Senza chiarire cosa sia il feto
Durante i lavori del Congresso di Vienna che ridisegnavano la cartina geopopolica dell’Europa dopo il ciclone di Napoleone, venne attribuita una frase all’allora potente ministro degli esteri austriaco, il principe di Metternich, riguardo all’Italia come nazione indipendente. Con irrisione, l’austrico rispose che l’Italia era solo “una mera espressione geografica” e non certo politica.
Oggi, questa stessa frase si addice alla nostra Unione Europea, una entità di fatto senza storia, senza cultura e né tanto meno ideale, insomma, rifacendosi al Metternich, è una “mera espressione geografica” con in più la sua ferruginosa e cieca burocrazia che impone una visione morale ed economica a cui ogni nazione della Unione Europea deve attenersi, anche al di là di ogni evidente contraddizione ideale, storico, culturale o giuridica. Un ultimo esempio, tra i tanti, è certamente il rapporto Matic, dal nome del suo relatore l’eurodeputato socialdemocratico croato Predrag Fred Matic, approvato la scorsa settimana dal Parlamento europeo in seduta plenaria, dopo otto anni di dibattiti e accese discussioni.
Il testo garantisce di accedere, sotto l’espressione “salute sessuale e riproduttiva della donna” all’interruzione di gravidanza, senza alcun impedimento ad abortire, anzi esortando i governi europei a rimuoverne tutte le barriere legislative. In questo modo l’aborto viene derubricato da essere una “tragedia” per la donna, a un diritto tra i tanti da garantire senza limitazioni. Secondo costoro, tali impedimenti, sarebbero “i lunghi periodi di attesa”, che si possono risolvere eliminando, tra l’altro, la negazione delle cure mediche basata sulle convinzioni personali dei dottori (leggi obiezione di coscienza. Ndr)e la necessità di consulenze o di autorizzazioni di terzi, precondizione fondamentale per praticare un aborto.
Una vera aberrazione del diritto giuridico è stato definito questo modo di procedere, se infatti diamo una illimitata possibilità alla donna incinta di avvalersi dell’interruzione di gravidanza, allo stesso modo viene meno però uno dei diritti fondamentali di ogni democrazia; quello della libertà individuale che permette, davanti a scelte morali, politiche o religiose, l’obiezione di coscienza nel caso specifico del personale sanitario che, per i suddetti motivi, non se la sente di uccidere strappando dal ventre della donna, (questo è l’aborto. Ndr) una creatura che, ricordiamolo sempre, non è una massa informe gelatinosa, ma un essere umano costituito a tutti gli effetti da un corpo già formato e da una coscienza attiva già nei fatidici tre mesi di gestazione nei quali per la legge si può ancora abortire.
Ciò che non si cita ovviamente nel documento finale, neanche di sfuggita, è che l’aborto, in quanto tale, rimane un omicidio, un crimine verso un feto innocente che una volta concepito dovrebbe avere gli stessi diritti di ogni essere vivente, ma così non è per i legislatori i quali non affrontano, ormai da decenni, né giuridicamente, né tanto meno da un punto di vista biologico che cos’è realmente un feto: un vegetale, un minerale, un animale?, oppure è la base dell’essere umano, ciò che ognuno di noi è stato per nove mesi, ma, non volendolo definire, si evita colpevolmente l’ostacolo di affermare il diritto di essere considerato persona, affermazione che, comprendiamo bene, farebbe cadere ogni liberalizzazione abortiva, e, dunque, per legge l’essere è considerato persona solo alla sua nascita e prima di questo evento, con una tesi assurda, c’è solo il nulla, insomma, il feto non esiste come individuo, facendolo rimanere colpevolmente in un limbo non solo giuridico, ma anche morale.
C’è, però, un vulnus giuridico in tutta questa storia da non sottovalutare: secondo i trattati europei, sempre riconfermati, i temi riguardanti l’educazione e la politica sanitaria “sono di competenza degli Stati membri” e il documento Matic, “viola – secondo una recente risoluzione del Parlamento di Bratislava – palesemente la regola della sussidiarietà e oltrepassa i poteri del Parlamento europeo”. Staremo a vedere, pur non facendoci illusioni, conoscendo la “macchina da guerra” della Ue, ma l’importante è poter reagire in qualche modo.
In conclusione, l’ultima ipocrisia del Trattato che lascia delusi, è che davanti alle tesi per l’aborto libero, non si sia speso neanche un rigo nel documento finale per affrontare finalmente le ragioni che portano tante donne ad abortire, così da poter intervenire concretamente con soluzioni adeguate e non ideologiche per quello che, nonostante il Trattato, rimane sempre un dramma, offrendo alle donne le condizioni perché possano scegliere per la vita e non solo per l’interruzione.
Sarebbe un bel messaggio per il futuro dove non esiste solo la morte per risolvere i problemi, ma anche poter scegliere per la vita.