La politica alla ricerca di un senso compiuto tra polemiche e scontri
Il valore ontologico, per così dire, di una democrazia matura si manifesta in molti modi ma certamente tra questi il principale è la ferma e incrollabile convinzione di trovarsi nel momento giusto e nel sistema giusto. A corollario il contraltare che ogni perturbazione, ogni criticità deve fare appello a quel valore primario e ancorare ad esso ogni confronto anche aspro, ogni momento dialettico mostrando che la vita di un sistema siffatto ha in sé la forza e la formula per impedirne la degenerazione.
Il nostro paese potrebbe dopo settant’anni a buon titolo essere considerato una democrazia matura, un sistema vaccinato e forte contro ogni errore strutturale e prospettico. Ecco perché risulta defatigante, meschino e poco confortante dover analizzare una condizione che in generale mostra guasti che investono tutti gli attori senza eccezioni e che periodicamente manifesta in filigrana una sorta di vizio di origine e una serie di mai risolte questioni che vengono da lontano. Troppo per poter essere ancora utilizzate per ostracizzare, limitare, impedire e non far crescere la capacità inclusiva fatta anche di contrasti, di differenze anche accentuate, persino insanabili nella teoria. È invece quello al quale assistiamo facendo vacillare ma solo per poco la incrollabile fede nel sistema e nelle sue capacità di recupero e di corretto esercizio. Fiducia nel sistema che è e deve essere patrimonio di tutti e di ognuno, soprattutto e per paradosso per coloro che in teoria e in vaneggiamenti periodici immaginano rovesciamenti, rivoluzioni, palingenesi improbabili e inaccettabili.
Quello che preoccupa di più e indigna è che i sentimenti democratici appartengono alla maggioranza assoluta degli italiani. Peccato che ad ogni piè sospinto si parli, si discuta, ci si scontri per posizioni e questioni minoritarie se non elitarie, comunque parziali e che poco hanno a che fare con la generalità del popolo. Certo si potrebbe obiettare queste fanno audience, mentre la saggia vita quotidiana di ogni connazionale potrebbe dare adito alla famosa gag di Sandra e Raimondo … “che barba che noia …. che barba che noia …”! Eppure, andrebbe tenuto presente dai politici e da coloro che si piccano di esserlo, che proprio quella saggia e operosa vita quotidiana è la garanzia e la forza sulla quale poggia il Paese e alla quale andrebbe dedicata maggiore attenzione impedendo che estremismo e particolarismo abbiano sempre e comunque il palcoscenico ad onta della dubitabile importanza delle loro tesi.
Se a questo aggiungiamo il particolare momento che l’Italia sta attraversando sia in termini di sanità sia per i tentativi di riavviare il paese dopo (si spera) la pandemia e sfruttando la grande messe di risorse che ci viene dalla comune appartenenza all’Unione Europea, ecco che quelle limitate vedute che appaiono mostrano la corda di una politica incapace non solo di rigenerarsi ma anche di essere, o meglio tornare ad interpretare, il vero tessuto del paese e non quello immaginato nelle proprie visioni di quel che dovrebbe essere. Al di là della presunzione insita in questo atteggiamento anche il deficit di analisi e di sintesi. Un deficit che vede purtroppo affìancate tutte le forze politiche. Sia quelle storiche, sia quelle più recenti, sia quelle per così dire ultime arrivate.
La serietà della stagione che viviamo richiederebbe dal momento che si è decisa un’ampia maggioranza a favore del governo Draghi che questioni di bottega, come anche dibattiti paraideologici, lasciassero il tempo che trovano, richiedendosi invece l’impegno diuturno a fronte delle questioni sul tappeto, delle misure da assumere e degli interventi da realizzare. Questo l’obiettivo, questo l’impegno. E invece continua inarrestabile il cicaleccio, il battibecco simile a quello dei bambini cui venga tolto il pallone (con tutto il rispetto dei piccoli che nulla hanno di colpevole, ma che imparano così a vivere) con l’utilizzo di battute, metafore degne di miglior causa nel migliore dei casi; con l’ostracismo paraideologico e la finta e autoreferenziale attitudine a definire, criticare, anche offendere l’altro, salvo poi ad affermare che è stato lui a cominciare, in un infinito batti e ribatti inconcludente e meschino nel quale sembrano coinvolti anche politici di spessore ma che alla prova della leadership mostrano qualche limite e si affidano all’ovvio e allo scontato!
E se invece si stabilisse un principio di prevalenza e dunque si mettesse un limite, la sordina a ciò che non è utile per concentrarsi sull’essenziale e collaborare insieme alla realizzazione del piano di rinascita del paese che altro non è che la garanzia e la forza verso il futuro. Quando si partecipa ad un’alleanza, necessitata per giunta, occorre limitare i propri interessi, anche elettorali, e guardare ai valori condivisi e comuni. Il Paese viene prima di tutto e simile atteggiamento sarebbe la garanzia comune per quel dopo auspicabile e meno segnato da dolore, tragedie, ritardi ed inefficienze. Insomma, un po’ di senso dello Stato nel senso più nobile del termine e non in quelle declinazioni partitiche o di gruppi di interesse con i quali viene spesso confuso e gabellato. Silenzio allora, operoso, ma silenzio. Lavoro parlamentare rapido e, a manifestazione della centralità delle Camere, rispetto per la responsabilità che assume chi è delegato alla guida del Paese e che non può essere disturbato da un inutile rumore di fondo. Se i valori principali sono condivisi l’obiettivo è comune e occorre lavorare per esso. Torneranno poi i tempi dei distinguo, delle critiche, delle satire, delle accuse e tutto quello che ogni giorno ci ammannisce questa degradata condizione nella quale siamo venuti a trovarci. Ma il popolo è più saggio, questa un’altra incrollabile convinzione cui affidarsi! Altrimenti saremmo in una farsa dove si blatera e si conciona come diciamo nel titolo “un po’ per celia …. e un po’ per non morir”!