Ambiente

Una minaccia invisibile

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Perché dovremmo preoccuparci dell’inquinamento acustico

Una nota canzone degli AC/DC afferma che “Rock and Roll Ain’t Noise Pollution”, il rock and roll non è inquinamento acustico. Alcuni scienziati della Mississippi State University, 37 anni dopo l’uscita di Back In Black, l’album che la contiene, hanno deciso di verificare la loro ipotesi. E hanno dimostrato che si sbagliavano, che il rock and roll è inquinamento acustico: quando esposte a musica rock, le coccinelle si sono dimostrate predatori meno efficienti, divorando meno afidi.

L’inquinamento acustico è un fenomeno pervasivo, le cui conseguenze sono chiaramente osservabili sulla fauna selvatica: il rumore causato dalle attività umane provoca un aumento della mortalità, una riduzione della capacità riproduttiva e una maggiore tendenza alle emigrazioni, mettendo così a repentaglio la sopravvivenza di molte specie animali.

Non si tratta di un fenomeno limitato alle aree urbane: le conseguenze sono osservabili anche nei parchi e nelle aree protette, così come nelle acque marine. Secondo un rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, il 19% delle aree naturali protette dal programma europeo “Natura 200” è situato in zone dove l’inquinamento acustico supera i livelli di sicurezza, a causa di strade, ferrovie e traffico aereo. I rumori antropogenici sottomarini, disturbando i rituali di accoppiamento, hanno invece effetti negativi sul successo riproduttivo di alcune specie di pesci, mentre il rumore delle imbarcazioni è stato associato con stress cronico nelle balene.

Sulla terraferma, le conseguenze non sono meno distruttive. Specie di uccelli esposti al rumore costante dei compressori di gas naturale mostrano comportamenti simili a quelli riscontrati nelle persone che soffrono di disturbo post-traumatico da stress. Il rumore costante impedisce loro di distinguere accuratamente gli stimoli uditivi che utilizzano per individuare i predatori, i competitori e i membri della loro stessa specie.

A maggior ragione, i pipistrelli, che si affidano ai segnali acustici per localizzare le loro prede, sono costretti a volare più a lungo e investire più tempo ed energie per riuscire a sfamarsi. E non sono risparmiate nemmeno le specie vegetali: l’inquinamento acustico può cambiare la distribuzione dei volatili responsabili dell’impollinazione, riducendo le loro possibilità di riproduzione.

L’inquinamento acustico ha effetti a lungo termine anche sulla salute umana. Si stima che, solo in Europa, siano ad esso attribuibili ogni anno 12000 morti premature e 48000 casi di cardiopatia ischemica. Tra gli effetti si contano diversi disturbi dell’apprendimento nei bambini: ridotte capacità di lettura, una più bassa soglia dell’attenzione e difficoltà nella risoluzione di problemi e nella memorizzazione. Il rumore è stato associato a stress, disturbi del sonno, maggiore incidenza di ipertensione arteriosa, di infarto miocardico, di insufficienza cardiaca e di ictus.

Il nostro sistema nervoso è progettato per recepire e analizzare costantemente i segnali acustici, anche quando dormiamo. Questo significa che la continua insorgenza di rumori forti o non prevedibili causa un aumento della produzione degli ormoni legati allo stress, come l’epinefrina o il cortisolo. Nel tempo, ciò può causare un innalzamento del livello glicemico del sangue e della pressione arteriosa, con conseguenze a cascata sulla salute fisica e psicologica: disturbi dell’umore, insonnia, difficoltà di concentrazione e mal di testa.

La continua esposizione a rumori ambientali, secondo lo scienziato statunitense Kurt Fristrup, ci sta portando a una “sordità appresa”: stiamo non solo perdendo acuità uditiva (vivere in una città molto inquinata dal punto di vista acustico può portarci ad avere l’udito di una persona fino a 20 anni più vecchia di noi), ma anche smettendo di interagire con l’ambiente. Le nostre orecchie sono costantemente stimolate, perciò smettiamo di ascoltare, di recepire i segnali e di analizzarli. Il suo timore è che ci stiamo lentamente adeguando a livelli sempre maggiori di disturbo e che finiremo per accettare rumori ben più forti di quelli considerati sicuri per la nostra salute (per l’OMS, 55 decibel: un automobile di passaggio ne produce 70).

I dati sulla situazione europea non sono rassicuranti. Nonostante il lockdown abbia portato i livelli di inquinamento acustico a toccare minimi storici, una persona su cinque in Europa è esposta a livelli di rumore che provocano danni alla salute. Un miliardo di giovani tra i 12 e i 35 anni è a rischio di problemi di udito a causa dell’esposizione incontrollata al rumore. Nonostante gli interventi comunitari e i timidi tentativi legislativi dei singoli paesi, il numero di vittime non è calato significativamente dal 2012 al 2017, e anzi, vista la tendenza a una sempre maggiore urbanizzazione, ci si aspetta che il rumore ambientale e le persone da esso colpite aumentino.

C’è ancora molta strada da fare, anche se le iniziative non mancano.

Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente, ci sarebbe innanzitutto bisogno di definire e salvaguardare “zone silenziose”, dove i livelli di rumore siano tenuti bassi. Il totale silenzio non sarebbe di beneficio, ma poter sentire i suoni della natura sì: studi dimostrano che aiutano a calmare il sistema nervoso e diminuire lo stress. Forse perché, a livello inconscio, abbiamo associato il suono tranquillo del mondo naturale a una sensazione di sicurezza.

Altre soluzioni potrebbero essere quelle di creare “corridoi del rumore” allineando le traiettorie degli aerei con le strade. Così come incentivi alle auto elettriche, più silenziose di quelle con motori a combustione, e agli spostamenti a piedi e in bicicletta. Asfalto più liscio. Gestione smart del traffico cittadino. Limiti di velocità. Oppure, ancora, insonorizzazione degli edifici, come suggerito dal Cnr alla consultazione, iniziata a metà novembre, sul Piano d’azione Ue “Verso l’inquinamento zero”, previsto dal Green deal allo scopo di affrontare gli aspetti ambientali di aria, acqua e suolo in modo interconnesso. C’è sicuramente molto spazio di manovra per un’azione legislativa coordinata a livello internazionale.

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