La parola

Coesione

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Il termine che abbiamo scelto ha la sua spiegazione nel dizionario come proprietà dei corpi di resistere a ogni azione che tenda a staccarne una parte dall’altra. Proprietà che si spiega ammettendo che tra le particelle di uno stesso corpo agiscano forze attrattive ( cosiddette forze di coesione) derivanti da azioni elettriche fra molecole contigue sensibili solo se le distanze intermolecolari sono dell’ordine di grandezza del raggio d’azione molecolare (che è inferiore al milionesimo di centimetro). Per distanze maggiori tali forze vanno rapidamente attenuandosi. Quanto ai gas, le loro molecole, sebbene vicine, sono generalmente a distanze ben superiori al raggio d’azione molecolare: le forze di coesione sono di conseguenza generalmente trascurabili.

Come vocabolo linguistico esso indica la connessione tra le diverse frasi di cui il testo si compone, realizzata sia con mezzi grammaticali, sia semantici. Con riferimento a terreni, è in genere sinonimo di compattezza, distinguendosi peraltro una cosiddetta vera (mutua attrazione delle particelle del terreno), e una apparente, determinata dalle tensioni capillari dell’acqua interstiziale. Rimanendo poi in campo scientifico in botanica si parla di coesione come di fusione di organi di uno stesso verticillo, sinonimo quindi di coerenza. Ancora unità, fusione organica tra elementi di un complesso. Così si parla di coesione tra soldati di un reparto, tra i militanti di un partito, tra i sostenitori più in generale di un’idea; oppure come stretta unità logica, si pensi all’espressione discorso senza coesione, slegato (diverso da privo di coerenza, contraddittorio).

Come si vede il valore letterale aiuta soltanto in parte e sono spesso le declinazioni di uso comune ad aggiungere senso all’utilizzo del vocabolo così come  la pratica e la lingua parlata e scritta ne hanno pian piano fatto uso.

Così la parola coesione ci soccorre in questo giorno in cui celebriamo il settantacinquesimo anniversario della nascita della nostra repubblica, in una stagione pesantemente segnata dai problemi e dai nodi di sempre nella nostra storia, ma di fronte ad un passaggio che potrebbe portare con sé il seme dello sviluppo e della rinascita: l’uscita dalle strettoie provocate dalla pandemia che ci ha colpito da oltre un anno insieme a tutta la comunità mondiale.  

Coesione, allora, vuol dire ritrovare e rinnovare soprattutto quell’atto di convinto sostegno, pur tra le polemiche e le divisioni oggi come allora, nei confronti di un paese che lasciandosi alle spalle venti anni di dittatura e di una guerra devastante e sciagurata, scelse di ricostruirsi come una nazione unita e capace di segnare il tempo e la storia di nuovo come nel passato accadde con la cultura, l’arte, la scienza. Un atto di convinto sostegno ad unire le forze per farcela contro il nemico, allora con sembianze umane, oggi con quelle invisibili di una proteina bisognosa di noi per attivarsi e portare il suo attacco alle nostre difese immunitarie.

Questo vuol dire unità di intenti, non corsa, non accaparramento, non arrivare prima degli altri perché si è più furbi e guardare il prossimo come un alieno perché non vi è ancora arrivato. Parliamo della dissennata attività di coloro che accettando le procedure dei vaccini e con il bagaglio di oltre un anno di confronto e di lotta con il virus, si comportano come una folla senza intelletto ammucchiandosi e provocando interventi di forza pubblica per dirimere una querelle che è soltanto frutto della incapacità per così dire di essere normali: come di recente accaduto in una città che pura è definita la dotta, quindi che potrebbe dare lezioni agli altri. Un caso, ma da manuale, come di fronte alla paura o alla possibilità di sfuggirle non si guarda in faccia a nessuno.

Torniamo dunque dopo questa digressione al senso più forte e nobile di coesione che vuol dire appartenenza, vuol dire condivisione. Certo la critica, il diverso parere fanno parte integrante della democrazia e trovano il loro fondamento nelle libertà riconosciute dalla Costituzione. Ma ogni libertà, come recitava un antica saggezza trova il solo limite in quella dell’altro con il quale occorre trovare un sistema coerente di condivisione degli spazi assegnati ad ognuno, senza prevaricazioni e senza atteggiamenti di superiorità morale o di altro genere da verificare sempre nei fatti. I tempi cambiano ma questo concetto no! La forza di un paese, di una collettività sta in quella semplice espressione che fa da confine o da terra di coerente diversità cui va dovuto il rispetto. Ogni tentativo di approfittare, di giudicare, di porre divieti e limiti urta immediatamente con il principio. Non per indicare il libertarismo di ognuno, come sempre deteriore per il suo suffisso, ma per dare ad ognuno il senso della propria libertà in armonia con quella degli altri, sola garanzia di una civile convivenza e della possibilità di costruire o di ricostruire, come si fece settantacinque anni fa, consapevoli del comune destino. Non è nell’imporre un pensiero comune la ricetta ma nella capacità di far capire che quel pensiero comune è a difesa della possibilità di ognuno di esprimersi al meglio, senza calpestare o imbrigliare l’altro, anche il più diverso da noi. Dovere di coesione, dunque, come risultato del diritto a vivere la propria libertà senza condizionare quella degli altri. Un limite che tutto sommato si può con coesione e coerenza accettare per se stessi e per gli altri. Al di fuori di esso vi è solo l’anarchia, l’homo homini lupus, la sopraffazione. Tutto il contrario di quella coesione che si auspica possa estendersi nel nostro paese, in Europa e nel mondo intero! Buon compleanno alla nostra Repubblica!  

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