Da araba fenice a protagonista grintoso, le facce ormai sono troppe
La riflessione che facciamo sulla quotidianità politica nazionale, nel mentre sembra “risolversi” la crisi politica scaturita dall’uscita di Italia Viva dalla maggioranza con il ricorso ai “responsabili/costruttori” (ben altro il valore delle indicazioni date dal Quirinale) ci porta necessariamente a misurarci con la figura del presidente del Consiglio. L’aggettivo nel titolo, spesso usato nei film di fantascienza o in quelli fantasy più in generale, non esiste per così dire nel linguaggio corrente ma è una sorta di neologismo che scaturisce dall’uso dei termini che ne fanno parte. Il riferimento al premier è inevitabile considerando le molteplici facce che esso presenta di fronte alla molteplicità dei possibili interlocutori.
Una piccola digressione. Il tema di esseri umani o altre creature capaci di mutare forma ha una lunghissima storia nella letteratura, nella mitologia e nel folklore, ed è presente in praticamente ogni altra forma di finzione. Al termine tradizionale proteiforme per indicare una creatura capace di mutare forma a proprio piacimento si affianca oggi quello appena indicato, ovvero la capacità di un essere umano di assumere sembianze di un’altra persona o di un altro essere. Nella lingua greca per indicare questo vocabolo si parla di allelòtropo, ovvero l’unione tra “allelo” che vuol dire altro in senso ampio e tropos che indica la forma. Sempre nella scienza, in chimica si indicano come “mutaforma” le sostanze che si trovano in stato di equilibrio instabile e possono quindi passare da una forma all’altra.
È evidente che con questa riflessione sul presidente del Consiglio non si faccia riferimento alla possibilità di mutare la propria presenza, ma al comportamento che si sta tenendo nel variare dei tempi e delle forme politiche. È questo il punto considerando l’attuale situazione e i prossimi tempi che ci attendono sino all’elezione del nuovo presidente della Repubblica.
Una considerazione anche superficiale ci porta a sottolineare l’unicità del personaggio e del ruolo che si è assunto, al netto della situazione di emergenza pandemica. La sua provenienza non soltanto non politica, ma anche legata in qualche modo ai cinquestelle, ovvero gli artefici dell’antipolitica che però vuole governare il paese e condizionarne l’evoluzione potrebbe spiegarne i comportamenti e la distanza siderale tra gli alti riferimenti dei suoi interventi e la pratica amministrazione dell’esistente. Ma questo è un problema che riguarda tutti i politici attuali di qualsiasi colore. In assenza di eroi, di leader storici e di leader tout court, il “mercato” per così dire ci presenta questo scenario. Certo la consapevolezza delle questioni sul tappeto esiste in alcuni, tuttavia nelle risposte la sensazione è che invece di immaginare – non solo a parole – strategie di ripresa e di soluzione dei problemi nazionali, ci si occupi dell’esistente tentando di inserire azioni contingenti in un grande discorso generale. Solo che tra i due estremi appare un vuoto. Vuoto che i cittadini avvertono alle prese con i propri problemi quotidiani, con l’impoverimento generale della società, con un’incertezza del domani che sta divenendo sindrome sempre più preoccupante a partire dalle fasce più giovani che sono quelle più esposte verso il futuro.
Unica pietra angolare, da quasi tre anni e con ormai tre formule di governo, il premier. Una volta definito araba fenice per la sua sostanziale “assenza” in quello gialloverde e nella prima fase giallorossa, oggi primattore a tutto campo, quasi “salvatore” della patria per la ieratica tendenza a porsi come possibile stratega consapevole di dove stiamo andando. Un non politico, nella meno politica delle legislature, che occupa la scena politica per tacitare, respingere chiunque lo contraddica.
Una trasformazione che ha dell’incredibile. Soprattutto quando nel suo linguaggio aulico e al tempo stesso tagliente sembra interpretare appieno la figura del demiurgo, contornato di tecnici, di politici tecnici e in apparenza lontano da ogni strategia politica. In apparenza, infatti. In realtà si tratta di un incredibile fusione di ambizione personale, di radicamento in un potere del quale soltanto tre anni fa era avulso come ogni signor nessuno che si rispetti e di capacità che in altri tempi si sarebbe definita con semplicità trasformista.
E trasformista indubbiamente lo è interpretando ormai diverse parti in commedia ma come diciamo c’è qualcosa di diverso: la capacità di mutare forma a seconda delle circostanze. Un’attitudine che lo porta a porre nel tritacarne tutto ciò che è appena stato, a rinnegare qualsiasi cosa abbia detto o fatto, per adeguarsi alla nuova forma secondo le esigenze che emergono nel cammino del governo e del parlamento. È possibile anche aggiungere che di fronte allo scandalo eterno dei “responsabili”, mostri la ulteriore capacità di far apparire positivo ciò che è e resterà sempre negativo, ovvero il mercanteggiare la propria sopravvivenza comunque.
Un piccolo capolavoro, certamente, del quale non si sentiva la necessità soprattutto in un paese parlamentare come il nostro e per il quale i teorici immaginano una legge elettorale proporzionale come nella prima repubblica. Ahinoi! Il terreno di coltura perfetto per i “mutaforma”!