morte della madre. Il marito e padre Ademaro, palazzinaro di successo, tifoso laziale, i figli gemelli Tommaso e Umberto e il più piccolo Renzo si trovano sul lussuoso Chiwi, governato dal capitano e da un marinaio, accompagnati da Brian, marito dell’unica figlia femmina, Sofia. Da Ostia partono per Ponza: battuta di pesca, partita a carte, chiacchiere, rientro all’alba. Questa volta, al risveglio non rintracciano più Ademaro e presto il mare ne riconsegna il cadavere, forse caduto perché colpito alla nuca. Si precipitano sul posto quattro Pm con i relativi poliziotti o carabinieri, non si capisce bene di chi sia la competenza territoriale: Roma, Velletri, Latina, Civitavecchia. Fra di loro c’è il contino Manrico Spinori che non esclude possa trattarsi di omicidio, sulla base delle prime valutazioni, risultanze e scambi di competenti opinioni. La sua squadra alla cittadella giudiziaria di piazzale Clodio è fatta di donne: tre poliziotte, la gentile coordinatrice 40enne Sandra, sposata col 45enne Nico, materna all’apparenza, feroce all’occorrenza, intuitiva per vocazione, meticolosa per scelta (però ora distratta da guai di coppia); la bassa sarda Gavina, sempre concentrata e corrucciata (col caschetto), imbattibile al computer, legata al 32enne professor Filippo; la nuova bella “fascista” romanaccia Deborah, un metro e ottanta di tatuaggi e muscolatura da karateka, legata all’ispettore testa di cuoio Diego; infine l’efficiente sospirosa segretaria Brunella. Interrogano i familiari, Ademaro aveva sfruttato gli ebrei, ora c’erano problemi di successione, la giovane amministratrice delegata delle aziende sembra brava, ma era stata amante di Ademaro e ora è convivente del terzo lento figlio. Al cadavere manca anche un prezioso orologio. Insomma, il problema è individuare l’opera lirica di riferimento!

Il bravo magistrato e grande scrittore Giancarlo De Cataldo (Taranto, 1956) non è un melomane di gioventù, a un certo punto ha riscoperto l’impatto emozionante dell’opera lirica che gli ha scombussolato la vita e, ora, anche l’identità letteraria. Siamo già alla seconda avventura della nuova serie di noir: il signorile melomane Manrico (dal “Trovatore”) è un gran bel personaggio, perfetto per mescolare l’esperienza professionale e la passione musicale di De Cataldo con due differenti generi narrativi. Il credo è rigoroso: “non esiste esperienza umana – delitto incluso – che non sia già stata raccontata da un’opera lirica. Bisogna individuarla. E rimettere al centro della scena il melodramma della realtà”. Si comincia con il morto, come da copione giallo. Seguono tutti i riti dell’investigazione, sia letterari che istituzionali. La narrazione è in terza (quasi) fissa al passato. Manrico va alle prime, cita opere, ascolta lirica e classica, studia analogie emotive col caso, è caparbio, si concentra sulla slealtà (da cui il titolo): “Se c’era una verità che aveva appreso, in tanti anni di indagini, era che, negli esseri umani, verità e menzogna, lealtà e cupidigia, spesso si mescolano… Un solo cuore sleale poteva inquinare un esercito di valorosi”. L’ispirazione verrà da Un ballo in maschera di Verdi, ma non sarà immediata. Manrico è tentato pure di scappare dalle furbizie magistrali dell’amministrazione della giustizia, dai vizi mediatici (che si manifestano alla grande) e dalle frequenti cafonaggini di taluni ricchi. Siamo nell’èra della suscettibilità, incombono le festività, è proprio dura: la madre Elena si salva solo giocando al casinò di Venezia, il figlio musicista Alex preferisce New York, Maria Giulia non si fa amare facilmente. Comunque dolci fanciulle lo vedono alto e bello, ne subiscono il fascino frivolo ma riservato. Fra l’altro, fuori dall’ufficio incrocia pure Valentina Poli, trentaquattro anni, vivace e bella marchigiana di Macerata, pubblico ministero appena trasferita da Palmi a Roma. L’apericena da Piero a Prati non ha conseguenze (per ora). Però, l’ultimo dell’anno si trova a suonare al piano Alabama Song di Bertold Brecht e Kurt Weil, diventa irresistibile. Gaudenti vino rosso, cocktail (Hugo) e liquori (whisky).

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