Come molte parole sia italiane che straniere in questa epoca il suo impiego è crescente e a tratti anche eccessivo. Ecco perché conviene come sempre approfondire il significato per capire l’uso che se ne fa e la polemiche che possono crearsi attorno.
Parliamo naturalmente di òbbligo, sostantivo che deriva dal verbo obbligare. Un termine odiato, aborrito da alcuni, da altri brandito come fosse un’arma. In mezzo l’uso ragionato del valore specifico che esso deve avere nel concerto di una società organizzata dove i comportamenti di tutti devono armonizzarsi tra loro, nel rispetto della regola madre che il diritto di uno trova il suo limite nel diritto dell’altro.
Per obbligo, secondo il dizionario, si intende il vincolo giuridico o morale, imposto nel primo caso da una legge, da un’autorità, da un patto, nel secondo dalla coscienza, da ragioni di gratitudine o convenienza, o da altre esigenze e circostanze: Così come dicevamo esistono quelli della persona, quelli del cittadino, quelli del credente in una certa religione. Oppure esistono quelli dei genitori verso i figli, quelli dei figli verso i genitori. Più in generale vi sono quelli nei confronti della società, dello stato in cui si vive. Quelli che derivano dal proprio grado, dalla propria funzione. O ancora quelli che derivano dall’unione di due persone nel matrimonio (territorio invero ormai assai minato in proposito). Abbiamo poi ad esempio, quello scolastico, ovvero quello di istruirsi, formarsi attraverso studio e conoscenza, che se è tale per legge lo è o lo dovrebbe essere ancor più dal punto di vista personale ed etico. Vi è poi quello che si configura come misura di prevenzione (pensiamo al soggiorno obbligato come misura accessoria o sostitutiva di quella detentiva, nel caso giudiziario. Una volta, ma i molti stati è ancora così, esisteva quello della leva militare. Poi esiste l’ampio e cicostanziato quadro degli obblighi contrattuali di dare qualcosa, un pagamento ad esempio,, una prestazione. Poi vi sono quelli di riferimento etico ovvero obbligi d’onore, di coscienza, di riconoscenza, di gratitudine. Baturalmente per l’amio spettro del suo significato il termine può essere associato ad aggettivi come grave, stretto, rigoroso, assoluto, inderogabile, preciso. Può anche essere una sorta di sinionimo di dovere, ho compiuto, ho adempiuto al mio obbligo, ciò che la legge o la coscienza m’impone. L’pbbligo può essere assunto, contratto, acquistato, come dicevamo adempiuto, portato a termine, soddisfatto, come anche al contrario venuto a mancare, essere venuto meno ad esso, in ritenersi obbligato a fare qualche cosa o a seguire un dato comportamento, anche per senso del dovere o come attestazione di riconoscenza. Nel linguaggio burocratico, può voler dire imporre come dovere civico o morale il compimento o l’astenersi dal compiere qualcosa. Infine vi è la locuzione che lo individua, come ad esempio “è fatto obbligo, è obbligatorio, di precetto oppure anche come risposta a cosa richiesta dalle convenienze, dalla tradizione, e perciò non spontanea.
Traendo una prima conclusione, l’obbligo in quanto tale ha una diversità di significati ed una rosa di possibili variazioni pressoché infinita e che si può dire accompagna la nostra vita sin dalla prima infanzia, quando qualcuno (i genitori o un maesto, ad esempio, ci dice non in modo colloquiale ma ultimativo: devi fare questo, non devi fare quest’altro, e così via.
Poi, crescendo, è tutto un susseguirsi, quasi un tripudio potremmo dire, di obblighi di fare, di non fare, di rispettare e via dicendo. La natura e la sola pronuncia della parola, segnano la nostra esistenza in modo indelebile. E questo perché ad un’eventuale mancanza di rispetto del detto obbligo possono seguire conseguenze personali o anche generali anche pesanti.
Qui ci avviciniamo al senso proprio del perché si deve rispettare un obbligo o meno. Siamo in un certo senso al cuore del problema perché all’obbligo si contrappone il diritto alla libertà di scelta personale o di gruppo. Diritto riconosciuto ma che può e deve essere temperato proprio dell’obbligo che deriva dalla consociazione degli esseri umani. Ad esempio passare con il semaforo rosso può essere un atto di libertà, più che altro di stupidità e di rischio, come invece fermarsi è rispetto per un obbligo, una prescrizione dunque dettata a vantaggio di tutti e che ha come conseguenza il non essere causa di incidenti o di altri rischi per gli altri che sopporterebbero l’azione in tale senso.
In questi ultimi due anni quasi compiuti che ci precedono abbiamo visto cosa voglia dire obbligare per emergenza i cittadini a doversi attenere a delle regole di comportamento, a non poter dispiegare i propri diritti che spesso si danno per acquisiti ed intoccabili a qualunque costo. La pandemia ha dimostrato che l’obbligo di prevenire sia tanto ovvio e scontato da non aver bisogno di spiegazioni anche se sgradevole sotto l’aspetto della libertà individuale. E’ durato a lungo ma subito si è cercato di trovare le strade per alleggerirlo e renderlo comunque sopportabile come i presidi di sicurezza (mascherine o disinfettanti ad esempio).
Oggi il nodo che ancora attanaglia l’interpretazione è certamente quello del vaccino. Una volta quando sostanzialmente eravamo meno liberi consapevolmente e più coerenti con l’essere cittadini (diritti ed obblighi per intendersi), tutto questo non aveva che poche controindicazioni. I vaccini ad esempio erano obbligatori e questa obbligatorietà ha avuto il risultato di far scomparire interi ceppi di malattie dalla nostra vita.
Oggi l’interrogativo all’origine anche di proteste e di atti di violenza che tuttavia qualificano chi li compie o chi dà risposte non all’altezza, è quello che non essendo il vaccino anti covid obbligatorio si può decidere liberamente di non farlo. In punta di diritto può essere oggetto di riflessione, ma la realtà di uno stato di emergenza sanitaria non consente atti di ribellione e soprattutto il discorso si sposta inevitabilmente sul rispetto reciproco tra cittadini. C’è di più, chi non vuole vaccinarsi, non vuole usare dispositivi di sicurezza, chi vuole insomma (come vorrebbero tutti) vivere come una volta (una mitica età dell’oro mai esistita in realtà), in questo caso si pone in modo sovversivo nei confronti di chi rispetta se stesso e gli altri. Il richiamo a dittature del passato, a congiure internazionali, a complotti di varia natura ed estensione, non esercita la propria libertà rispettabile, ma offende chi anche per lui si è sottoposto non sempre con felicità e con timori anche molto forti allla procedura vaccinale. Così come è sempre stata infelice e da non usare l’espressione “immunità di gregge” (per rispetto delle greggi in primo luogo e poi per una questione di rispetto del diritto umano) così è fuori luogo e stupida ogni obiezione ideologica contro il vaccino, ogni immagine di big pharma che ci trattano come topolini di laboratorio: Quello che occorre capire che se non si è d’accordo si deve argomentare in modo intelligente, credibile, verificato e non per opera di cialtroni e propalatori di fake news.
Pensare di essere nel giusto andando contromano in autostrada e dare dei beoti o peggio a quelli che seguono la direzione giusta, è quanto meno superficiale e poco intelligente!