Ci sono termini che tornano, ritornano, inflazionano il linguaggio, come in un fenomeno carsico. Certamente quello scelto è tra questi e al massimo grado. Dunque, responsabilità (dal latino responsum, ovvero «risposta»). Il dizionario indica in sintesi così la capacità di rispondere dei propri comportamenti, rendendone ragione e accettandone le conseguenze. Come spesso accade molteplici sono le declinazioni della parola che mostrano come richiamarsi ad essa possa portare ad eventi, circostanze spesso divergenti dalla realtà e dal realismo potremmo dire. Sempre l’ausilio del dizionario ci dice che il vocabolo delinea il fatto, la condizione e la situazione di essere responsabile. Una responsabilità si assume, si prende, e può riguardare atti, comportamenti che portano a conseguenze. Ancora possiamo sottolineare che il termine può anche identificare il compito o il settore specifico di cui si è responsabili. In generale è la dote e la caratteristica di essere responsabile, di comportarsi responsabilmente.
È indubbio che la manifestazione più eclatante è quella che vede il termine in frasi spesso pronunciate nel consesso sociale, politico, scientifico e in ogni ambito correlato con sfumature diverse e variamente articolate, ma sempre con tono grave, soprattutto quando, all’interno di un gruppo (in particolare politico) s’intende scindere la responsabilità dei singoli componenti da quella solidale dell’intero gruppo. Questo appare più chiaro se ci occupiamo di diritto. In quello civile per indicare la situazione giuridica di un obbligo gravante su un soggetto e che si instaura o per inadempimento di un obbligo o per qualunque atto illecito doloso o colposo che abbia arrecato ad altri un danno ingiusto. Nel diritto privato si distingue quella diretta o soggettiva e quella indiretta od oggettiva, secondo che l’illecito sia causato dal soggetto stesso oppure da altri di cui è tenuto giuridicamente a rispondere (incapaci, figli minori, soggetti sotto tutela, ecc., o anche animali, cose in custodia, attività pericolose, ecc.). Di qui le declinazioni di responsabilità in assicurazioni o a livello patrimoniale, amministrativo, e via dicendo. Un caleidoscopio che fa della responsabilità una pietra angolare del comportamento umano sia singolo sia associato.
Il discorso ci porta in modo diretto e a suo modo inevitabile alla nostra consueta riflessione in politica e soprattutto quella nazionale. Nel definirla politica, seguendo il dizionario, si fa riferimento al “rapporto di rappresentanza, alla responsabilità di un titolare di una carica pubblica elettiva nei confronti degli elettori; nel sistema costituzionale italiano, la responsabilità del governo verso il Parlamento, che si concretizza nell’obbligo del primo di dimettersi quando non abbia più la fiducia del secondo; in senso generico, la condizione di chi è responsabile, per comportamenti, azioni o discorsi che di per sé non rappresentano un reato, di situazioni o accadimenti politici, economici o sociali gravi o delittuosi”.
Nella storia della politica della Repubblica, a torto o a ragione, in difetto o in eccesso, la responsabilità ha sempre avuto un ruolo angolare, utilizzato per spiegare le proprie ragioni o per criticare quelle degli altri. Come nei casi di elezioni e di risultati non totalmente chiari e dunque in equilibrio instabile si sente sempre e comunque dire “abbiamo vinto” anche da chi ha chiaramente perso, così anche nel caso della responsabilità assistiamo al rimpallo delle responsabilità, ci si perdoni la ripetizione. Ognuno per sé sottolinea ed esalta il proprio senso di responsabilità e per converso la sua negazione negli altrui comportamenti. Nessuno accetta di essere considerato irresponsabile con il conseguente risultato che tutti sono responsabili in proprio, nel quadro delle proprie convinzioni, nell’insieme degli atti che vengono posti in essere proprio ad essa richiamandosi.
Dunque, un significato oggettivo non è possibile? Dipende. In primo luogo, chi ascolta riceve messaggi e pertanto può certamente farsi la propria opinione giusta o condizionata. Non esistono algoritmi in questo caso, neppure nell’era di internet. È però evidente la necessità di intravedere un senso complessivo esplicativo che metta qualche punto fermo.
Lo spettacolo che ancora una volta abbiamo dinanzi in occasione della crisi di governo attuale, sottotraccia ma reale, è quello che da sempre ci fa comprendere la differenza. Qualche mese prima delle elezioni americane il presidente uscente, ancora nel pieno dei suoi poteri lanciò l’allarme sui brogli del voto in arrivo. Sappiamo come è andata! Nel nostro caso la caccia ai possibili voti in caso di possibile crisi con una componente della coalizione è certamente in corso da tempo, a meno di pensare (cerchiamo di tenere lontana questa ipotesi) che improvvisamente qualcuno “per responsabilità”, e con il famoso bilancino Cencelli, sappia assumersi le proprie responsabilità come sulla via di Damasco, per così dire.
Quanto accade, a conferma di un costume inveterato è certamente deprecabile e non in termini di sopravvivenza dell’esecutivo, ma per il solo fatto di ritenere possibile e attuabile in un momento grave per il paese, il ricorso a siffatti soggetti, per raccattare un voto qui e un voto là, per andare avanti e non darla vinta alla logica della crisi stessa. Questo è avvenuto, ancora una volta mostrando l’assenza degli anticorpi che una democrazia matura dovrebbe avere. I proclami del momento storico e delle conseguenti azioni da compiere con il più vasto consenso e la più vasta condivisione, si sono infranti nuovamente sull’altare dei responsabili del momento, o costruttori come si è detto per qualche settimana: termine che è talmente chiaro da doverne fare a meno per chiamare con il loro nome le circostanze: mercanteggiamento e affini!
Uscire così dall’emergenza non sarà solo difficile ma impossibile!