Società

Tanto tuonò …. che non piovve!

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Il debole armistizio, inconcludente, tra i cinquestelle. La politica divisa.

E’ sempre più evidente lo iato (sia permesso questo vocabolo un po’ erudito) tra l’azione del governo intesa a garantire le basi per la ripresa economica e sociale, proprio ieri l’Ecofin ha dato il placet al nostro e agli altri Piani nazionali di ripresa e resilienza, e il quadro di riferimento politico nazionale. Sembra sempre di più che l’esecutivo, i ministri, parlino con le parti sociali, con i partiti nella versione governativa e che la politica nella sua versione diciamo così popolare e parlamentare seguano un altro calendario ed un altro elenco di problemi e questioni. Una divaricazione che fa apparire il quadro generale assolutamente eccentrico. Non tanto per l’importanza degli argomenti (si pensi al durissimo confronto in atto sul ddl Zan o alla riforma della Giustizia) quanto per la sensazione di straniamento che la politica sembra rivestire in una stagione dove gli interessi e le priorità dovrebbero essere rivolte alla ripresa, al superamento di ritardi decennali, di ataviche carenze strutturali, onde mettere in condizioni il paese di funzionare al meglio e affrontare la sfida storica del rinnovamento che lo può mantenere e far avanzare tra i maggiori paesi del mondo in termini produttivi e di import-export.

Anche la vittoria dell’Italia nel calcio europeo (così come la grande sfida del tennis a Wimbledon), al di là del momento personale di ognuno sembra più incarnare la prima versione che la seconda e mostra una distanza ancor più preoccupante tra la politica e il paese reale.

E lo sguardo sull’esistente ci mostra proprio questo. Disattenzione, distanza, eccentrico occuparsi di questioni anche di importanza notevole ma che nell’attuale momento storico del paese possono sembrare degne di stagioni più adeguate. Si dirà ma la politica deve rappresentare il paese, certo. Ma il paese in questo momento chiede di potersi muovere liberamente e in sicurezza, di poter lavorare e produrre, di ricostruire e riportare la propria e l’altrui condizione a qualcosa che assomigli a quel che abbiamo lasciato poco più di un anno e mezzo fa da un lato e venti anni fa almeno per molti aspetti. Quindi questa si una distanza che va superata e colmata.

Il punto più alto nel quale questa divaricazione appare e si manifesta è sicuramente il movimento cinquestelle o quell’area che ad esso fa riferimento, in profonda crisi di identità e di ruolo mentre il paese sembra non vederli più che il nuovo che avanza ma come un altro tipo di vecchio che ritorna. Lo scontro prima sottotraccia con il governo Conte è arrivato alla resa dei conti o a qualcosa che gli assomiglia con l’attuale condizione di uno dei partiti della coalizione, una volta di maggioranza relativa, oggi nessuno sa ancora esattamente a livello elettorale quanto sia la consistenza. La ragione del contendere è semplice, palmare: la versione di governo del movimento ha compreso che il mantenimento del proprio ruolo nella politica e in Parlamento passa per alcune questioni che pongono deputati e senatori pentastellati a contatto e a confronto con l’essenza della politica quella contro la quale il movimento era nato. Di qui una difficoltà crescente a presentarsi come leader nel governo delle cose con le trattative, gli accordi, se occorre i compromessi con un esistente che data da molto prima della loro apparizione.

Un dato questo che ha portato in luce quell’anima rappresentata dal guru, dall’elevato, dall’uomo del vaffa acclamato dalle folle che non ci sono più. Misura del cambiamento ontologico che il movimento sta subendo. Proprio la reazione del grillismo originario ha provocato questa guerra intestina dalla quale è difficile uscire vincitori. Ed infatti le ultime notizie parlano di un accordo in extremis con l’ex premier come capo politico e il guru come garante sempre con poteri di vita e di morte quale satrapo orientale sulla vita politica dei suoi parlamentari. Un assurdo vivente che non tarderà ad esplodere di nuovo. Una camminata nel deserto per i molti che speravano in una normale evoluzione a contatto con le istituzioni. Un bengodi per  coloro che non vogliono costruire alcunché, ma solo criticare e distruggere gli altri. Insomma come abbiamo detto nel titolo: tanto tuonò che …. non piovve!

Buio pesto nel resto del campo politico sia a destra che a sinistra. Se il segretario dem cerca e non trova ancora il senso del ruolo del suo intero partito, schiacciato tra le emergenze e la perdita di ruolo complessivo, tampinato dai gruppi minori, Italia Viva in primis sul proprio terreno, anche il centrodestra pur maggioranza potenziale nel paese non ha né una leadership acquisita né un’unità di intenti.

Per i primi si tratta di combattere ogni giorno per dir qualcosa di sinistra come sosteneva Nanni Moretti e farsi portabandiera di una governabilità senza strappi che attragga anche i moderati: di qui la continua polemica, i continui attacchi nei confronti dei gruppi minori alla ricerca di spazio.

Per i secondi, irrisolto il tema di chi sia il primo della classe e lontano il momento della conta effettiva nel paese, un continuo logoramento fatto di proclami all’unità e alla ricerca  di un progetto comune e condiviso.

Sullo sfondo quell’Italia delle Regioni e delle grandi e medie città dove questa confusione viene vissuta in modo mediato, a volte rarefatto e dove prevalgono gli interessi locali, i valori locali e così via qualche volta in aperto contrasto con le indicazioni che vengono da Roma, come usa dire.

E’ auspicabile che anche attraverso il voto, quando sarà possibile, con un paese un po’ più stabile economicamente e più robusto nel tessuto sociale, i cittadini italiani sappiano individuare qualcosa o qualcuno che possa imprimere un po’ di novità ad un quadro troppo eguale a se stesso da troppo tempo!

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